In risposta all’invio di carri armati a Kiev da parte dei paesi occidentali, la Russia ha lanciato almeno 55 missili e droni contro le infrastrutture energetiche dell’Ucraina. La maggior parte è stata intercettata dai sistema di difesa aerea, ma quelli che hanno bucato le difese hanno creato gravi danni soprattutto nelle regioni di Kiev, Odessa e Vinnycja.
Dopo aver ottenuto i tank Leopard 2 e Abrams, che arriveranno entro la fine di marzo, il ministro della Difesa ucraino, Oleksij Reznikov, ha ricordato agli Stati Uniti che Kiev avrebbe bisogno anche di aerei da caccia: «Ho inviato una letterina a babbo natale l’anno scorso e gli aerei da caccia sono in quella lista», ha dichiarato alla Cnn. «La nostra priorità sono i sistemi di difesa aerea, poi abbiamo bisogno di veicoli corazzati, carri armati e jet. Ci servono le armi».
Per quanto riguarda la priorità ucraina, un aiuto arriverà anche dall’Italia, che includerà nel sesto pacchetto di aiuti militari anche i missili terra-aria Samp-T, di fabbricazione italo-francese. Ieri il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha dichiarato alla Stampa che l’aumento delle forniture militari all’Ucraina non ha come scopo «vincere la guerra, ma far capire a Putin che non la può vincere lui e costringerlo a sedersi al tavolo della pace, perché non c’è alternativa alla trattativa diplomatica. Segnalo anche che è importante ricordare che la Nato, formalmente, è rimasta fuori dalla guerra proprio perché non si è voluto autorizzare il racconto “Nato contro Russia”».
“Costringere” Putin a sedersi al tavolo delle trattative non sarà per niente semplice e il progressivo aumento degli aiuti militari occidentali a Kiev potrebbe presto mettere i paesi Nato davanti a scelte drammatiche. Come scrive il New York Times, fino a pochi mesi fa la sola ipotesi di inviare a Kiev i carri armati Abrams sarebbe stata «inconcepibile». Solo una settimana fa, i vertici dell’amministrazione Usa avevano escluso categoricamente la possibilità.
Ma con la Russia che guadagna terreno nel Donbass e il rischio di spaccature all’interno della Nato, Washington si è trovata costretta a inviarli, pur con la contrarietà del Pentagono, per convincere gli alleati a fare lo stesso. L’escalation del conflitto sta riducendo il ventaglio di opzioni a disposizione dei paesi Nato. «Biden ha spesso detto di avere due obiettivi: liberare l’Ucraina ed evitare un conflitto diretto tra America e Russia», scrive il Nyt. «Questi due obiettivi però sono sempre più in contrasto tra di loro».
Lo pensa anche il direttore di Limes, Lucio Caracciolo, che ha recentemente scritto: «Nella guerra di attrito i russi sono avvantaggiati per ragioni demografiche, militari e materiali. Sono di più, hanno più armi e più risorse degli ucraini. Noi occidentali, in ordine rigorosamente sparso, abbiamo compensato finora questo squilibrio. Inviando soldi, armi, addestratori e diverse migliaia di volontari per aiutare gli ucraini a difendersi dai russi. Ma i magazzini europei sono quasi vuoti, perché erano già mezzo vuoti all’inizio di una guerra in Europa che consideravamo inconcepibile. Scarseggiano le armi, soprattutto le munizioni. Né gli americani sono disposti a scoprirsi sul fronte anti-cinese per frenare l’invasione russa in Ucraina».
Per questo, «continuando lungo questo piano inclinato, prima o poi l’invio periodico e limitato di armi ai combattenti ucraini non basterà più. Bisognerà considerare l’invio di nostre truppe in Ucraina. A quel punto ci scopriremo di fronte alla scelta che abbiamo finora evitato di considerare: fare davvero e direttamente la guerra alla Russia oppure lasciare che la Russia prevalga».
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