E’ nato “baby farmaco”, concepito per essere usato come medicina per i fratelli

Di Benedetta Frigerio
13 Febbraio 2011
L'hanno battezzato "Baby farmaco", perché è stato voluto e portato alla luce soltanto per curare i suoi fratellini maggiori affetti da beta talassemia, una patologia che si può combattere attraverso il trapianto di midollo osseo sano e compatibile. Intervista a Bruno Dallapiccola, professore di Genetica medica presso l'Università “La Sapienza” di Roma

L’hanno battezzato “Baby farmaco”, perché è stato voluto e portato alla luce soltanto per curare i suoi fratellini maggiori affetti da beta talassemia, una patologia che si può combattere attraverso il trapianto di midollo osseo sano e compatibile.

E’ nato il 26 gennaio scorso, ma solo l’8 febbraio se ne è avuta notizia. Ma come è stato possibile generare un bambino senza il male dei genitori, se entrambi sono portatori sani della malattia? Sua madre e suo padre si sono sottoposti alla tecnica della inseminazione artificiale e hanno prodotto molti embrioni tra cui è stato selezionato quello “buono”.

Che logica può portare alla generazione di un figlio voluto solo per essere sfruttato come medicinale? Bruno Dallapiccola, professore di Genetica medica presso l’Università “La Sapienza” di Roma risponde che il problema non è nuovo. E’ una pratica già in atto, solo che prima si cercava di concepire naturalmente altri figli per curare quelli malati. Oggi, con la diagnosi preimpianto diventata pratica normale, li si seleziona anche. Il problema è diventato quindi duplice: se prima venivano alla luce non voluti di per sé, ma con già un impegno nei confronti di un altro familiare, ora si mietono pure delle vittime: se non sei compatibile con il fratello non nasci. Neanche se sei sano.

E gli altri fratelli (embrioni) che fine hanno fatto?
Con la diagnosi prenatale, fatta perché il midollo dell’embrione sia compatibile con quello del  fratello, c’è una doppia selezione. Prima devi essere sano, poi devi pure avere il midollo compatibile. Nel primo caso le probabilità di sanità sono tre su quattro, nel secondo la possibilità di compatibilità è appena una su quattro. Perciò i feti idonei sono solo di un quinto circa. Tutti gli altri bambini? Vengono gettati via.

Non ci sono altre cure per questo tipo di patologia?
Assolutamente sì. Le cure mediche di queste persone hanno subito una rivoluzione. Oggi diventano adulti con trasfusioni che rimuovano il ferro. Se trattati bene, questi pazienti vivono anche fino ai cinquant’anni. Se poi si pensa che solo vent’anni fa le attese erano appena di quindici anni e che attualmente ci sono tre sperimentazioni nel mondo molto positive e andate a buon fine, c’è tanto da sperare. Sono cure che hanno già funzionato sull’animale e che, con ogni probabilità, avranno successo anche per gli uomini. I risultati sono davvero incoraggianti. E’ su questo, pertanto, che andrebbe fatta ricerca. Ma purtroppo si preferisce passare per queste pratiche dolorose e mortifere, senza magari informare i genitori.

Cosa potrebbe capitare al piccolo se crescendo scoprisse di essere nato, non perché voluto in sé ma come uno strumento?
Come ci si sente quando si è trattati come oggetti funzionali ad altro?

In Italia è possibile che avvenga quanto successo in Francia?
Se dovessi rispondere alla domanda: “A che punto è la legge 40?”. Direi: “Ho visto appena mezz’ora fa una famiglia che ha prodotto nove embrioni in un centro pubblico di Roma per la fecondazione assistita. Ci vorrebbe la faccia tosta di dire che questa legge non ci piace e di rifarla, perché nella pratica è inesistente: ho prove quotidiane che viene sistematicamente disattesa. Non mi stupirei se accadesse già in Italia, quanto è avvenuto ora in Francia.

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