Dall’aborto al vitro: «Una donna ha bisogno di entrambi i servizi»

Di Redazione
07 Ottobre 2020
Bpas, colosso inglese delle interruzioni di gravidanza, apre al business della fertilità assistita. Nessun paradosso, la libertà di scelta è un'eterna gallina dalle uova d'oro

«In qualità di ad di Bpas, so che non ci sono due mondi di donne: donne che vogliono avere figli (che hanno bisogno di accedere ai servizi di fertilità) e donne che non li vogliono (che hanno bisogno di abortire). Ma c’è un unico mondo di donne che hanno bisogno di entrambe le cose in tempi diversi. La biologia è crudele con noi: siamo più fertili quando siamo meno propense a mettere su famiglia e siamo meno fertili quando siamo più in grado di crescere dei figli».

«IL NOSTRO VALORE È LA SCELTA»

Combattere l’orologio biologico con la flessibilità: sembra lo spot di un bene di consumo qualunque, invece è il sunto dell’accorato discorso con cui Ann Furedi, guida del British Pregnancy Advisory Service (Bpas), il colosso dei servizi all’aborto del Regno Unito, annuncia l’ampliamento del business: in parole povere, se vuoi sbarazzarti del tuo bambino ci siamo, se vuoi produrne uno in vitro anche. Dopo aver vantato di «prendersi cura» (leggi: interrompiamo le gravidanze) di 80 mila donne ogni anno in oltre 70 punti aborto, Bpas ha annunciato infatti che aprirà a Londra una clinica per fornire servizi di fertilità e «sostenere le persone e le coppie alla disperata ricerca di una gravidanza. Nelle nostre altre cliniche invece continueremo a sostenere le donne che cercano di porre fine alle stesse».

Ma come si sentiranno le pazienti ad accedere alle cure per restare incinte erogate da un ente che da 50 anni fa aborti, domanda retorica la stessa Furedi? La risposta è nel brand: «È il momento di trasformare le competenze che abbiamo raccolto negli ultimi 50 anni per supportare un altro tipo di scelta, sostenendo coloro che non riescono a concepire», «il nostro valore fondamentale è la scelta: l’autodeterminazione nel decidere se, quando e con chi avere un figlio. Abbiamo aiutato le donne a esercitare quella scelta per porre fine alla gravidanza, ora aiuteremo le donne ad averne una».

IL BUSINESS DELL’ABORTO E QUELLO DEL VITRO

Nessun paradosso nel terminare bambini sgraditi o crearne di nuovi quando è più opportuno, continua Furedi: «Come madre per caso, dopo quasi un decennio di infertilità e aborti spontanei, conosco la sofferenza, la disperazione e il dolore di un trattamento fallito e di una gravidanza interrotta. Durante tutti i miei trattamenti, ho diretto una clinica abortiva e in nessun momento ho pensato che se non potevo avere un figlio mio, un’altra donna doveva essere costretta ad avere il suo. E quando sono rimasta (inaspettatamente) incinta, la gioia e la meraviglia della mia stessa gravidanza mi hanno fatto capire ancora di più l’angoscia provata da chi avrebbe voluto diventare madre. Sentire il tremolio, e successivamente il contorcersi e il torcersi del movimento fetale può essere la gioia più grande di una donna o l’incubo più terribile. Tutto è contingente, tutto dipende dal contesto e tutto è personale».

Un bambino non è più un bambino, è relativo, essere incinta un habitus, del resto Furedi lo va ripetendo da anni che l’aborto è un diritto incondizionato: «Se le donne non sono felici del sesso dei figli possono abortire (…). O accettiamo fino in fondo ogni scelta della madre, oppure no». E si capisce perché, mentre i giornali davano l’aborto per spacciato durante la pandemia, Bpas annunciasse trionfante: «Aborto a domicilio! Siamo felici di annunciare che il governo ha introdotto l’uso dell’aborto via telemedicina che ora proteggerà le donne in tutto il paese». Sarebbe bastata una telefonata, al termine della quale le pillole di mifepristone e misoprostolo sarebbero state spedite a casa invece che assunte in ospedale.

Morale? Secondo i dati pubblicati nel giugno scorso dal Dipartimento per la salute e l’assistenza sociale, nei primi sei mesi del 2020 sono stati eseguiti 109.836 aborti Inghilterra e Galles, oltre quattromila in più rispetto a quelli (record) registrati nello stesso periodo nel 2019. Significa un bambino abortito ogni tre nati. Significa che l’aborto è facile come ordinare una pizza da consumare tra le mura di casa. Non più in una clinica pagata dal servizio sanitario.

NASCITURI ASSENTI, DONNE COME GALLINE

Quindi oggi Ann Furedi annuncia la diversificazione. Preparandosi a varcare le soglie del super redditizio paradiso della provetta: tale è diventato il Regno Unito che ha aperto la strada al dispiegarsi delle infinite possibilità della tecnologia: concepimenti in laboratorio, uteri in affitto, parti su richiesta e a pagamento, plurigenitorialità sociali e non più solo biologiche, cessioni di gameti, ovuli congelati, assemblaggi di materiale genetico modificato dalla scienza, creazione di embrioni trasferibili o manipolabili e scartabili, di “baby designer” o “grandson designer”.

E ancora una volta, nel ricollocamento della scelta in un orizzonte atemporale (oggi voglio abortire ma domani chissà), il grande escluso dalla mischia dei diritti negati o consentiti da Stato o madre natura, è il nascituro, possibilità erogata da servizi sempre più flessibili offerti alla libertà di scelta di una donna, trattata alla stregua di una gallina: una gallina dalle uova d’oro.

Foto Ansa

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