Da Gerusalemme a Roma

Di Tempi
01 Gennaio 1999
Dal Giubileo ebraico a quello (relativamente recente) cristiano. Che compie 700 anni

“Giubileo”, il termine deriva dal XXV capitolo del Levitico, dove Mosé istituisce l’anno giubilare: “Conterai sette settimane d’anni, cioè sette volte sette, che fanno quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba (Jobel) chiamando la gente di tutto il paese (Jobil). Dichiarerai santo il cinquantesimo anno e proclamerai la remissione per tutti gli abitanti (Jobal)”. Dunque allegrezza, gioia, in vista della generale remissione di tutti i debiti contratti durante il cinquantennio – un condono reale, perché le terre e le case d’Israele non potevano essere vendute per sempre, così come nessun ebreo poteva ridurre altri membri del popolo d’Israele in schiavitù definitiva. Il primo Giubileo cristiano è istituito da papa Bonifacio VIII nel 1300 all’inizio del nuovo secolo (“anno centesimo” per ottenere “grazie alla misericordia di Dio Onnipotente e ai meriti e alle autorità degli Apostoli” – se si visitano le basiliche “veramente pentiti e confessati” – “non un ampio, ma un totale perdono dei peccati”. Seguì il Giubileo del 1350 – detto anche “il Giubileo senza Papa”, in esilio dal 1309 nella “cattività” di Avignone – che non era “anno centesimo” ma riprendeva l’usanza ebraica dei 49 anni con il 50° giubilare, e da allora, con cadenze regolari (solo nell’Ottocento ci sarà l’unico Giubileo del 1825), – dal 1475 venticinquennali, per “la brevità della vita umana” – si giunge fino al grido “Aprite le porte a Cristo!” della Bolla datata 6 gennaio 1983, con cui si apre il Giubileo della Redenzione, voluto da Papa Giovanni Paolo II nel 1950° anniversario della morte di Gesù, e immaginato come un’anticipazione di quello di fine millennio.

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