Dante fedele di santa Lucia

Di Carlo Simone
13 Dicembre 2020
Nella Commedia la santa è una presenza discreta e decisiva. Senza di lei il poeta non avrebbe potuto compiere il suo viaggio. Perché l'Alighieri le era così devoto?

Nel giorno in cui la Chiesa ricorda e celebra santa Lucia, mi tornano in mente le parole dedicatele da uno dei suoi più grandi fedeli: Dante. Lucia compare infatti nella Divina Commedia, forse passando un po’ in sordina rispetto ad altri personaggi più noti e celebrati; eppure Dante ci dice che senza di lei… non avrebbe assolutamente potuto compiere il suo viaggio ultraterreno!

Com’è noto, Lucia è una martire siciliana di inizio IV secolo, vissuta al tempo delle persecuzioni di Diocleziano. Un culto molto antico la vuole patrona della vista: una devozione generatasi molto probabilmente dall’etimo del suo nome, ovverosia lux, “luce”, o lucum, “luce diurna”. Solo successiva sarebbe la storia della auto-mutilazione degli occhi da parte della martire, che per stornare da sé, votatasi alla verginità, le avance di un pretendente il quale si era invaghito dei suoi occhi, glieli avrebbe fatti recapitare, in rigida osservanza di Matteo 5:29 («Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via (…)»). È interessante che la Chiesa veneri santa Lucia il 13 dicembre, cioè il giorno meno luminoso dell’anno secondo il calendario giuliano, data in cui si ricorda anche santa Ottilia, nata cieca e miracolosamente guarita, anch’essa non a caso venerata come protettrice e custode della vista, in special modo in Alsazia.

Nella Commedia, Lucia è una presenza tanto discreta quanto decisiva. Compare in tre punti chiave del poema, uno per cantica: Inferno II, Purgatorio IX e Paradiso XXXII; praticamente all’inizio, a metà e alla conclusione del poema. Nelle due prime apparizioni la martire è fondamentale per Dante al fine di fargli proseguire il viaggio; nella terza le viene attribuita dal poeta una gloria immensa.

Entrando all’Inferno, Lucia scaccia la paura dal cuore di Dante. Come si sa, appena esaurito l’entusiasmo iniziale suscitato in Dante dall’incontro insperato con Virgilio nel cuore della selva oscura, al poeta fiorentino viene meno il coraggio per proseguire nell’impresa del viaggio che Virgilio gli ha delineato. Io non Enëa, io non Paulo sono; || me degno a ciò né io né altri ‘l crede, afferma Dante con un pizzico di falsa modestia all’inizio del secondo canto dell’Inferno, per schermirsi. Al che Virgilio senza indugi coglie il vero punto dell’indecisione che blocca Dante dal proseguire e senza tanti giri di parole gli dice: l’anima tua è da viltade offesa; || la quale molte fiate l’omo ingombra || sì che d’onrata impresa lo rivolve, || come falso veder bestia quand’ombra. È la viltà il vero problema di Dante, quella viltà che spesso accalappia il cuore dell’uomo e lo distoglie da ciascuna onrata impresa cominciata. Come falso veder bestia quand’ombra significa «come quando gli animali si spaventano credendo di vedere qualcosa che non c’è» (questo il significato del verbo ombrare). La viltade è dunque un vedere qualcosa che non esiste, che è solo pensato e non reale: è un difetto di vista. È un fidarsi più dei pensieri e delle preoccupazioni generate dalla propria testa, che della realtà che gli occhi abbracciano; tant’è che Dante per descrivere questo fenomeno che accade in lui dice: E qual è quei che disvuol ciò che volle || e per novi pensier cangia proposta, || sì che dal cominciar tutto si tolle, || tal mi fec’ïo ‘n quella oscura costa, || perché, pensando, consumai la ‘mpresa || che fu dal cominciar cotanto tosta.

