
Dem e grillini finalmente uniti per un obiettivo: le canne libere. A Roma

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Dire che Roma non è una città come le altre suona banale. Il problema è declinare in concreto questa apparente banalità. La città al mondo più carica di storia, arte e civiltà vive da anni un degrado progressivo, del quale non si intravvedono segnali di uscita, mentre i livelli di decoro scendono in modo sensibile. L’elenco dei problemi che la affliggono è una noiosa tiritera in bocca a ogni candidato sindaco. Più lacunosa, se non assente, è l’indicazione delle cause e delle modalità per affrontarli.
A parlare di una burocrazia che si ingegna solo a inventare i modi per allontanare il residente che ha bisogno dei suoi servizi più d’uno degli aspiranti sindaco ha timore, per non perdere i consensi delle migliaia di dipendenti comunali. A prospettare come rendere più efficiente la polizia municipale si rischia di averla contro: quasi nessuno indica prospettive di razionalizzazione non necessariamente punitiva delle sue risorse. Non si ha traccia di idee sulla sorte di municipalizzate e partecipate.
E fin qui siamo al minimo sindacale, al di sotto del quale non ha senso ricordare 28 secoli di storia e il ruolo di una delle più importanti capitali al mondo. Sarebbe interessante ascoltare qualcosa di più: che il cuore della Chiesa universale sia a Roma e che ciò renda Roma città universale, al di là della confessione religiosa del singolo candidato sindaco, ha un senso civile, sul quale il governo all’Urbe – nel rispetto degli ambiti e delle competenze – dovrebbe trarre conseguenze operative. Non solo per rendere il traffico meno congestionato in occasione del Giubileo.
Nell’attesa, destinata a restare vana, che il confronto prima del voto lambisca queste voci, qualche giorno fa due fra i candidati meno marginali della competizione elettorale hanno dialogato su altro. Virginia Raggi, in visita al quartiere Pigneto, ha ricordato la proposta del Movimento 5 Stelle di legalizzare la cannabis; le ha fatto eco Roberto Giachetti, rivendicando come propria antica battaglia politica la cannabis libera, e ha proposto a Raggi di lavorare insieme per l’obiettivo. Ovviamente i media hanno rilanciato lo stupefacente scambio di intenti. Poco importa che il Comune non abbia un briciolo di competenza in materia, che è invece del Parlamento.
Nella campagna elettorale non si fa rientrare il lavoro civile perché Roma diventi sempre più luogo di confronto fra confessioni religiose, valorizzando la circostanza che ospita la sede della più significativa fra esse; entra invece a pieno titolo il diritto alla canna. Quand’anche non si desideri volare qualche centimetro sopra terra, il possibile accordo fra i due candidati non è stato proposto sulla comune individuazione di punti-chiave per il rilancio del decoro urbano: condivisi i quali, chiunque governi sa che su di essi non sarà ostacolato da chi è all’opposizione. Nulla di tutto questo: uno spicchio di dialettica elettorale si è concentrato in un settore estraneo al Comune, a scapito di quel che invece il Comune dovrebbe realizzare.
La priorità di Renzi
C’è da meravigliarsi? Tutt’altro; si deve invece essere grati a Giachetti e Raggi per aver reso ancora più evidente quel che qualche brandello di incosciente ottimismo farebbe dimenticare: che il privilegio che abbiamo di vivere nel regno dell’ideologia comporta la distrazione di tempo e di risorse dallo sforzo di dare seguito a problemi concreti, destinandole invece a ciò che deprime ulteriormente un corpo sociale già sfiancato da una legislazione ostile all’uomo e alla sua natura.
Qualche ora dopo la performance dei due candidati sindaci, il presidente del Consiglio ha annunciato la blindatura col voto di fiducia di quell’autentica bomba nel diritto di famiglia e nell’ordinamento minorile che è la legge sulle unioni civili: trattata come una priorità indilazionabile, mentre quisquilie come il calo demografico, l’incremento della mortalità in Italia e il non governo dell’immigrazione sono messe da parte, o ritenute di second’ordine. Non è un destino ineluttabile al quale rassegnarsi: è un quadro di situazione (nazionale e territoriale) rispetto al quale ciascuno è anzitutto chiamato a decidere se condividerlo o meno. E quindi a trarne qualche conseguenza operativa.
Foto Ansa
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