Digichiacchiere. Mitologie e filosofie dell’universo digitale

Di Roberto Festa
14 Luglio 2024
Roberto Festa (Università di Trieste) reagisce al saggio di Adriano Fabris sull'ecologia degli ambienti digitali pubblicato su "Lisander", il substack nato dalla collaborazione tra Tempi e Ibl
Foto di Marvin Meyer per Unsplash

«La semplice verità – ha scritto Tom Wolfe – è che Internet fa una sola cosa. Accelera il reperimento e la diffusione delle informazioni, eliminando parzialmente faccende come andare alla cassetta della posta o alla libreria per adulti, o dover prendere il telefono per contattare il proprio agente di cambio o alcuni amici con cui chiacchierare. Internet fa questa cosa, e solo questa. Tutto il resto sono digichiacchiere». Wolfe fa queste osservazioni ne La bestia umana (2000), una raccolta di saggi in cui racconta, fra l’altro, l’avventura degli imprenditori di Silicon Valley, che crearono il mondo dei computer e di Internet. Lo scrittore statunitense mostra che l’universo digitale fu anticipato da alcuni miti di origine religiosa e, più precisamente, cattolica. Infatti, qualche decennio prima dell’invenzione di Internet, Pierre Teilhard de Chardin, paleontologo darwinista e prete gesuita in odore di eresia, scrisse un trattato «con cui sperava di unificare tutta la scienza e tutta la religione, tutta la materia e tutto lo spirito, annunciando il piano di Dio di trasformare tutto il mondo, dalle rocce inerti all’umanità, in un unico sublime Spirito Santo». La «convergenza» di materia e spirito, ipotizzata da Teilhard, cominciava con l’evoluzione biologica e trovava il suo compimento con la tecnologia, grazie alla quale la specie Homo sapiens veniva unita da un’unica «stupenda macchina pensante», una coscienza unificata che avrebbe ricoperto la terra come «una pelle pensante» o, per usare il termine preferito da Teilhard, come una «noosfera».

All’inizio degli anni Cinquanta, Teilhard profetizzò che […]

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