
Dalla disgregazione jugoslava vantaggi per pochi
Nazionalismo, volontà egemoniche, scatenamento di odî atavici e rancori mai sopiti: sì, la disgregazione dell’ex Jugoslavia e le guerre che ne sono derivate affondano le radici in uno stratificato retroterra storico-politico e culturale. Ma anche i soldi c’entrano. Al tempo della federazione unita, il Kosovo protestava per la sua povertà regionale, inammissibile in una repubblica socialista, mentre Slovenia e Croazia protestavano per la quota troppo alta di partecipazione al “fondo di aiuto allo sviluppo” che toccava loro pagare. Come sono cambiate le cose dopo nove anni di conflitti e tragedie? Per rendersene conto basta raffrontare la realtà economica dell’area jugoslava alla vigilia della dissoluzione della Jugoslavia e quella attuale dei paesi nati dallo smembramento: si vedrà che il reddito pro capite odierno delle attuali Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Repubblica federale jugoslava è più basso di quello che era il reddito medio della Jugoslavia tutta intera nel 1990, con una flessione che va dal 42,5 per cento per la repubblica di Milosevic al 60 per cento della derelitta Bosnia. Mentre quello della Croazia e soprattutto Slovenia sono decisamente più alti oggi di nove anni fa: il reddito della prima è di oltre un terzo maggiore di quello di allora, il reddito della seconda è addirittura il triplo: 9 mila e passa dollari contro i 3.060 della Jugoslavia unita nel 1990. Nel caso della Croazia, però, il miglioramento è solo apparente: già nel 1990 il reddito della repubblica croata era decisamente superiore alla media federale. Anche i dislivelli fra ex province ed ex repubbliche della Jugoslavia si sono accentuati: alla fine degli anni Ottanta lo scarto di reddito fra la Slovenia e il Kosovo, rispettivamente la regione più povera e quella più ricca della federazione, era di 7 a 1, alla vigilia dell’intervento della Nato era di 19 a 1! Dunque, parlando di soldi, solo Lubiana ci ha chiaramente guadagnato a staccarsi dalla federazione; Zagabria ha più o meno recuperato il benessere pre-bellico, Sarajevo ha pagato l’indipendenza a carissimo prezzo, Belgrado dalla spartizione ci ha rimesso. Il reddito della sola Serbia al tempo della federazione era attorno ai 3.400 dollari, adesso è quasi la metà. Le sanzioni economiche del ‘93 e del ‘98 hanno isolato il paese e le varie guerre lo hanno dissanguato. Ma il bilancio dello Stato, che è segreto, trae alimento da commerci inconfessabili e depredazioni passate. La Repubblica federale jugoslava ha ereditato 2,5 miliardi di debiti della vecchia Jugoslavia, ma anche messo le mani sulle riserve della Banca centrale jugoslava, pari a 10 miliardi di dollari, e alle grandi quantità di armamenti dell’esercito federale, il quarto d’Europa prima del 1989. Almeno la metà del prodotto interno lordo sarebbe frutto di un’”economia parallela” a base di traffici illegali. Ma questo solo argomento meriterebbe un approfondimento a parte. Bilancio negativo dappertutto, invece, per quanto riguarda la disoccupazione: prima della guerra era ufficialmente inesistente. Ora va dal 14,4 per cento della Slovenia al 40 per cento della Bosnia Erzegovina.
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