Dolce e Gabbana, la maxi evasione non sussiste. Ma la maxi multa del fisco sì

Di Matteo Rigamonti
26 Giugno 2013
Paradossi della giustizia. «Le prove granitiche dei pm si sono disciolte e gli stilisti sono stati assolti. Il Fisco però può pretendere comunque 400 milioni». Parla il legale di D&G Massimo Dinoia

Un anno e otto mesi a Domenico Dolce e Stefano Gabbana per omessa dichiarazione dei redditi da parte di Gado, la società lussemburghese cui i due stilisti nel 2004 cedettero i diritti sui loro marchi e che avrebbe evaso imposte per 40 milioni di euro. Mentre la sentenza del Tribunale di Milano li ha assolti dall’accusa di dichiarazione infedele perché il fatto non sussiste. A Dolce e Gabbana è stata concessa la sospensione condizionale della pena. Cade, dunque, l’accusa di maxi-evasione per 1 miliardo di euro per la quale il pm aveva chiesto due anni e sei mesi sulla base di «prove granitiche». Tanto granitiche che, come dice a tempi.it il legale dei due stilisti, Massimo Dinoia, «si sono disciolte». Anche se, «paradosso dei paradossi», l’Agenzia delle entrate, per effetto della sentenza dello scorso marzo della Commissione tributaria, potrà comunque procedere con la maxi multa da oltre 400 milioni di euro. Mettendo così a repentaglio la sicurezza dell’azienda Dolce&Gabbana e di chi ci lavora.

Avvocato, i suoi assistiti sono stati condannati. Se l’aspettava?
No, assolutamente no. Comunque innanzitutto è importante precisare una cosa: mentre i primi lanci di agenzia e i titoli di giornali hanno parlato di una condanna per evasione diretta di 1 miliardo di euro per i miei assistiti, così in realtà non è stato. Dall’accusa di aver evaso personalmente il fisco, infatti, i due stilisti sono stati assolti perché il fatto non sussiste.

Come commenta la sentenza?
Vorrei insistere nel sottolineare l’assoluzione dal reato di dichiarazione infedele dei redditi per i miei assistiti, dal momento che il giudice è entrato nel merito nonostante fosse già maturata la prescrizione; ciò significa che la prova della loro innocenza è evidente.

Rimane, però, la condanna per omessa dichiarazione dei redditi. Cosa ha da dire in merito?
Sì, è vero. Ed è anche vero che si tratta di un condanna in concorso con altre persone: la società Gado, infatti, avrebbe evaso imposte per 40 milioni di euro. Staremo a vedere… ma un conto è parlare di un fatto commesso in prima persona e un altro è parlare di un fatto che avrebbe il concorso altrui. Così come un conto è parlare di un certo ordine di grandezza (miliardi di euro) e un altro è parlare di pochi milioni. Meno male che alcuni capi di imputazione hanno già rivelato tutta la loro inconsistenza.

Come legale che idea si è fatto di tutta la vicenda?
Avevo già definito l’accusa come semplicemente paradossale. Si accusavano, infatti, i due stilisti di non aver pagato imposte per un importo doppio (548 milioni di euro) rispetto a quanto percepito (360 milioni di euro) per la cessione dei loro marchi a Gado, avvenuta nel 2004. Ora anche il tribunale ha dato atto della correttezza di quanto noi abbiamo sempre sostenuto, e cioè che nessun cittadino potrà mai essere chiamato a rispondere di non aver pagato imposte superiori ai redditi conseguiti.

E le «prove granitiche» cui il pm ha fatto riferimento in merito alla «frode fiscale sofisticata»?
Forse quelle prove erano «granitiche» nel senso che erano fatte di granita: si sono, infatti, disciolte.

Ora farete appello?
Per quanto riguarda la contestazione di omessa dichiarazione da parte della società Gado, certamente. Il giudice ha tre mesi di tempo per depositare le motivazioni della sentenza, dopodiché noi avremo 45 giorni per fare appello. E lo faremo, perbacco se lo faremo! Siamo sempre convinti che i nostri assistiti non abbiano fatto niente di irregolare e comunque che si siano fidati di quello che i tecnici della società avevano detto loro. C’è però un ulteriore paradosso che merita essere sottolineato.

Quale?
Mi riferisco al fatto che l’Agenzia delle entrate, nonostante l’assoluzione da parte del tribunale di Milano degli stilisti per le dichiarazioni dei redditi individuali, assoluzione riconosciuta perché il fatto non sussiste, potrà comunque procedere agli atti esecutivi nei loro confronti per la cifra irreale e stratosferica di oltre 400 milioni di euro. E questo perché la sentenza della Commissione tributaria dello scorso marzo per abuso di diritto rimane in essere.

I suoi assistiti come stanno?
Sono fiduciosi che saranno riconosciuti innocenti. Ma sono anche preoccupati visto che non dispongono di questa enorme somma, proprio perché, come riconosciuto dal tribunale, non l’hanno mai percepita. Dunque con ogni probabilità il Fisco punterà dritto sul bene principale del loro patrimonio, la partecipazione nell’azienda Dolce&Gabbana. Con tutte le conseguenze economiche e sociali che ciò potrebbe comportare.