Per fortuna di Dante, c’è di più in cielo e in terra che nei suoi pensier: è quanto gli spiega Virgilio, riferendogli che ben tre donne benedette si sono preoccupate di lui ne la corte del cielo, le quali, come in una catena umana, si sono attivate fino a mandare Virgilio stesso incontro a Dante nella selva. Le tre donne sono Maria Vergine, santa Lucia e Beatrice. Considerando la prima, la Madonna, colei che liberamente al dimandar precorre, madre di Dio e di tutti noi, e la terza, la donna amata da Dante divenuta per lui «ipostasi della salvezza» (Contini), circa la seconda si resta un po’ interdetti: non è altrettanto immediato cogliere la pregnanza della scelta di Dante di eleggerla ad un ruolo così alto. Eppure sarebbe fuorviante, come hanno fatto alcuni, andare a parare soltanto in più o meno concettosi significati allegorici. Così come Maria e Beatrice rivestono innanzitutto una straordinaria importanza in sé stesse per Dante, un’importanza per così dire storica, cioè legata alla loro storia concreta, alla loro vicenda terrena, sarebbe sbagliato non ipotizzare che questo valga anche per Lucia. Alla quale un solo, ma prezioso, commentatore antico, Graziolo Bambaglioli, ci riferisce che Dante fosse devoto. Perché? Dante stesso in una pagina del suo Convivio ci informa di avere patito una grave malattia agli occhi. E nel testo di Inferno II, quando la Madonna apostrofa Lucia per mandarla a soccorrere Dante, le dice: Or ha bisogno il tuo fedele || di te, e io a te lo raccomando.

Dante malato agli occhi e dunque votatosi a santa Lucia: altamente plausibile. Dante che si autodefinisce fedele di costei. Dante che, inoltre, non smette per tutto il poema di ribadire che il suo sia un viaggio “per vedere” (quinci su vo per non esser più cieco, afferma sinteticamente il poeta nel ventiseiesimo canto del Purgatorio). Ecco allora un valido motivo per inserire Lucia fra le sue tre donne protettrici in cielo: una possibile, probabile devozione personale, una figliolanza intima verso la santa che Dante potrebbe aver pregato per riavere la vista degli occhi del corpo e, chissà, magari anche per ravvivare la vista degli occhi dell’anima. 

In effetti la seconda apparizione di santa Lucia nel poema è chiaramente improntata allo svelare agli occhi di Dante ciò che prima era a loro nascosto.

Il poeta, nel nono canto del Purgatorio, sta riposando su un letto di fiori nella cosiddetta valletta dei prìncipi, in quella zona alle pendici del monte del Purgatorio antecedente al Purgatorio vero e proprio. In tutta quest’area Dante ha incontrato spiriti in attesa – per svariate ragioni – di essere accolti nel Purgatorio; egli stesso dorme, in attesa del giorno, poiché è detto dal suo amico Sordello che senza luce è impossibile scalare il monte. Dante sogna che un’aquila discesa dal cielo lo sollevi e lo rapisca portandolo con sé in alto, fino ad ardere in un foco nel cielo. Allora Dante si sveglia di soprassalto, sì lo ‘ncendio imaginato cosse, e si rende conto di non essere più nella valletta. È spaurito; ma Virgilio è accanto a lui e lo rassicura: Tu se’ omai al purgatorio giunto: || vedi là il balzo che ‘l chiude dintorno; || vedi l’entrata là ‘ve par digiunto. C’è in effetti davanti a loro la celeberrima porta del Purgatorio, coi suoi tre gradini colorati e un angelo a custodirla. La porta sta là dove pareami prima rotto, dice Dante, pur come un fesso che muro diparte: l’entrata del Purgatorio non era visibile in precedenza, sembrava soltanto una spaccatura nella parete della montagna, come una fenditura in un muro. Cos’è accaduto durante il sonno di Dante? Cos’è accaduto che gli abbia permesso di passare dal non distinguere la porta al vederla, e a rassicurare Dante, come già in Inferno II, A guisa d’uom che ‘n dubbio si raccerta, || e muta in conforto la sua paura, || poi che la verità li è discoperta?

