Delitto di via Poma, il processo arriva in Cassazione

Di Chiara Rizzo
26 Febbraio 2014
Il procuratore generale ha chiesto di annullare l'assoluzione dell'ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, Raniero Busco e di valutare nuove prove. Sentenza in serata

È giunta oggi in Cassazione il processo per il delitto di via Poma, avvenuto il 7 agosto 1990 a Roma, in cui venne uccisa con 19 coltellate Simonetta Cesaroni. Imputato nel processo, condannato in primo grado e poi assolto in appello, è l’ex fidanzato della ragazza, Raniero Busco. La sentenza è attesa per questa sera

TRAVAGLIATE INDAGINI. Il processo a Busco è iniziato al termine di una lunga, complessa e contraddittoria fase investigativa durata vent’anni, che inizialmente ha coinvolto come sospettati principali il portiere dello stabile di via Poma, Pietro Vanacore, e il nipote di uno degli inquilini del palazzo, Federico Valle. Entrambe le indagini sono state però archiviate per mancanza di prove: Valle è stato prosciolto nel 1993, Vanacore è stato inizialmente prosciolto nel 1990, poi di nuovo indagato e infine prosciolto definitivamente nel 2009. L’ex portiere dello stabile si è suicidato il 9 marzo 2010, a tre giorni dall’inizio del processo a Busco. L’ex fidanzato di Simonetta è stato indagato solo a partire dal gennaio 2007: nel 2004 l’inchiesta di via Poma è stata riavviata da una perizia svolta dai carabinieri del Ris di Parma sul dna di alcune tracce trovate in un lavabo dello stabile e sugli indumenti di Simonetta, e dall’esito delle perizie tali tracce avrebbero un’altissima compatibilità con il dna di Busco. La corte d’Assise di Roma in primo grado ha giudicato tale perizia tanto convincente da condannare Busco a 24 anni di carcere. La corte d’Assise d’Appello nel maggio 2012 ha completamente ribaltato queste conclusioni e ha assolto Busco per non aver commesso il fatto.

IL PG: «NON È CONVINCENTE L’ALIBI». È stato il procuratore generale di Cassazione Francesco Salzano oggi a cristalizzare la vicenda giudiziaria con poche parole: «Siamo davanti a un processo indiziario», e poi: «il che però non vuol dire che le prove indirette abbiano meno attitudine dimostrativa». Secondo l’accusa va effettuata una nuova perizia, come richiesto dalle parti civili (la mamma e la sorella di Simonetta Cesaroni). Secondo il pg Salzano inoltre andrebbe meglio analizzato l’alibi di Busco, che «non è convincente».

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