Perché decisero di morire democristiani

Di Martino Loiacono
13 Dicembre 2021
La Dc finì perché non volle trasformarsi in un partito conservatore europeo, scrive Gianfranco Rotondi in un libro che ricostruisce il declino della Balena Bianca
L'allora ministro degli Interni Antonio Gava (C) insieme al Segretario della DC Arnaldo Forlani e al senatore a vita Giulio Andreotti durante il Congresso nazionale della Democrazia Cristiana del 9 agosto 1989.
L'allora ministro degli Interni Antonio Gava (C) insieme al Segretario della DC Arnaldo Forlani (D) e al senatore a vita Giulio Andreotti (S) durante il Congresso nazionale della Democrazia Cristiana del 9 agosto 1989.

Quella del 1992-1994 è stata una cesura netta che ha sconvolto profondamente la politica italiana. Durante quel triennio vennero sostanzialmente distrutti i partiti che avevano fondato la Repubblica, a eccezione del Pci-Pds. Il Partito socialista di fatto scomparve, mentre la Democrazia cristiana entrò in una grave crisi che generò un’infinita diaspora segnata da scissioni, lotte e divisioni.

Ed è proprio sul declino democristiano che si concentra il bel volume La variante Dc di Gianfranco Rotondi. Un libro che ricostruisce da una prospettiva orgogliosamente di parte il declino della Balena Bianca e poi le vicende dei suoi eredi nella Seconda Repubblica.

Da Moro a Berlusconi

La narrazione di Rotondi è segnata dal suo orgoglio democristiano ma è storicamente fondata, perché l’ex ministro riesce a cogliere acutamente gli snodi storici e i momenti decisivi dell’ultima fase del partito italiano.

La tragedia di Moro, il crollo del Muro di Berlino, Mani pulite, la discesa in campo di Silvio Berlusconi ma anche la seconda Repubblica sono analizzati con rigore e con una pungente ironia che rende piacevole la lettura. Particolarmente gustosi sono i motti e le battute dei leader democristiani che rivelano un’intelligenza e un senso dell’ironia che oggi mancano a una classe dirigente miope e priva di spessore.

La variante Dc di Gianfranco RotondiAffogò nel terzo polo

L’analisi di Rotondi si focalizza sulla fase del declino Dc (1976-1994) e poi sulla fase post-Dc (dal 1994 a oggi) e si fonda su una tesi interessante: il partito democristiano entrò in crisi perché non seppe rinnovarsi e trasformarsi in un polo conservatore di natura liberal-democratica.

La Dc rimase sempre un partito anticomunista legato a pratiche di potere appoggiate su un patto sociale che assicurava l’evasione fiscale al Nord e un’economia assistenziale al Sud. E quando fu costretta a schierarsi a causa del Mattarellum, la legge elettorale maggioritaria approvata nel 1993, «affogò nel terzo polo».

Una chiave interpretativa peculiare che illumina le difficoltà degli anni Ottanta, dovute anche alla scomparsa di un fine stratega come Moro, e che spiega anche l’impreparazione scudocrociata al crollo del comunismo e al conseguente venir meno del prezioso collante dell’anticomunismo.

Travolta dal bipolarismo

La Dc, insomma, non fu in grado di rinnovarsi e trasformarsi in un partito di stampo conservatore europeo e fu travolta da Mani Pulite e poi dal fenomeno Berlusconi, oltre che da infinite scissioni e divisioni. Basti pensare che ad oggi esistono 75 sigle che si richiamano all’eredità democristiana.

Nelle convulse fasi di Tangentopoli, e qui va lodata l’onestà intellettuale di Rotondi, ebbe un ruolo cruciale il democristiano Scalfaro che «non mosse un dito per evitare il crollo della Repubblica» e che assecondò lo strapotere delle procure che tennero in ostaggio la politica.

In quel momento la Dc cambiò segretario (Forlani fu sostituito da Martinazzoli), nome (nacque il Ppi) ma, come anticipato, fu travolta dal bipolarismo.

El general Roquito Butillone

Il referendum sulla legge elettorale e il Mattarellum, due iniziative legate a due democristiani (Segni e Mattarella), diedero dunque il colpo di grazia alla Dc. Sia per il fallimento delle elezioni del 1994, in cui il terzo polo non sfondò perché stretto tra Berlusconi e Occhetto, sia per il conseguente sfarinamento dei democristiani.

La più importante scissione, dopo quella del Ccd di Casini avvenuta nel gennaio 1994, fu quella che si consumò tra Buttiglione e la sinistra del Ppi nel 1995: una parte dei democristiani, guidata dal filosofo pugliese, andò con Berlusconi e l’altra legata a Bianco con il centrosinistra.

In quest’occasione, aneddoto curioso, Mattarella descrisse Buttiglione come un generale golpista sud americano, El general Roquito Butillone. Da questo conflitto nacque il Cdu buttiglioniano che mantenne il simbolo della Dc e il Ppi che sarebbe poi confluito nella Margherita e poi nel Partito democratico.

Postdemocristiani

A conti fatti, Rotondi sostiene che la scelta più lungimirante a livello di potere fu dei postdemocristiani di sinistra perché ottennero più ministeri dopo aver abbracciato il fronte postcomunista. Basti ricordare l’eterno Dario Franceschini o la doppia segreteria dem di Enrico Letta.

Ai democristiani di destra invece non spettò molto considerati gli incarichi ottenuti nella lunga epopea berlusconiana, segnata peraltro dai tanti conflitti tra il Cavaliere e alcuni esponenti democristiani di spicco come Pier Ferdinando Casini e Marco Follini.

Il partito italiano

Rotondi dedica infine un’importante riflessione alla rinascita della Dc, sostenendo che «quella storica non può tornare, neppure in miniatura».

Anche perché la Democrazia cristiana è stata: «Il partito italiano – secondo la fortunata definizione dello storico Agostino Giovagnoli – che ha unito Nord e Sud, ceto medio e classi popolari, partite iva e disoccupati meridionali; l’ispirazione cristiana temperava le asprezze liberiste, e recuperava qualche istanza socialista, riuniva le masse cattoliche ma conquistava anche il consenso laico».

Rinascerà la Dc?

Quella che può rinascere è semmai «una forza politica nuova capace di accettare l’eredità democristiana con beneficio di inventario». Una forza, verrebbe da aggiungere, piuttosto lontana dai centri e centrini che stanno affollando il dibattito delle ultime settimane.

(Gianfranco Rotondi, La variante DC. Storia di un partito che non c’è più e di uno che non c’è ancora, Solferino, 2021, pp. 256)

Foto Ansa

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1 commento

  1. Michelangelo DALLA FRANCESCA

    La Dc è sparita perché ha gettato la tonaca di Don Camillo ed ha cercato di sostituirsi a Pappone.

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