
Lettere al direttore
Criteri per il voto, le percentuali di Noi Moderati, Churchill e la campagna elettorale

Egregio direttore, sono un vostro abbonato da lungo tempo. Sto leggendo con interesse quanto scritto da Tempi a proposito delle prossime elezioni ed anche le lettere dei lettori.
Vorrei intervenire su quanto da voi scritto sul numero di settembre, dal titolo ”I nostri nomi per il 25 settembre“. Concordo in pieno sul fatto che bisogna votare e sostenere i candidati degni di stima. Elencate poi una serie di nomi su cui non ho nulla da eccepire, anche se ce ne sono altri per me altrettanto meritevoli.
Ho solo un problema: l’attuale legge elettorale non permette di scegliere per cui votare, infatti ha un meccanismo molto contorto che non lascia libertà all’elettore. Non mi sembra quindi praticamente possibile per un elettore votare le persone degne di stima da voi elencate, se non nel caso in cui queste siano presenti nelle liste che il per il fortunato elettore troverà, ma anche in questo caso non è sicuro, vedi il famoso “flipper” previsto dal meccanismo della attuale legge elettorale e le priorità.
Inoltre, come già scritto da qualche lettore a suo tempo, le varie coalizioni e liste presentano al loro interno persone che seguono i principi a noi cari ed altre che li seguono meno o per niente), ma noi purtroppo, non possiamo scegliere per chi votare, quindi abbiamo le mani legate nella scelta della persona.
Cosa fare dunque? Credo che un parametro di scelta potrebbe essere anche l’approccio economico (con le relative proposte) che un raggruppamento/partito propone, ovviamente nel rispetto dei principi
base. Cito, a supporto di questo criterio, una frase di un articolo presente nel numero di Tempi di settembre «Leadership come quelle … dal punto di vista dei concetti antropologici vanno anche bene, ma sull’economia temo il disastro…». Per me questo è un criterio valido, ovviamente stante la demenziale legge elettorale in essere e la presenza in ogni raggruppamento di candidati che la pensano in modo non omogeneo sui nostri valori.
Il criterio sopra citato implica che scelte economiche valide permettono maggiori aiuti anche alla famiglia, al terzo settore e aiuti più diffusi a chi ne ha più bisogno e così via.
Chiedo un suo commento sul criterio da me proposto, commento che credo possa aiutare altri elettori.
Cordialmente
Federico Mancosu
Caro Federico, il suo problema è il nostro problema, ahimè. Lei dice tutto giusto: la legge elettorale è demenziale e non lascia libertà all’elettore, quindi non si possono esprimere delle vere e proprie preferenze, ma solo sperare di avere nel proprio collegio le persone che abbiamo segnalato. Il fatto di “fare i nomi” ha dunque il senso, innanzitutto, per chi è in quel collegio, di avere un’indicazione su cui orientarsi nella scelta del partito, quindi non è inutile averla data. E chi non è tra i “fortunati”? Vale quel che abbiamo scritto nel resto dell’articolo a proposito del centrodestra che – a differenza di sinistra, M5s e Terzo Polo – è almeno “non ostile” alla nostra visione antropologica. Questo è un criterio generale, poi sono convinto che sia chiaro ad ogni lettore cosa intendiamo e ognuno si potrà regolare, nella scelta del partito, come meglio crede.
Per quanto riguarda la questione economica, lei fa riferimento a un’espressione usata da Giancarlo Cesana nella sua intervista alla Verità a proposito della Lega. Su Tempi, Cesana ha scritto che la Lega ha collaborato «all’approvazione di leggi incongrue – quota 100 e reddito di cittadinanza – che hanno messo a rischio la stabilità economica». Io la penso come Cesana, ergo come lei.
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Ho letto i nomi che suggerite di votare alle prossime elezioni del 25 settembre. Io sarei orientato, e mia moglie attende un mio suggerimento, a dare il mio voto a Maurizio Lupi, persona che mi ha sempre ispirato competenza e soprattutto fiducia. Ho solamente questo dubbio: la lista Noi moderati, a quanto sembra, potrebbe non raggiungere il 3 per cento. Ma se non dovesse raggiungere neanche l’1 i voti ricevuti saranno “buttati” o in qualche modo ripescati? Potete farmi capire come funziona la legge elettorale in questi casi? Vi ringrazio fin d’ora se vorrete aiutarmi a fugare i dubbi espressi.
