Buon appetito, Iene

Di Caterina Giojelli
08 Novembre 2022
Gogna, vergogna, audience. Volevano l’ultima parola sul suicidio del giovane Daniele, dando in pasto alle telecamere l’uomo che lo aveva raggirato. Si è ucciso anche lui. Giustizialismo è fatto
Un fermo immagine della puntata de Le Iene dedicata al suicidio di Daniele
Un fermo immagine della puntata de Le Iene dedicata al suicidio di Daniele (foto Ansa)

«Si rende conto che c’è un ragazzo di 24 anni che si è tolto la vita? Se ne rede conto o no? Perché dopo la morte di Daniele ha continuato usando lo stesso giochino con altri uomini fingendosi Irene? Qual era lo scopo? Fare disperare anche loro? Farli impazzire d’amore? Ci può semplicemente dire se è andato dai genitori di Daniele? Anche solo per chiedere scusa o beccarsi uno schiaffo dalla mamma? Queste persone hanno trovato il proprio figlio attaccato a una corda. Perché insistere così? Ma lei si sente a posto? “Sì e no”? “Sì e no” perché tutto sommato tra un pochino è l’ora di cena, giusto? Va bene. Buon appetito allora».

Avevano titolato la puntata “Da un amore virtuale a una morte reale”. Pensavano di avere avuto l’ultima parola loro, Le Iene, col sarcastico «buon appetito» all’orco che scappava: lo avevano identificato, dato in pasto alle telecamere, lo avevano inseguito per il minuscolo comune di Forlimpopoli (Forlì-Cesena) mentre spingeva l’anziana madre su una sedie a rotelle fuori di sé dalla rabbia, lo avevano incalzato col microfono alzato, il volto appena pixellato, testa pelata e tatuaggi bene in vista, chiedendogli conto della morte di un ragazzo, chiedendo a gran voce perché aveva raggirato un giovane che per colpa sua si era impiccato. Avevano fatto il loro lavoro di giustizieri del tubo catodico, riparato i torti in mondovisione secondo l’ormai noto vangelo della Iena assurto a format: gogna, vergogna, audience.

Il vangelo delle Iene: gogna, vergogna, audience

Poi la realtà ha fatto irruzione anche in quel copione: dell’orco non rimane che un cadavere trovato dalla mamma ottantenne in carrozzina. I giornali parlano di mix di farmaci, li avrebbe ingeriti la notte all’alba del 6 novembre, pochi giorni dopo la puntata delle Iene – «In onda era andato il volto oscurato dell’uomo, ma in molti, nella piccola realtà di 13 mila abitanti, lo avrebbero comunque riconosciuto» (Corriere), «A Forlimpopoli tantissimi avevano individuato l’identità dell’uomo» (Resto del Carlino), «È apparso pure un manifesto contro di lui» (l’avvocato a Repubblica) – e quel sarcastico “buon appetito”.

Buon appetito alle Iene, dunque, sciacalli della televisione. Autonominati padrieterni del giudizio universale, un passo avanti ai giudici e giurie. I fatti sono noti: Daniele si è impiccato nel settembre 2021, a soli 24 anni, dopo tredici mesi e ottomila messaggi d’amore scambiati con Irene Martini. Una ragazza bellissima conosciuta sui social e di cui si era innamorato, di cui non aveva parlato a nessuno ma con la quale era arrivato a parlare (o meglio, scrivere) di matrimonio, figli. Una ragazza che non esisteva perché Irene altro non era che Roberto, un uomo di 64 anni che viveva con la madre invalida a Forlimpopoli. Non esisteva nemmeno Braim, il fratello di Irene, e nemmeno Claudia, amica del cuore: anche queste erano identità e account creati dal “burattinaio” 64enne perché il suo castello di carte non crollasse.

Il raggiro e il suicidio di Daniele

La prima ventata era arrivata quando Daniele si era accorto che le foto di Irene erano uguali a quelle del profilo Instagram di una modella romana: «Chi sei realmente? Perché non mi hai mai mandato un audio?». A queste domande “Irene” aveva risposto arrabbiandosi e minacciando la rottura, Daniele chiedendo perdono e implorandola di non “andarsene”. Paventando disperato più volte il suicidio, sfogandosi con “Claudia” che lo spronava a non desistere.

