
«Dove c’è anche un solo cristiano perseguitato, noi siamo con lui»
Rimini. «La libertà religiosa è la libertà delle libertà ed è un tema che noi cristiani non possiamo più trascurare. E non c’è solo la Nigeria, nel 2011 sono stati uccisi 26 missionari, 4 religiose, 4 laici, più di 15 sacerdoti e tutti pensano che questo problema esista solo in Africa oppure in Pakistan, e invece la maggior parte sono stati uccisi in Sudamerica per il problema del narcotraffico». Massimo Ilardo, direttore di Aiuto alla Chiesa che soffre Italia, che ieri al Meeting di Rimini ha partecipato alla presentazione dell’incontro “Storie dal mondo. Out of Teheran”, spiega a tempi.it perché quello della libertà religiosa non è un problema così lontano come lo percepisce l’Occidente.
Eppure a volte sembra proprio così.
Sì, perché rimane un tema rarefatto. Se io domando a qualcuno in Occidente se percepisce il vero problema della libertà religiosa, la risposta è sempre la stessa. Ma questo problema tocca il nostro essere cristiani, il posto che noi abbiamo nella Chiesa. Qui quanto costa essere cristiani? Se tiro fuori un rosario vengo preso in giro, prima eravamo al ristorante e ci siamo sentiti in imbarazzo a fare il segno della croce, eppure siamo al Meeting.
In che modo aiutate i cristiani perseguitati?
Noi siamo promotori di sostegno nei luoghi che io chiamo del fronte, aiutiamo le chiese perseguitate. In Siria abbiamo dato 80 mila euro e credo che serviranno per mantenere 500 famiglie. La situazione nel paese è critica, nei prossimi giorni può accadere l’imponderabile. Noi siamo di sostegno, non lasciamo i perseguitati soli, dove c’è anche un solo perseguitato a causa della fede noi siamo con lui. Ecco la bellezza della nostra opera. E proprio per questo lavoro che svolgiamo sappiamo bene molte informazioni e notizie, e possiamo essere alla ribalta sulla libertà religiosa dal punto di vista dell’autenticità dell’informazione. Da qui è nata l’idea del rapporto sulla libertà religiosa: questo prodotto, di estrema importanza mondiale, è rivolto agli addetti ai lavori ma anche all’uomo comune. La sfida è rendere l’argomento meno di nicchia e più alla portata di tutti.
Perché è così importante la libertà religiosa rispetto alle altre libertà?
Perché è la libertà delle libertà: Giovanni Paolo II diceva che per sapere se un popolo, un paese, un governo è libero basta vedere se la libertà religiosa è rispettata. Se non è rispettata le altre non possono neanche lontanamente essere ipotizzate. Ecco quanto conta.
Se l’Europa non è toccata dal problema, è perché non lo soffre in prima persona?
Questo problema c’è anche in Europa, anche se non sembra. Le persecuzioni non sono solo cruente, ma anche subdole e meschine. Pensiamo alla questione dei crocifissi, allo svuotamento del significato della libertà religiosa da parte dei laicisti. Poi è chiaro che la persecuzione cruenta fa più notizia, ma ogni singolo caso ha molti strascichi.
Si riferisce al caso della bambina down di 11 anni accusata di blasfemia in Pakistan?
Là i cristiani rischiano la vita. Io so già che a Islamabad ci sono circa 300 famiglie che vivono nel terrore, perché rischiano conseguenze in virtù di quello che è accaduto. Aiuto alla Chiesa che soffre dà sempre notizia di questi fatti perché l’informazione corretta conta moltissimo, oggi i mass media creano cultura e noi possiamo fare qualcosa. Per Asia Bibi, la cui unica colpa è di aver bevuto nello stesso bicchiere di una musulmana, abbiamo fatto una campagna, una raccolta firme. Ma su questa storia non voglio dire di più, perché a volte dobbiamo tenere un riserbo, non dobbiamo fare troppo rumore perché le minoranze poi ne risentono.
A ottobre esce il nuovo Rapporto sulla libertà religiosa. Ci può anticipare qualcosa?
È l’11ma edizione di un rapporto che è unico al mondo nel suo genere. Quest’anno la scheda di tutti i paesi sarà riassunta sul sito, perché tutti possano leggere e informarsi sul paese che interessa. Ci sarà anche la possibilità di leggere la scheda integrale. In più, quest’anno un team di professionisti aggiorneranno le schede mano a mano che le persecuzioni accadono, perché, purtroppo, ce n’è una al giorno.
A chi è rivolto il rapporto?
A tutti: diocesi, i vescovi, organizzazioni, giornalisti, scuole.
E per quanto riguarda la situazione della libertà religiosa? È migliorata?
Questa domanda la fanno sempre ma non si può misurare. Se nel Sudan è accaduto qualcosa in meno, c’è qualcosa di più in Nigeria, se ci sono state meno persecuzioni in Sierra Leone, in Egitto si sono verificati più casi. Forse quest’anno con la Primavera araba la situazione è più rilevante, ma non si può misurare, perché spesso la brace sta sotto quello che si vede.
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