
E con Calciopoli la vittima Moratti tirò fuori la balla degli “onesti”
Maggio 2006: è sul rush finale del campionato che scoppia lo “tsunami” di Calciopoli. Un’inchiesta giornalistica con capofila “La Gazzettadello Sport”, lievitata poi per settimane fa scattare l’indagine della Federcalcio e deflagra fino a decidere le sorti di “onnipotenti” dirigenti di club (la Triade juventina, su tutti) e a destabilizzare e quindi ribaltare l’ordine di arrivo del campionato. Squalifiche, deferimenti e minacce di radiazioni si sprecano, suscitando grande clamore mediatico, proprio all’inizio dell’avventura azzurra ai mondiali di Germania.
Il selezionatore Marcello Lippi, ex allenatore (di ritorno) della Juve, viene messo prepotentemente in discussione: c’è chi non lo vorrebbe vederlo partire con la squadra. Tanto che, punto sul vivo, indice discutibili conferenze stampa, in compagnia di Fabio Cannavaro, capitano degli azzurri e punto fermo della difesa sia in Nazionale, che nella Juventus, per difendersi e dichiararsi estraneo da episodi di corruzione sportiva.
Il caos è totale: quotidianamente su giornali e in televisione spuntano sbobinature di intercettazioni telefoniche compromettenti, per diversi dirigenti di squadre di serie A. E se, in questo marasma, la spedizione italiana si ricompatta e con una certa dose di fortuna conquista il quarto titolo mondiale, ai rigori, contro la Francia di Zidane, il mondo dei club della massima serie, ne esce completamente terremotato. Nella confusione e nella fretta di risolvere entro l’estate il processo sportivo, con decisioni molto contestate dalla piazza dei tifosi, gli organi della Federcalcio decidono di assegnare lo scudetto del campionato 2005/06 all’Inter, non prima di aver retrocesso la vincitrice di quella stagione, la Juve, per la prima volta in serie B e aver penalizzato il Milan, arrivato secondo, affibbiandogli anche una partenza sottozero, nel campionato successivo, in compagnia della Lazio. Anche se alla squadra di Berlusconi viene evitata l’onta della terza seria B della sua storia, la sentenza costringe i rossoneri a giocarsi i preliminari di Champions e a realizzare, nell’indecisione della penalizzazione, una problematica campagna acquisti, che, senza lo scoppio della scandalo, aveva già in previsione l’acquisto di Ibrahimovich, in rotta con la Juve.
E così, Moratti, uscito “immacolato” dal terremoto Calciopoli, anzi, considerandosi la vittima sacrificale di anni di angherie e truffe dei dirigenti juventini in combutta con gli arbitri, si insinua nella trattativa del Milan, per l’attaccante balcanico-svedese e, con la scusa di aiutare la nuova dirigenza juventina ad affrontare le improvvise difficoltà economiche, gli fa il piacere di acquistare il bomber per 26 milioni di euro, mentre lo stesso Ibra, non sapendo in che modo sarebbe stato penalizzato il Milan aveva raffreddato la pista rossonera. Fu così che il lungagnone che si era preparato il discorso di come già da bambino, nella sua cameretta, avesse appeso il poster del Milan, dovette precipitarsi a staccarlo dalle pareti per affiggervi quello dell’Inter, con “i suoi eroi nerazzurri”.
Dalle macerie di Calciopoli, dunque, l’Inter di Moratti emerge in tutto il suo splendore di “squadra degli onesti” e si fregerà del famoso “scudetto di cartone” 2005/06. Il capitolo dello “scudetto di cartone”, ritenuto da Moratti “risarcitorio” per gli anni nei quali l’Inter non ha vinto nulla, è emblematico dei meccanismi mentali del presidente interista. Al netto dei recenti sviluppi investigativi, dove risulta che anche l’Inter intesseva rapporti con la classe arbitrale, per lo meno sconvenienti, giustificati forse a ragione da un sentimento di legittima difesa; al netto di tutte le perplessità su come sono state condotte le indagini nel frettoloso processo sportivo dell’estate 2006, dove non tutte le telefonate compromettenti sono state valutate, dovrebbe essere pacifico che per chiudere definitivamente l’era di sospetti e recriminazioni che ancora aleggiano e determinano i rapporti tra le società coinvolte, una sola cosa avrebbe dovuto fare Moratti: rinunciare a fregiarsi di un titolo vinto a quel modo, “in segreteria”, come direbbe Mourinho.
Se Moratti, già nel 2006, uscito indenne dallo scandalo, avesse compiuto l’atto nobile di lasciar perdere uno scudetto non vinto sul campo, avrebbe raggiunto il risultato di far scendere definitivamente il sipario su un brutto capitolo della storia del calcio italiano. Purtroppo si è vantato più volte di tale trofeo, inneggiando alla “diversità interista”. Moratti, invece, dovrebbe rendersi conto che se l’Inter non vinceva non era per i rapporti “particolari” di Moggi con la classe arbitrale, ma più semplicemente per la miriade di decisioni scellerate e demenziali, che si sono protratte negli anni e che fino a qui abbiamo voluto illustrare, senza tirare in ballo ipotetici “onesti truffati”, quando tutte le squadre, per difendere i propri interessi, bazzicavano i quartieri alti della casta arbitrale. Moratti, inoltre, nel suo delirio, non ha mai ammesso che i successi del post-Calciopoli, sono dovuti in gran parte dalla deflagrazione degli equilibri tra le varie squadre di vertice.
Accade, quindi, che nella stagione 2006/07, l’Inter vince il campionato “in carrozza” con un Ibra in più ed un’ennesima campagna acquisti faraonica: arrivano i terzini di fascia Maicon e Maxwell, brasiliani entrambi; ancora dalla Juve, precipitata in B, Patrick Vieira e dal Chelsea, un cavallo di ritorno: Hernan Crespo. I nerazzurri vincono la Supercoppa italiana contro la Roma, dopo un’esaltante rimonta. In Champions si fermano agli ottavi, dopo una deplorevole rissa finale sul campo del Valencia. Lasciano in mano alla Roma la Coppa Italia, dopo un’altra serata “fumantina” del mister Mancini. Pur raggiungendo alcuni successi, però, l’Inter dà sempre l’impressione di essere una grande incompiuta. E qualcosa dice che Moratti sta, per l’ennesima volta, pensando a un cambiamento in panca. Ma questo ve lo racconteremo nella prossima puntata.
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