È Virgilio a discoprire a Dante la verità dell’accaduto riferendogli che, mentre dormiva e sognava, santa Lucia stessa è giunta, lo ha caricato su di sé come un bambino, e lo ha trasportato fin davanti alla porta del Purgatorio. Sì l’agevolerò per la sua via, dice Lucia a Virgilio; e per non destare Dante, dopo averlo deposto, è con un gesto dei suoi meravigliosi occhi che indica la porta a Virgilio e la via per proseguire: mi dimostraro || li occhi suoi belli quella intrata aperta

È con silenziosa discrezione materna che santa Lucia si prende cura del suo fedele: con un’amorevolezza che supera il necessario. E per la seconda volta nel poema Dante sarebbe stato impossibilitato a proseguire, se la santa cui è votato non si fosse mossa per lui. 

Lucia giunge all’aurora, all’apparire delle prime luci del giorno; ed è già la seconda volta che Dante apprende dell’intervento della martire, discreto ed efficacissimo, per bocca di altri. Dante sente parlare della sua santa, senza averla ancora vista. Ma si sta apprestando il loro incontro finale.

Il quale avviene, nel trentaduesimo canto del Paradiso, ancora una volta all’insegna della discrezione, tono che credo ben si addica poeticamente ad una giovane martire uccisa per aver preservato la propria verginità, oltre che per non aver rinnegato la propria fede. 

Siamo nella grandiosa festa della candida rosa, la vera sembianza del cielo Empireo, vertice dell’universo: il consesso di beati, fedeli in Cristo venturo e fedeli in Cristo venuto, riunito fuori dal tempo e dallo spazio in adorazione perpetua della gloria di Dio. Siamo a un passo dall’ultima scena dell’intero poema: la meravigliosa preghiera alla Vergine di san Bernardo (detto fedele di Maria, così come Dante era fedele di Lucia), e la visione di Dio.

La rosa è strutturata secondo logiche e geometrie perfette ed eterne: Dentro a l’ampiezza di questo reame || casüal punto non puote aver sito, (…) ché per etterna legge è stabilito || quantunque vedi, sì che giustamente || ci si risponde da l’anello al dito, spiega a Dante san Bernardo illustrandogli quel panorama paradisiaco. Ciascun beato gode di un differente grado di prossimità a Dio, pur senza per questo essere meno felice o desiderare di scalare questi gradini: ciascuno è compiuto e al proprio posto. Il vertice della rosa è occupato ovviamente da Maria, perpetuamente guardata con tanto gioco dall’angelo Gabriele, innamorato sì che par di foco; e pochi sono i gran patrici || di questo impero giustissimo e pio che meritano di stare ai piedi della Madonna, per così dire al primo gradino della rosa, il più nobile. Questi patrici sono sei e non hanno bisogno di presentazioni: tre per l’Antico Testamento, ovvero Adamo, Mosè e sant’Anna, madre di Maria; e tre per il Nuovo: san Pietro, san Giovanni Evangelista, e… sì, santa Lucia. Che Dante dunque – che non conosce il caso! – posiziona più in alto di tutti gli altri santi, finanche più in alto di Beatrice. Lucia, che mosse la tua donna || quando chinavi, a rovinar, le ciglia, dice sinteticamente san Bernardo, scegliendo non a caso un’altra volta per parlare di lei un’immagine legata agli occhi: il tenerli bassi, e non mirarli al cielo per cui siamo fatti. Per la terza volta è suggerito che Lucia abbia raddrizzato e guarito lo sguardo del poeta.

Santa Lucia, inoltre, è l’ultima creatura mortale che Dante vede in tutto il suo viaggio: dopo averla indicata, san Bernardo interrompe la sua descrizione e invita Dante a drizzare li occhi al primo amore, a Dio stesso, per intercessione della Madonna. Sorrido pensando che Dante la collochi quassù quasi a ringraziarla alla fine del viaggio che lei stessa ha contribuito a far cominciare; e magari per chiederle di custodire ancora una volta i suoi occhi, ora che si apprestano all’estremo passo: affondare lo sguardo non più cieco nell’amor che move il sole e l’altre stelle.

Foto Ansa

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