Disastro Ru486

Di Peppino Zola
16 Agosto 2020
Se gli abortisti vogliono cambiare la legge 194, devono andare in Parlamento: non basta una circolare ministeriale

Caro direttore, normalmente, i difensori della vita che chiedono l’applicazione anche della prima parte della legge 194 (quella che prevede le misure di prevenzione) vengono immediatamente accusati pubblicamente dagli abortisti di volere abrogare tale trista e intoccabile legge. Guai a chi tocca la 194!

In questi giorni, invece, sono stati proprio gli abortisti più accaniti a chiedere al ministro della Salute Speranza (anche a seguito di una ingenua iniziativa della Regione Umbria) di violare clamorosamente il contenuto della legge 194. Infatti, il ministero ha preparato un misterioso provvedimento con il quale, stando alla circolare di presentazione, la famosa pillola abortiva Ru486 può essere assunta anche al di fuori dei casi e delle procedure previste proprio dalla 194. Quest’ultima legge, contrariamente a quanto spesso si sostiene in modo ideologico, non ha introdotto in Italia il “diritto” all’aborto, ma ha permesso che esso possa essere attuato solo in casi molto specifici e attraverso strutture precisamente indicate: consultorio famigliare, medico, struttura ospedaliera. Questa procedura porta con sé la preoccupazione che un fatto grave e delicato come quello dell’aborto venga compiuto quanto meno dopo un percorso “sociale” durante il quale la donna possa rendersi completamente conto dell’atto che sta per compiere.

Ebbene, il ministero che definiscono della Salute intende abolire totalmente questo percorso, VIOLANDO così la legge 194 con un semplice atto amministrativo. Infatti, nella circolare appena citata si legge espressamente che viene “annullato il vincolo relativo all’utilizzo del farmaco Mifegyne in regime di ricovero dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla conclusione del percorso assistenziale”. Cioè, si elimina, con un atto per ora sottoscritto solo dal Direttore Generale, un passaggio essenziale della procedura prevista dalla legge. Se gli abortisti vogliono cambiare la legge 194, devono andare in Parlamento: non basta una circolare ministeriale, anche se questo governo ci ha preso gusto a legiferare con decreti. Probabilmente, si sta anche montando la testa. Ed i ministri sono inebriati dall’idea di potere governare con provvedimenti tipo DPCM. Ma possibile che il Parlamento ed i singoli parlamentari non abbiano nulla da dire in proposito?

Quanto sta avvenendo è molto grave, anche perché si parte da un presupposto che non esiste e che consiste nel pensare che quello all’aborto sia un “diritto” personale della donna senza alcuna rilevanza pubblica; diritto che, quindi, può essere impunemente privatizzato, anche cambiando le regole esistenti. Anche sotto il profilo sanitario, poi, il nuovo corso intrapreso dal ministero appare del tutto sbagliato, per il semplice fatto che il “metodo farmacologico” non dura poche ore, ma può durare anche alcuni giorni (come dicono i veri esperti): appare quindi molto rischioso tenere lontana la donna che ha ricorso alla pillola dal “vincolo del regime di ricovero”. Ciò aumenta il rischio per la salute della donna.

Impressiona il fatto che, vigente ancora la pandemia, questo governo acceleri provvedimenti che urgenti non sono, come quello della pillola abortiva e quello del tema dell’omofobia. Tutti temi ideologici, che nulla hanno a che fare con il c.d. bene comune. E impressiona ancora di più che di tutto questo non si possa dialogare serenamente. Da febbraio tutto il Paese sta parlando di “salute” e di come tutelarla (anche con tanti sacrifici): ed il Ministro addetto alla materia emette una circolare che non ha alcuna “evidenza scientifica”.

Peppino Zola

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