
Dopo Jack Ma, Bao Fan: la Cina dichiara guerra ai miliardari

Prima di ogni appuntamento politico sensibile in Cina, come la riunione del Congresso nazionale del popolo, il Parlamento fantoccio che si è riunito ieri per la sua sessione annuale, il regime comunista fa sparire per qualche giorno tutte le persone che potrebbero creare fastidi: avvocati, attivisti, leader religiosi.
Il regime fa sparire il re della finanza Bao Fan
Quest’anno la polizia ha fatto visita con qualche settimana d’anticipo anche al “re delle acquisizioni e delle fusioni” Bao Fan, presidente della China Renaissance Holdings, banca d’investimento privata specializzata nel settore tech.
Il miliardario è sparito intorno alla metà dello scorso mese e il 26 febbraio la sua banca ha fatto sapere che sta «cooperando con un’indagine delle autorità cinesi». Poco dopo la Commissione centrale per le ispezioni disciplinari, utilizzata da Xi Jinping per condurre le sue purghe “anti-corruzione”, pur senza riferirsi a Bao ha criticato pubblicamente «l’élite finanziaria», convinta che «contino soltanto i soldi».
Inoltre, ha spiegato che il Partito comunista deve «correggere le regole non scritte e le tendenze malsane nel mondo dell’industria, riformando profondamente le istituzioni finanziarie». Tradotto: miliardari, bancari e imprenditori devono abbassare la cresta.
Tutti i miliardari colpiti in Cina
Bao Fan non è il primo miliardario cinese a pagare le conseguenze della nuova dottrina di Xi Jinping, per cui nessuno è troppo importante da potersi permettere di non obbedire alle direttive del Partito comunista. Secondo Forbes, sono almeno una decina i pezzi grossi richiamati all’ordine con le buone e con le cattive da Pechino.
L’ultimo caso eclatante è quello di Jack Ma, che ha dovuto cedere il controllo di Ant Group, l’azienda fintech più grande del mondo da lui creata insieme al colosso dell’e-commerce Alibaba. Prima di lui era stato arrestato e detenuto Cong Lin, ex presidente di China Renaissance e a capo della filiale di Hong Kong.
Famoso anche il caso di Xiao Jianhua, miliardario sino-canadese e gigante della finanza cinese, sequestrato all’inizio del 2017 a Hong Kong e condannato per corruzione a 13 anni di carcere alla vigilia del XX Congresso del Pcc, quello durante il quale Xi Jinping è riuscito a farsi nominare “imperatore”. La società di Xiao, in compenso, è stata condannata a pagare una multa di 8 miliardi di euro.
Prima di Xiao era stato fatto sparire nel 2015 dalle autorità comuniste Guo Guangchang, uno dei 50 uomini più ricchi di tutto il paese, fondatore del gruppo Fosun. È riapparso solo dopo aver accettato di «collaborare» con non meglio precisate «indagini».
Xi presidente per la terza volta
La sparizione di Bao Fan alla vigilia delle “due sessioni” (quella del Parlamento e quella della Conferenza politica consultiva del popolo cinese) dimostra sia l’importanza dell’appuntamento politico sia il nuovo corso della dittatura di Xi Jinping.
Nei prossimi dieci giorni, infatti, Xi dovrebbe mettere l’ultimo tassello per portare a compimento la conquista del potere assoluto e la sua elevazione a leader più potente dopo Mao Zedong: la conferma a presidente del paese per altri cinque anni. Premier dovrebbe diventare Li Qiang, numero due del Comitato permanente del Pcc, già segretario del Partito a Shanghai.
Li è anche l’autore del disastroso e insensato lockdown del centro finanziario della Cina, attraverso il quale si è guadagnato l’odio di tutti i cinesi e la nomea di “fedelissimo” di Xi. Il quale l’ha ricompensato con la seconda carica più importante del paese, nonostante gli mancassero alcuni requisiti politici da sempre ritenuti indispensabili dal Partito.
Contano solo stabilità e fedeltà assoluta
Se il Partito comunista, prima dell’apertura di un vertice politico così decisivo per il futuro di Xi, se l’è presa con un pezzo grosso del mondo della finanza come Bao Fan è perché la politica del “presidente di tutto” è diversa da quella di Deng Xiaoping e Jiang Zemin.
La crescita economica della Cina resta fondamentale anche per Xi, ma nella sua ottica nessuno, a prescindere dal potere e dall’influenza personale accumulati, può permettersi di deviare dalla strada tracciata dal regime. Stabilità e fedeltà assoluta: sono questi i valori cardine del nuovo Mao Zedong.
Foto Ansa
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