Secondo lei che immagine offre di sé il paese di fronte agli occhi degli imprenditori stranieri?
Accuse di quel genere non possono che farli scappare a gambe levate.

@rigaz1

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6 commenti

  1. francesca

    Ho letto le sentenze delle commissioni tributarie, riferite ad una delle due contestazioni, quella della supposta infedele dichiarazione del corrispettivo per la cessione dei marchi, e non credevo a quel che leggevo: l’Agenzia delle Entrate ha contestato a contribuenti, che, come previsto dalle norme tributarie, avevano regolarmente tassato il corrispettivo di vendita, di non aver tassato il (maggiore ovviamente!) ipotetico “valore di mercato” dei marchi ceduti. Per contestarlo l’Agenzia ha “dovuto” scomodare (a sproposito, mi permetto) gli abusati concetti di “elusione” e “abuso del diritto” e i giudici tributari hanno seguito questo ragionamento. Lo stesso che (immagino, leggendo i giornali) ha seguito la Procura sul versante penale. Nel “pasticcio” (mi permetto) parrebbe incorsa anche la Cassazione penale. Ora (si vedranno poi le motivazioni) il giudice penale, dichiarando che “il fatto non sussiste”, sembra aver finalmente applicato le regole tributarie. Resta, oltre il tempo perso (mi ri-permetto), l’assurdità che rileva l’avvocato Dinoia nell’intervista: non solo non sussiste il reato, ma neppure, in realtà, esiste la violazione tributaria e, ciononstante, a fronte di un reddito mai conseguito, dovranno essere versate centinaia di milioni di euro. Purtroppo questo tipo di contestazioni è ormai pane quasi quotidiano per chi ha a che fare con il contenzioso tributario, e il comportamento dell’Agenzia è quasi sempre avallato dalla Suprema Corte. E’ una delle tante violazioni della certezza del diritto (di cui eravamo la patria), che persistendo negli anni hanno indotto e inducono gli imprenditori che vogliono lavorare (secondo le regole, non contro!) a “scappare”: quelli italiani emigrano e quelli stranieri ci evitano. Chi ci perde è il nostro Paese, cioé noi.

  2. francesca

    Ho letto le sentenze delle commissioni tributarie, riferite ad una delle due contestazioni, quella della supposta infedele dichiarazione del corrispettivo per la cessione dei marchi, e non credevo a quel che leggevo: l’Agenzia delle Entrate ha contestato a contribuenti, che, come previsto dalle norme tributarie, avevano regolarmente tassato il corrispettivo di vendita, di non aver tassato il (maggiore ovviamente!) ipotetico “valore di mercato” dei marchi ceduti. Per contestarlo l’Agenzia ha “dovuto” scomodare (a sproposito, mi permetto) gli abusati concetti di “elusione” e “abuso del diritto” e i giudici tributari hanno seguito questo ragionamento. Lo stesso che (immagino, leggendo i giornali) ha seguito la Procura sul versante penale. Nel “pasticcio” (mi permetto) parrebbe incorsa anche la Cassazione penale. Ora (si vedranno poi le motivazioni) il giudice penale, dichiarando che “il fatto non sussiste”, sembra aver finalmente applicato le regole tributarie. Resta, oltre il tempo perso (mi ri-permetto), l’assurdità che rileva l’avvocato Dinoia nell’intervista: non solo non sussiste il reato, ma neppure, in realtà, esiste la violazione tributaria e, ciononstante, a fronte di un reddito mai conseguito, dovranno essere versate centinaia di milioni di euro. Purtroppo questo tipo di contestazioni è ormai pane quasi quotidiano per chi ha a che fare con il contenzioso tributario, e il comportamento dell’Agenzia è quasi sempre avallato dalla Suprema Corte. E’ una delle tante violazioni della certezza del diritto (di cui eravamo la patria), che, persistendo negli anni, hanno indotto e inducono gli imprenditori che vogliono lavorare (secondo le regole, non contro!) a “scappare”: quelli italiani emigrano e quelli stranieri ci evitano. Chi ci perde è il nostro Paese, cioé noi.

  3. ragnar

    Diró la mia. Lo stato ha 2000 miliardi di debiti. Se decidesse di mettere multe (ingiuste) a gente che i soldi ce li ha e li tiene divisi in modo che non formino una lobby forse quel debito si puó onorare.

    1. ftax

      Sì sì! La proprietà è un furto.
      Viva la dittatura del Proletariato!

      1. ragnar

        Allora mi spiego meglio. Il mio é cinismo allo stato puro. Ma se bisogna prendere i soldi per saldare i debiti li si prenda a chi li ha. Se poi quelli vogliono andarsene dall’Italia li si blocchi con tutti i mezzi leciti e non, purché paghino.
        Se non si ha un minimo di sarcasmo il mio commento é di difficile comprensione.

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