Spartaco Beducci
Caro Spartaco, se un partito che fa parte di una coalizione non raggiunge la soglia dell’1 per cento a livello nazionale perde i suoi voti. Se sta tra l’1 e il 3, i suoi voti vanno alla coalizione. Se supera il 3, partecipa alla ripartizione dei seggi.
Per quanto riguarda Noi Moderati, come ci ha detto Raffaele Cattaneo, la corsa è a superare il 3, ma anche se il partito non ci riuscisse, i suoi voti andrebbero al centrodestra. Che non si superi l’1 per cento, dice Cattaneo, è una previsione «troppo pessimista».
Non avendo la sfera di cristallo, non so dirle che percentuale raggiungeranno. Quel che so è che in quel partito ci sono molte persone che hanno a cuore quei temi che anche a noi interessano. Quindi meritano fiducia e spero che ottengano un buon risultato.
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Lo diceva già Winston Churchill: «Ogni popolo ha il governo che si merita». È stucchevole leggere le cronache dei giornali sulla crisi politica in atto, sembra che un popolo liberale, indipendente, intelligente, lavoratore, pronto a ogni sacrificio, dedito alla cura del creato improvvisamente abbia scoperto l’inconsistenza della classe politica, quasi non fosse invece tale classe, totalmente figlia del modo di vivere di questo popolo smarrito, spesso egoista e non più attaccato a nessun ideale, ideologia o visione condivisa di un vivere civile.
Ma perché la classe politica dovrebbe dare risposte sensate ai gravi problemi del Paese quando si fa fatica a trovare tra il popolo sovrano mezza idea realizzabile per provare a rispondere ai sopradetti problemi?
La globalizzazione, con la nascita di nuovi e diversamente allocati soggetti che si sono imposti quali nuovi centri economici, ha radicalmente mutato le condizioni di vita possibili del mondo europeo ed in particolare l’Italia. Per molti e storici motivi abbiamo vissuto oltre le nostre capacità economiche e ora siamo, come si suol dire, “alla frutta” e ovviamente vogliamo la frutta migliore e possibilmente fuori stagione.
La campagna elettorale è l’occasione migliore per offrire frutta a volontà e anche la carne per non dimenticare il vecchio primo: tornare cioè a sognare senza nessun segno di consapevolezza. Nessuno vi dirà che in realtà ha poco da offrire, anzi forse niente: non si acchiappano così i voti. I più furbi vi promettono ciò che non è materiale né costoso, i falsi diritti civili. Bella promessa: potrete fare tutto ciò che volete. E sembra che al popolo basti, come è bastato Beppe Grillo, un comico triste e depresso, per vincere le ultime elezioni con eletti proprio tutti del popolo, perché “uno vale uno”. Poi ci sono i celoduristi, siamo alla frutta, ma la mangiamo rovesciando il tavolo di chi ce la manda; morire dritti, sovrani, indipendentisti come i film sulla Scozia che abbiamo visto al cinema.
L’emblema più coerente sono i tipi alla De Magistris. Lui si candida perché è il migliore, ed è il migliore perché lo dice lui: mitico. Che in fondo è la fotografia della maggioranza del popolo italico, cioè quelli che si astengono. Nessuno ti può rappresentare perché nessuno la pensa come te o farebbe quello che tu faresti. Però non si candida e quindi si astiene.
Grande Winston Churchill: «Ogni popolo ha il governo che si merita».
Antonio Simone
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Vorrei proporre ciò che ho visto accadere nella prima metà di questa strana e insolita campagna elettorale, su cui, peraltro, mi sono già apertamente pronunciato a favore della coalizione di centrodestra.
1) È uscito un utile e chiaro volantino di giudizio di Comunione e Liberazione, che indica nelle parole pace, sussidiarietà, famiglia, educazione e lavoro i temi a cui ispirarsi per il voto. In particolare, mi hanno colpito i riferimenti alla «famiglia naturale in quanto luogo aperto alla vita», alla «difesa della dignità umana in tutte le sua fasi, dal concepimento alla morte naturale», alla «libertà di educazione, e quindi una vera parità scolastica», al lavoro «come strumento di creatività e di crescita umana». Tutte espressioni che confermano il solido riferimento alla dottrina sociale della Chiesa. E, sulla Verità è stata pubblicata una bella e non equivocabile intervista di Giancarlo Cesana, nella quale egli afferma che «voterò centrodestra, ma mi devo ancora informare sui candidati in zona: sceglierò chi conosco».