Il castello è crollato solo dopo la morte del ragazzo: grazie a un nipote scafato sui social il papà di Daniele è riuscito a risalire all’identità di Irene e far partire le indagini che hanno portato a un decreto penale di condanna di Roberto per sostituzione di persona convertita in sanzione pecuniaria pari a 825 euro. Richiesta invece dalla procura l’archiviazione per truffa e di morte in conseguenza di altro reato. A differenza di casi analoghi (identità fasulle create per adescare e chiedere soldi alle vittime) nella storia di Irene e Daniele non c’è stata estorsione di alcuna somma di denaro. “Solo” bugie, per un anno intero, ogni santo giorno: secondo i periti i due dormivano pochissimo e chattavano per il 70 per cento della loro giornata, 17 ore al giorno.

La caccia all’uomo con le telecamere

Le Iene mandano in onda tutto: mostrano le chat, le promesse di amore eterno del ragazzo e le richieste di foto spinte da parte di “Irene”, le parole disperate di lui («mi hai devastato emotivamente e psicologicamente»), quelle spregiudicate di lei. Hanno mostrato la corda con cui Daniele si è impiccato.

Hanno interrogato gli esperti sviscerando il perverso giogo manipolatorio tessuto da Roberto intorno a un giovane fragile, ingenuo e sprovveduto che non aveva mai avuto prima una ragazza e rapporti sessuali (sic), chiesto alla psicanalista Giuliana Barberi di commentare le risposte furenti del 64enne inseguito dalla Iena Matteo Viviani: «Era uno scherzo», «se aveva dei problemi di testa non è colpa mia», «i genitori vadano a rompere i coglioni da un’altra parte», urla l’uomo; «è passato come l’acqua sul sasso», «poteva fermare tutto», «se non fa ridere tutte e due non è uno scherzo perché l’altro non sta giocando, sta morendo», spiega la dottoressa.

Si suicida anche l’orco, caso “chiuso”

I genitori del 24enne si erano opposti alla richiesta della procura forlivese di archiviare il caso chiedendo una nuova udienza. Dopo il servizio delle Iene il papà di Daniele aveva scritto una lettera a Giorgia Meloni per chiedere se la vita di suo figlio valesse solo 825 euro e di rivedere le leggi per punire severamente chi commette questi reati: «Mio figlio è stato vittima di quello che oggi è chiamato “catfishing” […]. Non si utilizzano solo le armi, intese come oggetti, per uccidere; le parole, le illusioni, le sostituzioni di persona possono avere lo stesso potere di un’arma e provocare la morte. Ad oggi l’uomo responsabile di tutto questo si trova a piede libero, si sveglia ogni mattina e se ne va per le vie del suo Paese, come se nulla fosse accaduto».

Di lì a poco sarebbe venuto a sapere che l’uomo si era suicidato: «Ora il caso si è chiuso». Ma a chiudere il caso non è stato il giudice di un tribunale di Forlì a cui la procura aveva richiesto l’archiviazione.

Giustizialismo è fatto

«Brave Le Iene, giustizia è fatta», «la giustizia divina ha agito» «la cattiveria ti torna sempre indietro»: è questo il tenore dei commenti degli utenti che hanno seguito Le Iene ergersi a onnipotenti piallatori del legno storto dell’umanità e rimestare nelle storie di un ragazzo solo e fragile e in quella di un uomo disturbato che adescava giovani uomini (a proposito di commenti senza scrupoli: «La repressione genera mostri», ha scritto su Twitter Luxuria sostenendo che se l’uomo non avesse represso la propria transessualità non avremmo avuto un doppio suicidio, insomma ancora una volta è colpa della società transfobica). Rimestare tra disgraziati per fare giustizia? No, giustizialismo e sensazionalismo a mezzo telecamera: «Lei si sente a posto?».

Il caso per Le Iene vendicatrici si era già chiuso gettando l’orco disturbato in pasto al pubblico e buon appetito. Le conseguenze, nel mondo reale (dove si è consumata la doppia tragedia) e non virtuale (dove è avvenuto l’inganno) e nemmeno catodico (dove hanno condotto il loro personale e seguitissimo processo), alle Iene non importano. Importavano molto a Daniele, invece: «Io soffrivo molto ed è per questo che ho fatto quello che ho fatto. Sappi che ti guarderò crescere ogni giorno della tua vita. Non fare i miei stessi errori, io ho sbagliato tutto, non ho mai avuto un amico, non ho mai avuto una ragazza. Sono stato solo per tutta la vita», ha lasciato scritto al fratello più piccolo prima di ammazzarsi.

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