
Durante la pandemia in America si muore di overdose e disperazione

Matthew Davidson stava vincendo la sua dipendenza da eroina. A 31 anni si era rimesso in carreggiata, partecipava a gruppi di recupero, aveva un buon lavoro in un ristorante, e soprattutto, era diventato zio di un nipote amatissimo. Poi è arrivato Covid. E Matthew ha perso il lavoro, le riunioni del gruppo di supporto, la possibilità di vedere colleghi, amici, nipote. Chiuso in casa, da solo, depresso, nel suo appartamento a Georgetown, Kentucky, Matthew ha ripreso a farsi. Ed è lì, racconta l’Associated Press, che la sera del 25 maggio la sua ragazza l’ha trovato morto per overdose.
Matthew fa parte della spaventosa ondata di morti a strascico della pandemia, uccisi da droghe usate come panacea nei mesi di isolamento, di incertezza economica e paura. A maggio il Kentucky registrava il numero di decessi più alto degli ultimi cinque anni. Alla fine di agosto il numero di morti per overdose aveva raggiunto quello di tutte le vittime del 2019 (+30 per cento dei decessi rispetto all’agosto dell’anno prima). Non solo, i risultati di un’inchiesta promossa dal Wall Street Journal, i dati raccolti dall’Overdose Detection Mapping Application Program (Odmap) dell’Università di Baltimora, un sondaggio del CDC (Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie), il principale istituto di salute pubblica degli Usa, e dati forniti dall’Ama, American Medical Association (Tempi aveva raccolto tutte le indagini qui) prevedono che alla fine del 2020 verrà registrato il maggior numero di morti per overdose nella storia degli Stati Uniti e con la maggiore recrudescenza nel consumo di oppioidi. Colpa del coronavirus, che ha lasciato gli americani soli, isolati, terrorizzati, interrotto i programmi di terapia e recupero agevolando le forniture illegali di sostanze stupefacenti. Secondo un nuovo studio, pubblicato l’8 ottobre, nei soli primi mesi dell’emergenza (dal 15 marzo al 16 maggio) il tasso di positività al fentanyl assunto senza prescrizione medica è aumentato del 35 per cento, quello all’eroina del 44 per cento. Quasi sempre il fentanyl risulta assunto in combinazione con altre sostanze, anfetamine, benzodiazepine o cocaina.
ANTIDOLORIFICI, IL NUOVO VIETNAM
Sono oltre 750.000 le persone morte per overdose di droga negli Stati Uniti fra il 1999 e il 2018, quasi 450.000 i decessi legati all’abuso di oppioidi assunti con ricetta medica o meno, 71 mila i decessi (ricavati ancora da dati parziali) per abuso di sostanze stupefacenti nel solo anno 2019. E da aprile 2019 a marzo 2020 sono stati quasi 74 mila, seimila in più rispetto ai 68 mila contati nello stesso periodo dell’anno precedente. L’overdose di prodotti riconducibili all’oppio è diventata la prima causa di morte negli Stati Uniti tra chi ha meno di cinquant’anni: un’epidemia che sta uccidendo più persone della guerra in Vietnam dovuta soprattutto al sovradosaggio e utilizzo non terapeutico di farmaci legali prescritti dai medici, acquistabili in farmacia, su internet o nel prolifico mercato nero delle sostanze chimiche sintetiche legali in grado di produrre effetti farmacologici simili alla morfina e all’eroina come il fentanyl, il Vicodin o l’ossicodone. Per capirci, il fentanyl è circa cento volte più potente della morfina e cinquanta volte più potente dell’eroina. Secondo gli studi di Mark Tyndall, docente di medicina dell’Università della British Columbia la pandemia ha ostacolato l’importazione di quest’ultima fino a rendere il fentanyl (spesso combinato a metanfetamina) il killer numero uno.
L’EPIDEMIA NELLA PANDEMIA
I dati disponibili suggeriscono un’accelerazione dall’arrivo di Covid. In quasi tutti gli stati esaminati dall’AP, i conteggi delle morti per overdose hanno raggiunto il numero più alto in aprile o maggio per diminuire leggermente in seguito; gli esperti prevedono tuttavia un aumento dei decessi con il riacuirsi dell’emergenza sanitaria e con questa dell’emergenza economica, e del carico di stress, solitudine, depressione degli americani. L’allontanamento sociale ha isolato i pazienti vulnerabili, lasciandoli a fare un uso improprio delle prescrizioni o solo di sostanze illecite. La dottoressa Nora Volkow, direttrice del National Institute on Drug Abuse (NIDA), conferma che l’isolamento sta spingendo le persone a iniziare ad assumere droga o ricadere nella dipendenza. A peggiorare le cose, molti centri di terapia e supporto sono stati costretti a chiudere o ridimensionarsi in modo significativo interrompendo l’accesso a servizi vitali per moltissimi americani. Secondo un rapporto del Well Being Trust, «nel contesto del Covid-19, le morti per disperazione dovrebbero essere considerate l’epidemia all’interno della pandemia».
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