2) Io sono fortunato, perché nel mio collegio (quello di Milano) conosco sempre di più il candidato per la Camera Lorenzo Malagola (che si presenta nella lista di Fdi), il quale, pur essendo giovane, è già munito di una solida competenza e, soprattutto, di una grande affidabilità sui temi che più mi stanno a cuore e cioè quelli relativi alle questioni antropologiche ed alla libertà di educazione della famiglia. A questo proposito, vorrei suggerire a tutte le forze politiche di impostare il tema della libertà di educazione a partire da ciò che afferma l’articolo 30 della costituzione e cioè il DIRITTO della famiglia ad educare: occorre aiutare a limitare i costi educativi della famiglia, prima di pensare di finanziare direttamente le scuole.
3) Ho constatato, con una certa sorpresa, che alcuni amici tendono a dare retta a ciò che dice Carlo Calenda, esprimendosi più o meno così: «C’è un grave problema economico e quindi occorre votare una persona competente». Questo atteggiamento mi costringe ad alcune precisazioni. Primo: è tutto da vedere se Calenda sia effettivamente un “competente” e non vi è alcuna prova al riguardo, anche andando al suo inconcludente passato di ministro. Egli è bravo a coniare slogan “populisti”, ma non è detto che per questo sia un competente. Anzi. Secondo: la sua storia culturale e politica (proclamata anche in questi giorni) pone Calenda nel filone culturale e politico dell’azionismo, che, nel dopoguerra, è stato uno dei fattori determinanti dell’attacco (in parte riuscito, purtroppo) alla cultura cattolica. Soprattutto i cattolici devono tenere presente questo qualificante fattore. Terzo: Calenda ha sottoscritto tutte le politiche “mortifere” a favore di aborto, eutanasia, liberalizzazione delle droghe, allargamento della cultura gender e in questo senso è in totale sintonia con l’inqualificabile Enrico Letta di questo periodo (più radicale dei radicali e più odiatore degli odiatori). Non facciamoci abbagliare, quindi, da Calenda & C.
4) Questa campagna chiarisce ancora di più che il nostro impegno non termina il 25 settembre con il voto. Fin d’ora dobbiamo impegnarci a continuare ed aumentare il nostro impegno in vista del bene comune. Non è, questo, un impegno esclusivo dei politici, ma di un intero popolo, che ha il compito sussidiario di offrire la propria creatività all’intera società e di verificare che la politica non tradisca ciò che ha scritto nei suoi programmi elettorali. È troppo comodo prendersela solo con i politici. Soprattutto da un punto di vista cristiano, l’impegno inizia da ciascuno di noi in quanto appartenenti alla comunità che ci educa.
5) L’impegno più immediato, comunque, rimane quello di andare a votare il 25 settembre, dicendo a tutti le ragioni fondamentali di questa responsabilità.
6) Una nota tecnica. Con l’attuale orribile legge elettorale (che oggi viene criticata persino da chi a suo tempo l’ha votata), per non commettere errori, basta fare la croce sul partito che si preferisce: una croce sulla scheda per la Camera ed una sulla scheda per il Senato. Inutile ogni altro segno. Soprattutto, non mettiamo segni sui nomi che troveremo sulle schede. Ripeto che basta la croce sul simbolo del partito. Sempre nell’ambito della coalizione di centrodestra, è possibile votare per un partito alla Camera e per un altro al Senato.
7) Una nota su cui discutere in futuro. Le autorità cattoliche stanno spingendo i laici ad impegnarsi di più in politica e taluni lo fanno, anche se spesso trovano le porte chiuse dalle strutture parrocchiali, anche quando vengono proposte iniziative non da parte dei partiti, ma da parte di associazioni culturali cattoliche. Dico questo a seguito di una esperienza personale. Se è vero che i cattolici devono tornare ad impegnarsi, allora è tutto il corpo della Chiesa che deve adeguarsi a questa esigenza.
Concludo con una nota positiva. Il volantino di Cl dice, alla fine, che l’amicizia cristiana da cui scaturisce qualunque tipo di impegno «esiste già, non dobbiamo inventarla». Chi ha fatto l’incontro cristiano ha già tutte le ragioni per un impegno. Deve solo abbandonarsi a ciò che ha visto. Posso dire che l’attuale (piccolo) impegno in questa campagna elettorale è stato, per me, la prova che tutto ciò è vero. È vero e ineludibile l’incontro fatto, è vero e bello un impegno che continua e che mantiene giovani.
Peppino Zola
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