
Dante, il grande maestro che ci ha insegnato l’arte del sospiro

Ha scommesso tutto sul desiderio. Ecco uno dei principali motivi per cui leggere ed amare Dante oggi. Ce ne sono innumerevoli, ma questo è forse il più significativo per il nostro tempo ed il nostro mondo. Oggi il desiderio ha fatto una ben triste fine. Da una parte, gli uomini lo hanno esasperato ad assoluto, a idolo (Benedetto XVI parlava di dittatura del desiderio); dall’altra, quando gli brucia dentro, se ne vogliono sbarazzare come di una patata bollente. Bisogna desiderare di meno, il meno possibile, perché nella vita reale non è possibile che il desiderio trovi soddisfazione. Siccome, dopo una serie di tentativi fallimentari, non sappiamo immaginare come si possa ormai realizzare, non ci aspettiamo che possa succedere, che la realtà possa farci questo dono imprevisto e imprevedibile. Franz Kafka proclamava che il “messaggio”, pieno di felicità, “dell’imperatore” non sarebbe mai arrivato al suo infimo suddito nella desolata periferia dell’impero, eppure costui non poteva fare altro, ogni sera, che stare alla finestra ad aspettarlo. Noi, invece, oggi ci siamo sprofondati nel divano e abbiamo tirato giù le tapparelle (vedi lockdown). E allora, soprattutto fra i giovani, si rinfocola il mito delle “piccole cose” da riscoprire, da farsi bastare, in una sorta di grande sublimazione della rinuncia, della castrazione del desiderio o, se volete, in un revival della ubris greca: un desiderio troppo grande è sinonimo di arrogante presunzione, quando non di sfacciato egoismo.
L’altra sorte che abbiamo destinato al desiderio è la sua trasformazione in obiettivo raggiungibile, a costo, però, del suo ridimensionamento. Ridurre il desiderio fino a renderlo acquistabile (cioè vendibile) a tutta l’umanità, in una sorta di parodistico supermercato del desiderio.
Ecco perché Dante ci è (o ci dovrebbe essere) tanto caro: nessuno come lui insiste sulla centralità del desiderio per il destino dell’uomo.
«Ciascun confusamente un bene apprende/ nel qual si queti l’animo, e disira:/ per che di giugner lui ciascun contende» (Purgatorio XVII, vv. 127-129)
Tutta la storia dell’uomo e la natura del suo cuore sono riassumibili in questa terzina dantesca, che non a caso si trova nei canti centrali del Purgatorio, ovvero al cuore dell’intera Commedia. Tutte le azioni dell’uomo, le grandi imprese, le epopee delle civiltà di ogni latitudine; i loro miti, le loro tragedie, le loro guerre, le loro conquiste; tutto questo è l’espressione dell’urgenza del desiderio nell’uomo, che lo spinge ad ogni tentativo, ad ogni esplorazione, ad ogni conoscenza, oltre ogni limite.
Il diavolo mente, Dio mantiene
Non si trovano scrittori che come Dante abbiano così lucidamente scommesso tutto su questo. Gli altri, normalmente, poco o tanto, condannano il desiderio, perché ambiguo, spesso perverso; perché pericoloso, socialmente pericoloso.
Dante non solo ci crede, ma ci investe.
«Tanto gentile e tanto onesta pare/ la donna mia, quand’ella altrui saluta, […]e par che de la sua labbia si mova/ un spirito soave pien d’amore,/ che va dicendo a l’anima: Sospira» (Vita Nuova)
«Sospira», cioè desidera. Desidera, Dante, non smettere di desiderare, desidera fino in fondo. Perché c’è nella realtà qualcosa che ridesta il tuo desiderio e, ridestandolo, si fa strada al suo compimento. Questo suggerisce la vista di Beatrice al giovane poeta innamorato. E in mezzo al paradiso la donna tanto amata (desiderata) sarà ancora più esplicita:
«Perché mia donna “Manda fuor la vampa/ del tuo disio”, mi disse» (Paradiso XVII, vv. 7-8)
Cioè fai esplodere il tuo desiderio, questo è il posto in cui potrai farlo in eterno, perché esiste un luogo in cui ad ogni desiderio c’è soddisfazione. Il Paradiso nella visione dantesca si configura proprio come il luogo dell’eterno desiderio che, a differenza della condizione del Limbo infernale, eternamente trova la sua soddisfazione. La differenza fra Inferno e Paradiso non sta nella presenza o meno del desiderio (in tutte le sue versioni) o nell’intensità di questa attrattiva, ma nella possibilità di soddisfazione: l’Inferno è un inganno, perché è l’illusione della soddisfazione del desiderio; il Paradiso ne è il compimento. Il diavolo mente, Dio mantiene.
Così per Dante il desiderio è il motore del cammino di perfezione dell’uomo, di purificazione, di ascesi.
«Oltre la spera che più larga gira/ passa ’l sospiro ch’esce del mio core…»
È l’incipit del sonetto conclusivo della Vita Nuova: il sospiro, ancora sinonimo di desiderio, segue Beatrice, nella via irresistibile ed inarrestabile dell’amore e, seguendola, giunge dove ella se ne va: oltre la morte, oltre il dolore, oltre l’ambiguità e l’impurità, oltre la confusione; oltre il paradiso terrestre, oltre l’ultimo cielo, fino all’estremo, all’inimmaginabile, all’indicibile, fino alla contemplazione di Dio.
Antenna puntata al cielo
Certo, il desiderio da solo non basta. Il desiderio può confondersi e può perdere la diritta via. Occorrerà allora che l’oggetto adeguato del desiderio si palesi («Tanto gentile e tanto onesta pare», cioè appare, si svela). La realtà deve svolgere il suo prorompente ruolo salvifico.
L’uomo non si salva con la forza del suo desiderio. Ma il desiderio resta il radar, l’antenna perennemente puntata al cielo, nell’attesa del messaggio, testimone drammaticamente umano dell’esistenza, da qualche parte, di una risposta, in qualunque selva oscura ci si possa essere smarriti.
Foto Ansa
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Colloqui fiorentini. Un appuntamento in streaming che sarebbe piaciuto anche a lui
Poteva la XX edizione dei Colloqui fiorentini non essere dedicata a Dante Alighieri nel settecentesimo anniversario della sua morte? No, non poteva, e infatti eccoci qui all’appuntamento del 18-20 marzo con un parterre di relatori di tutto rispetto. Programma e istruzioni operative sono disponibili sul sito dell’ente organizzatore, Diesse Firenze e Toscana.
Qui ci preme sottolineare l’assoluta originalità con cui l’allegra banda dei Colloqui fiorentini, ogni anno, da vent’anni, riesce a rendere interessante e popolare la letteratura, aprendo prospettive e punti di vista originali. Non è un caso che ogni anno, da vent’anni, sia un evento cui partecipano migliaia di giovani. A Dante sarebbe piaciuto moltissimo.
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