Da poeta a scrittore. Da Rondoni a Busi

Di Davide Rondoni
19 Settembre 2002
Forse vincere il Festival di Venezia è una sfiga per un film

Forse vincere il Festival di Venezia è una sfiga per un film. Infatti, gli tocca d’esser recensito su Repubblica da Busi. Qualche giorno fa la paginona centrale del quotidiano che si vanta (insieme ai suoi lettori fans) di essere l’avanguardia culturale dell’Italia che però non arriva mai – e intanto gli avanguardisti tristemente invecchiano – offre il suo lenzuolone centrale all’Aldo d’Italia un po’ meno famoso dell’altro Aldo (Biscardi). Tema: una sua serata al cinema e dopo il cinema, tra psichiatre equadoregne e altri astanti fiorentini.
E lui, come un cantante sfiatato, dà luogo alla sua solita performance di ovvietà non più piccanti di un ajo e ojo da trattoria. E coi soliti luoghi comuni sul rapporto tra sesso e religione. Una vera ossessione per il Nostro, che resta forse uno degli ultimi a non aver risolto il problema. Chissà perché.
Ok, forse non si trovava uno straccio d’altro disposto ad esaltare come capolavoro quel che capolavoro forse non è, o forse il film si merita proprio una recensione così stupida. Ma il motivo per cui Busi e chi gli ha dato spazio andrebbero condannati ai lavori forzati, ad andare a rinforzare gli argini del Po invece che guadagnare scrivendo minchiate, è un altro. Il loro disprezzo per la vita, non la loro opinione li rende odiosi. Infatti, ad un certo punto, Busi si mette a dissertare su anoressia e rapporti familiari e chiude consigliando alle madri con figlie anoressiche che la soluzione c’è e sta nel piantarla di macerarsi tanto e nel dire alle loro figlie di andare a scopare come e con chi vogliono che tanto c’è la pillola del giorno dopo. A parte le bestialità dal punto scientifico e psicologico su cui Busi appoggia il suo teorema, beh, verrebbe da dirgli, razza di idiota, come ti permetti? Come ti permetti di entrare in tal modo in una faccenda così delicata e drammatica, in una questione così complessa e dolorosa senza un velo di rispetto? Cosa ne sai veramente tu? E chi ti ha commissionato, pubblicato e pagato il pezzo perché non si è vergognato e non ti ha telefonato dicendo: «No, Aldo, no, ci vuole un po’ di rispetto per il dolore altrui…». Prendono a calci la vita: ecco quel che spaventa in certi intellettuali promossi da importanti quotidiani ed editori. Per questo motivo, pur se a volte sono anche simpatici e interessanti, sono così tremendamente e tristemente distanti dal genio. Un grande scrittore, veramente grande, come Raymond Carver non li sopportava. è terribile fare o credere di fare in prima pagina le battaglie per la dignità della nazione e in pagina culturale prendere a calci le persone, la loro vita reale. è il vizio di quelli che Baudelaire chiamava i filosofi delle portinaie: amano l’umanità ma l’uomo com’è veramente lo trovano insopportabile.

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