De Nittis, la vita fotografata a pennello

Di Marina Mojana
10 Gennaio 2020
Ferrara celebra Giuseppe De Nittis, il pittore pugliese che anticipò il cinema e conquistò Parigi e Londra con le sue “istantanee” pulsanti di verità
Giuseppe De Nittis, Il salotto della principessa Mathilde

Articolo tratto dal numero di gennaio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Dipinse scene da film, mute ma colorate, pima che il cinema nascesse. Le dipinse dal finestrino della sua carrozza con occhio da regista, lasciando che fossero la luce e l’azione – cioè il chiaroscuro e il movimento – a definire scorci, inquadrature e soggetti. Pittore al tempo dell’invenzione della fotografia, seppe anticipare la rivoluzione dello sguardo che di lì a 15 anni i fratelli Lumière avrebbero inaugurato con il primo cinema di Parigi.
Nella capitale dell’impero francese, dove si concentravano il business internazionale e i più affermati banchieri, Giuseppe De Nittis (1846-1884) era giunto nel 1868, abbandonando poco più che ventenne la natia Barletta. De Nittis. La rivoluzione dello sguardo, in corso fino al 13 aprile al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, è la bella mostra – curata da Maria Luisa Pacelli, Barbara Guidi e Hélène Pinet – che racconta con taglio inedito il rapporto del pittore con la fotografia attraverso 160 opere che hanno il sapore di un’istantanea (la Kodak sarebbe nata di lì a poco, nel 1888) e la sua ossessione per le atmosfere all’aria aperta, i cieli e i boulevard, nel loro apparire fugace e transitorio.

Giovanotto dal temperamento indipendente, De Nittis si era formato alla Scuola di Resìna, un circolo di artisti inclini alla sperimentazione e a una pittura a diretto contatto con la natura, e sin dalle prime opere (alcune in mostra) il pittore si dimostrò capace di una pennellata ariosa, di composizioni originali e di una libertà antiaccademica.

A Parigi e poi a Londra le sue tele colpiscono molto i contemporanei; hanno uno stile “da istantanea”, frutto del dialogo con le vedute urbane e i paesaggi della fotografia stereoscopica e documentaria di Édouard Baldus e di Charles Marville, ma anche della sua formazione di vedutista.

Giuseppe De Nittis, Colazione in giardino

Tra i primi artisti italiani a stabilirsi nella capitale francese (lo seguiranno presto sia Federico Zandomeneghi che Giovanni Boldini), nel 1869 De Nittis incontra e sposa la parigina Léontine Lucile Gruvelle, che influenza notevolmente le sue scelte sociali e artistiche.

Presente ai Salon (le esposizioni ufficiali) fin dal 1869, l’artista pugliese ottiene numerosi riconoscimenti tra cui la Legione d’onore (1878) e la soddisfazione di vedere una sua opera, Le rovine delle Tuileries, entrare al Museo del Lussemburgo come acquisto da parte del governo. Ha soltanto 38 anni quando la morte lo coglie prematuramente nell’agosto del 1884, nella residenza di Saint-Germain-en-Laye, località poco distante da Parigi.

L’atelier in una carrozza

Nel redigere l’inventario dei beni rimasti nell’atelier, gli esecutori testamentari registrano la presenza di una «scatola contenente circa cento fotografie», probabilmente utilizzate come repertorio visivo, nonché la proprietà di un atelier mobile: una carrozza utilizzata dall’artista per catturare di nascosto il pulsare della vita «che il finestrino inquadra per un istante». Ed è proprio indagando questi aspetti meno noti del suo metodo di lavoro che la mostra rilegge la carriera di De Nittis dalla prospettiva del suo “occhio fotografico”.

Sospesa tra descrizione veritiera e narrazione evocativa delle atmosfere e dei luoghi vissuti in prima persona (come la tela con La traversata degli Appennini), la pittura di De Nittis nasce e si afferma dentro il perimetro di un rinnovamento dei codici visivi che segnarono il secondo Ottocento, partecipando attivamente a quel “nuovo sguardo” che apre la strada alla modernità.

Giuseppe De Nittis, La traversata degli Appennini

Tocchi rapidi e sommari, uniti a una tavolozza ridotta all’essenziale, dominata dai grigi, dai gialli e dai blu, sono sufficienti all’artista per restituirci un racconto in cui vero e sentimento del vero coincidono. D’altro canto i tagli compositivi inaspettati, con elementi che entrano o escono dall’inquadratura in modo apparentemente casuale, conferiscono agli episodi dipinti la freschezza di un fotogramma. Nelle sue tele entrano le trasformazioni urbanistiche che stavano mutando la fisionomia di Londra e di Parigi, ma anche le nuove abitudini della società moderna, in particolare quella più abbiente, investita dall’ebbrezza del consumismo e del divertimento.

Dopo la fruttuosa vendita nel 1874, grazie al mercante Adolphe Goupil, di un suo dipinto che ritrae alcune signore alla moda a passeggio con i loro cagnolini sull’avenue du Bois de Boulogne, De Nittis si specializza in opere che raffigurano gli svaghi ai caffè, le gite lungo la Senna o il Tamigi, le pattinate sul ghiaccio, oppure le corse dei cavalli di Longchamp o di Auteuil; le inquadrature sono così ravvicinate da spingere lo spettatore dentro la scena, ma a differenza di analoghi soggetti dipinti dai suoi colleghi impressionisti, De Nittis bilancia la contemporaneità del soggetto con uno stile più curato, capace di meravigliare senza scandalizzare.

Degas lo definirà un «innovatore» tra coloro che dipingono sia le strade di Parigi che gli interni dei salotti alla moda. Quello della principessa Mathilde, ad esempio, è una delle opere più celebri di De Nittis, capace di evocare, come una pagina di romanzo, le atmosfere della Parigi di Napoleone III.

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INFORMAZIONI

De Nittis e la rivoluzione dello sguardo
Ferrara, Palazzo dei Diamanti – corso Ercole I d’Este, 21
Fino al 13 aprile 2020
A cura di Maria Luisa Pacelli, Barbara Guidi e Hélène Pinet
www.palazzodiamanti.it
[email protected]

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