
Good Bye, Lenin!
È morto Miloslav Vlk, il cardinale dissidente «nemico giurato del sistema socialista»
«Miloslav Vlk è di indole perfida, si vede con i rappresentanti dell’intelligencija e li va a cercare, è un nemico giurato del sistema socialista»: è uno degli «apprezzamenti» che la polizia politica cecoslovacca (StB) in 30 anni di sorveglianza ha dedicato al cardinale emerito di Praga, scomparso il 18 marzo scorso. Queste informative sono state presentate qualche tempo fa dalla storica Stanislava Vodičková sul periodico dell’Istituto ceco per lo studio dei regimi totalitari.
La carriera di Miloslav Vlk in qualità di persona «sospetta» ed «ostile» al regime inizia già durante gli anni di studio al ginnasio cattolico di České Budějovice, quando si rifiuta, con altri due studenti, di iscriversi all’Unione della Gioventù socialista. Come se non bastasse, in occasione della visita del ministro della sanità Josef Plojhar, sacerdote collaborazionista, si fa avanti e chiede: «Com’è possibile che a consigliarci di proseguire gli studi alla facoltà teologica statale sia proprio Lei, che rappresenta un regime che ha liquidato tutti i seminari e limitato l’attività della Chiesa?». Così Miloslav finisce sin da giovane sulla lista nera. Nel 1952, prima dell’esame di maturità, respinge la proposta della StB che, sapendolo in contatto con sacerdoti «reazionari», vorrebbe farne un informatore.
Dopo una breve esperienza come operaio e dopo il servizio militare, Miloslav si iscrive all’Università di Praga per studiare storia, ma dato che la materia è fortemente politicizzata, passa all’archivistica. Nel 1958 la StB apre il primo vero e proprio fascicolo su di lui come «soggetto ostile» per le sue critiche alla politica antireligiosa del Partito. Se ne occuperanno a varie riprese i reparti II e X (controspionaggio e operazioni contro il nemico interno) che contribuiranno a comporre i fascicoli Brigáda, Ráček e Sekretář, finiti poi distrutti – come migliaia di altri – nel dicembre 1989.
La StB prosegue la sorveglianza anche dopo la sua nomina a direttore dell’Archivio regionale e civico di Budějovice: lo ritengono infatti «uno dei principali organizzatori dell’educazione religiosa fra i giovani, che cerca di formare nello spirito dell’ideologia vaticana (…) in previsione del sovvertimento dell’ordine costituito». I servizi vengono a sapere che attorno a Vlk si è costituito un gruppo di giovani credenti che si riuniscono negli appartamenti, leggono la Bibbia, studiano e discutono varie tematiche. Inoltre Miloslav ha dei contatti con religiosi all’estero – in Germania Est e in Polonia – da dove riceve testi «clandestini».
Nel 1964 lascia l’Archivio per proseguire gli studi nell’unica facoltà teologica aperta e controllata dal regime, dove molti studenti cercano delle guide spirituali fuori dalla facoltà: per Miloslav sarà fondamentale l’amicizia con padre Johannes Klante, un sacerdote tedesco-orientale che gli passa letteratura religiosa e gli fa conoscere la spiritualità focolarina.
Nel 1968, durante la Primavera di Praga, per il seminarista ormai trentenne arriva l’agognata consacrazione per mano del vescovo Hlouch di Budějovice, che lo vuole al suo fianco come segretario, e contemporaneamente segue quello che ufficialmente si presenta come «coro parrocchiale», ossia la comunità giovanile. Un giorno il segretario statale per gli affari religiosi Drozdek in visita dal vescovo si dimentica sulla poltrona l’agenda personale. Vlk, fedele al suggerimento evangelico di essere «astuti come serpenti», approfitta dell’occasione e ricopia il piano escogitato dai comunisti per diffondere in loco l’associazione pseudo-cattolica statale Pacem in terris…
Nel 1971 la StB riesce ad allontanarlo dalla diocesi e a relegarlo in parrocchie piccole e fuori mano, dove però crea e ravviva ugualmente la comunità, finché il 2 novembre 1972 gli viene revocato il permesso di officiare. L’impotenza delle autorità è ben espressa dal resoconto del segretario comunista: «Quando questo Vlk dice qualcosa, tutti si butterebbero nel pozzo per lui; quando parliamo noi, tutti se ne fregano!». Riavuto il permesso statale, don Miloslav viene trasferito in una parrocchia vicino a Příbram. Nel 1977, in concomitanza con il lancio dell’iniziativa informale Charta 77, nata per chiedere il rispetto dei diritti umani e civili ma condannata dal regime, la StB gli rimprovera di «invitare privatamente i fedeli ad ascoltare le radio straniere che diffondono il documento». Non passa un anno e gli viene revocato di nuovo il permesso statale, nonostante le firme raccolte fra i parrocchiani. Così è costretto a trasferirsi a Praga e trovarsi un lavoro, ma nessuno vuole assumere un «soggetto ostile».
