Due o tre proposte per reinnamorarsi di una pallida e fiacca Coppa Italia

Di Emmanuele Michela
12 Dicembre 2012
Scarso appeal e stadi vuoti per la nostra coppa di lega. Ma quanto costa e quanto rende ai club italiani? Cifre ed esempi di un trofeo da riscoprire. E modelli (inglesi e francesi) da imitare.

Il confronto è impietoso, avvallato da due culture calcistiche distanti anni luce. Ieri sera, per la sfida di Coppa Italia tra Roma e Atalanta, l’Olimpico regalava fotografie nostalgiche, con ampi spazi vuoti: 10mila i tifosi sugli spalti. Meno della metà di quelli presenti nelle stesse ore al Valley Parade di Bradford, Inghilterra: qui il club locale, arzilla compagine di League Two (quarta serie britannica), eliminava ai rigori niente meno che l’Arsenal dalla Capital One Cup, dopo un match sudato e combattuto, alla presenza di 23mila spettatori sugli spalti. Differenze evidenti, con cui ogni anno a fatica cerchiamo di fare i conti in occasione dei primi, e troppo spesso tristi, turni di Coppa Italia.

INTERESSE BASSO. Partite fredde, scarse di appeal e tifosi. La Tim Cup forse ha passato periodi peggiori in quanto a interesse delle grandi squadre, quando anni fa era per gli allenatori il terreno dove poter fare esperimenti tattici e schierare seconde linee. Negli ultimi 2-3 anni le cose un po’ sono cambiate, ma certo la Coppa rimane una cosa in più rispetto a più importanti corse in campionato e in Europa. E tutto sommato alla Roma va dato merito ieri di aver giocato con impegno e lena la sua prima partita in questa competizione, schierando in campo diversi titolari: c’erano Osvaldo, Destro, De Rossi, Pjanic, Balzaretti… Mancava Totti, è vero, ma Zeman aveva detto chiaro e tondo di non intendere snobbare la Coppa, a differenza invece di quanto ammesso da altri, come ad esempio Gasperini, tecnico del Palermo. Due settimane fa, dopo la sconfitta dei suoi per mano del Verona, l’allenatore rosanero faceva il realista, dando priorità alla corsa salvezza: «L’eliminazione non è una catastrofe, gli ottavi contro l’Inter sarebbero stati a dicembre e per noi sarebbe stata dura».

SPESE E GUADAGNI. Ma quanto rende e quanto costa per i club partecipare a questa competizione? Un’analisi delle cifre aiuta a comprendere meglio il comportamento delle nostre squadre. Innanzitutto, i premi: le cifre sono decisamente ridotte, se si pensa che al Napoli, lo scorso anno vincitore sulla Juventus, è arrivato 1 milione e 600mila euro, grosso modo 4 mesi di stipendio di Cavani. 1 milione invece è stato dato ai secondi classificati bianconeri, pari a due terzi dell’ingaggio annuale di Bendtner. Una cifra davvero scarna a confronto dei bonus di altri tornei internazionali: non c’è storia nel fare paragoni con la Champions, dove il solo accesso ai gironi porta in tasca 3,9 milioni di bonus, e dove al Chelsea, vincitore lo scorso maggio, tra sponsor e premi sono arrivati in casa quasi 60 milioni. Le cifre della Coppa Italia per quest’anno sono in crescita, rivela Tuttosport, ma di poco. Si arrotondano di molto con gli incassi ai botteghini, spartiti al 50% tra le due squadre per le gare a partita unica, ma sono comunque premi poco consistenti, specie alla luce delle spese che comunque la coppa comporta.

«FORTUNATI AD ANDARE A FIRENZE». «Siamo stati fortunati a passare il terzo turno e incrociare la Fiorentina». A parlare è Clemente Filippi, dg della Juve Stabia, eliminata dalla Coppa Italia due settimane fa dai viola. «Per noi è stata una grandissima soddisfazione giocare in uno stadio come il Franchi, oltre ad essere stato l’apice della nostra storia sportiva. Però una trasferta simile ha dei costi». Club piccolo ma brillante in Serie B, vivace e riuscita espressione del calcio appassionato di provincia con una dirigenza tutta cittadina, i 10mila euro sborsati per affrontare quel viaggio sono una cifra sensibile nel conto spese delle Vespe: «Ci tenevamo però a non sfigurare e preparare la trasferta con un po’ di agio, andando in treno e dormendo in albergo. Ci è andata bene che c’erano 7mila tifosi allo stadio, di cui 3mila da Castellamare di Stabia: così siamo riusciti a ripagare quasi tutto il badget stanziato per il viaggio». Normali costi di gestione di una squadra, che però si aggiungono a quelli più frequenti sborsati per le gare di campionato, e tante volte poco proficui: chissà quanto avranno tirato su Torino e Siena dal match di Tim Cup giocato due settimane fa, quando sugli spalti c’erano 1000 tifosi, o ancora meglio Bologna e Livorno, per le quali al Dall’Ara sono stati staccati 770 biglietti per la partita del terzo turno.

ESEMPI STRANIERI. Difficile è costringere le squadre a vivere con impegno e passione un trofeo che rileva scarso interesse, però per lo meno qualche accorgimento per aumentare l’appeal della nostra Coppa nazionale si potrebbe adottare. Guardando prima di tutto all’estero, dove alcuni esempi virtuosi esistono, Inghilterra e Francia in primis. Perché l’Italia rappresenta un’anomalia in campo europeo: la nostra coppa nazionale è organizzata dalla Lega Serie A, stesso ente che organizza il campionato, mentre all’estero la gestione dei trofei è in mano alle federazioni, che coinvolgono un maggior numero di squadre. Alla Coppa Italia partecipano club di A e B, più qualcuno di C, per un totale di 78 iscritti: un decimo rispetto alle partecipanti alla FA Cup, che però insegue da lontano la Coupe de France, torneo che coinvolge più di 7mila squadre, dai campionati distrettuali alla Ligue 1 di Ibra e Lavezzi. Qui i club entrano in gioco scaglionati nei vari turni, non esistono teste di serie e, come in Inghilterra, i match a gara unica vedono la squadra più forte andare in trasferta sul campo di quella più piccola. Così gli incassi sono decisamente più alti perché se il 5 gennaio prossimo il Psg sarà in scena contro l’Arras (quinta serie francese) è verosimile che il piccolo stadio locale (o quello di Lille, dove probabilmente la partita sarà ospitata) sarà pieno zeppo per un evento sportivo simile, molto di più qualora il match si disputi al Parco dei Principi. E in tanti danno l’anima per avanzare il più possibile, agevolati spesso da tabelloni favorevoli: stupisce, ad esempio, il piccolo Quevilly, squadra della terza serie, che nel 2010 perse solo in semifinale contro il Psg, e nel 2012 addirittura approdò in finale, dove venne sconfitta dal Lione.

UNA DOMANDA ALLA UEFA. Infine, una domanda anche per Platini, così attento a riformare tornei e coppe nel tentativo di valorizzarli. L’Italia è uno dei Paesi in cui il trofeo di lega è più bistrattato, ma non è l’unico nel panorama europeo. Perché non offrire un posto in Champions League a chi vince la coppa Nazionale? Si introdurrebbe una seconda strada per accedere all’Europa che conta, che invoglierebbe nettamente club magari penalizzati da un inizio di campionato mediocre. E allora vedrete che grandi e piccole si daranno da fare per un posto in finale di coppa di lega.

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@LeleMichela

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