Alla fine trova un impiego all’azienda di pulizie Uklid, e dal ’78 iniziano i suoi 8 anni da lavavetri per le vie della capitale. «Avevamo un piccolo ponteggio – ha raccontato alla tv: – sul tubo inferiore mi sedevo con coloro che venivano a confessarsi, ma quando mi accorgevo che sull’altro lato della strada c’era qualcuno che andava avanti e indietro, capivo che era uno della StB e interrompevo la confessione». Per un certo tempo trasferisce il «confessionale» direttamente in tribunale: «Beh, era un edificio pubblico, no? Era anche ben sorvegliato!… C’era una panchina nella penombra del corridoio, e lì ho trasferito il mio “confessionale”. Laggiù stavano seduti quelli che attendevano le udienze, e qui ci sedevamo per le confessioni».
Se per i biografi questi anni sono un’occasione per raccontare aneddoti, per Vlk è un periodo che non ha nulla di pittoresco: «Per me sacerdote, andare per le vie di Praga con il secchio e lo straccio, come un perfetto sconosciuto, è stato molto duro. All’inizio mi sono ribellato, ho chiesto a Dio: perché tutto questo? Poi di fronte al crocefisso ho capito che Cristo fu sommo sacerdote proprio quando fu inchiodato alla croce. Così ho capito che in quel modo potevo avvicinarmi anch’io alla croce, e che proprio allora ero un sacerdote». In questa situazione lo accompagnano soprattutto i suoi amici focolarini, certi che alla fine del tunnel oscuro della prova ci sarebbe stata di nuovo la luce. Intanto come sacerdote «clandestino» visita le famiglie, segue i giovani, scrive e diffonde samizdat.
La StB lo considera uno dei religiosi più «pericolosi»: «Il dottor Vlk ha molta esperienza e capacità, ha un atteggiamento decisamente negativo verso il nostro ordine sociale». Viene costantemente sorvegliato, subisce perquisizioni domiciliari ma, secondo la sua indole da «lupo» (Vlk, in ceco), non si perde d’animo: «…Mi accorgo che seguono proprio me, allora scendo dall’auto e vado a passeggiare nel parco, per scrollarmeli di dosso. Mi stanno ancora dietro, ma ad un certo punto il sentiero finisce davanti alla mura di cinta. Mi volto, e gli dico: “Signori, qui non si può proprio proseguire, dobbiamo tornare indietro”. Mi siedo su una panchina e aspetto. Girano i tacchi, ma stavolta è il mio turno di seguire loro».
Nell’86, per motivi di salute, lascia il lavoro di lavavetri e si impiega come archivista presso la Banca nazionale. Nel gennaio ’89 gli viene restituito il permesso di officiare con una sorta di «condizionale» di un anno. Ma i tempi stanno lentamente cambiando, con alti e bassi del regime. A novembre la Rivoluzione di velluto, e il 14 febbraio 1990 il «lupo» della Chiesa boema viene nominato vescovo di Budějovice, per poi raccogliere l’eredità di Tomášek a Praga.
«Una volta – ha raccontato in un’intervista – un bambino mi ha chiesto: ma cos’è quel cappellino rosso che porti in testa? Gli ho risposto: io mi chiamo come il Lupo delle fiabe, e questo è ciò che resta di Cappuccetto rosso!…».
Foto Ansa/Ap
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