«Cristiani, convertitevi all’islam o andatevene». Burkina Faso il nuovo Iraq

Di Redazione
19 Settembre 2019
Nel nord del paese africano migliaia di persone sono messe in fuga dalle violenze di una milizia islamista decisa a «occupare l’intera regione del Sahel»
Funerali delle vittime dei terroristi islamici in Burkina Faso

«Nel silenzio generale in alcune aree del Burkina Faso sta avvenendo quanto accaduto nel nord dell’Iraq nel 2014. Chi crede che il fondamentalismo sia finito con la sconfitta dello Stato islamico in Iraq e in Siria, si sbaglia. Isis non è morto». Con queste parole il direttore in Italia di Aiuto alla Chiesa che soffre, Alessandro Monteduro, tenta di far comprendere al mondo la gravità della situazione del paese africano, insanguinato negli ultimi mesi dalle scorribande di jihadisti che hanno nel mirino soprattutto i cristiani.

Finora gli attacchi si sono concentrati principalmente nel nord del Burkina Faso. Solo dai villaggi di Hitté e Rounga, assaltati dai fondamentalisti islamici a inizio settembre, sono scappate 2.000 persone per rifugiarsi in una scuola della vicina Titao, nel dipartimento di Ouindigui. Qui, come ha fatto sapere sempre Acs al britannico Catholic Herald, sono ormai 7.000 i profughi giunti dai villaggi della zona.

«NON C’È PIÙ NEMMENO UN CRISTIANO»

Racconta un testimone dell’attacco a Hitté:

«All’inizio di settembre, 16 uomini sono arrivati nel villaggio e hanno intercettato gli abitanti che tornavano dai campi. Alcuni di quegli uomini hanno costretto la gente a entrare in chiesa, dove hanno minacciato i cristiani ordinando loro di lasciare le proprie case entro tre giorni. Altri intanto davano fuoco a tutto quello che trovavano sulla loro strada. Ora a Hitté non c’è più neanche un cristiano né un catecumeno».

«La mia diocesi è la più grande del paese ed è situata in una delle aree maggiormente interessate dagli attacchi», ha detto ad Acs Italia monsignor Pierre Claver Malgo, vescovo di Fada ‘Ngourma. Qui, nella parrocchia Kantchari, il 4 agosto scorso è stata bruciata una cappella. «Le violenze hanno causato un altissimo numero di sfollati di cui ci stiamo prendendo cura», conferma il presule. «Per il momento li abbiamo alloggiati nelle aule delle scuole, anche se ciò significa non poter iniziare l’anno scolastico».

LA SOLIDARIETÀ DEI MUSULMANI LOCALI

La persecuzione dei cristiani del nord del paese si è aggravata nella primavera scorsa, quando in diverse occasioni i terroristi islamici sono andati a prendere le loro vittime direttamente dentro le chiese, uccidendole senza pietà, laici e pastori. Per di più, lamentano nelle comunità colpite, le autorità del Burkina Faso finora sembrano non avere particolare intenzione di reprimere le violenze e individuarne i responsabili. Secondo il testimone citato dal Catholic Herald, a Hitté dopo l’attacco la polizia si è rifiutata perfino di recuperare le salme dei cristiani trucidati, «per ragioni di sicurezza».

Tuttavia, continua la fonte, i cristiani perseguitati del Burkina Faso non sono abbandonati proprio da tutti:

«Far fronte alla situazione si sta dimostrando molto difficile, ma ha fatto emergere uno spirito di solidarietà tra il resto della popolazione di Titao, compresi i musulmani locali, che non condividono l’estremismo radicale dei terroristi e che aiutano la Chiesa a fornire cibo e acqua per alleviare i bisogni basilari dei rifugiati».

«STANNO MANIPOLANDO I NOSTRI FRATELLI»

Ma chi sono i jihadisti che stanno tentando di trasformare il Burkina Faso in un nuovo Stato islamico? La fonte di Acs, si legge sempre sul Catholic Herald, riferisce che la «la maggior parte dei terroristi sono persone di etnia Peul (Fulani)». Ma questa ostilità storicamente non appartiene affatto ai Peul, anzi, sembra frutto di influenze estranee:

«Qualcuno sta convincendo quelle persone a prendere le armi, le sta rifornendo di armi per uccidere i loro fratelli, accanto ai quali hanno vissuto in pace per anni fino a oggi. Perché, anche se tra le file dei terroristi ci sono alcuni stranieri, la maggioranza di loro non è straniera. Sono Peul che vivono nella regione da anni. Conosciamo le loro famiglie, eppure da un giorno all’altro sono diventati nemici. Sono manipolati».

Per spiegare movente e obiettivi dei terroristi del Burkina Faso, Acs Italia riporta invece le considerazioni di monsignor Malgo:

«”Non so spiegarmi il motivo di una tale evoluzione. La nostra impressione è che si tratti di più gruppi che agiscono nella medesima area. Ma è chiaro che tutti hanno un piano: occupare l’intera regione del Sahel”. Il presule nota come le violenze non abbiano colpito esclusivamente la comunità cristiana, tuttavia “quando ad essere attaccati sono i nostri fedeli, viene sempre chiesto loro di convertirsi all’islam e di abbandonare la propria fede. Senza contare la distruzione e la profanazione di simboli religiosi cristiani”».

LA GUERRA DEL SAHEL

Come abbiamo scritto in un recente articolo, la guerra che coinvolge il Sahel, il conflitto in cui il vescovo Malgo inserisce le scorrerie in atto nel suo paese, fino a pochi anni fa ha riguardato soprattutto il Mali, si è estesa al confinate Burkina Faso a partire dal 2015. Gli attacchi sono stati condotti da Ansarul Islam, gruppo guidato dal predicatore Malam Ibrahim Dicko e diventato famoso per aver messo in discussione l’ordine sociale e religioso vigente nel nord.

I terroristi, che hanno base in Mali, hanno approfittato dello scontento della popolazione verso il governo statale (accusato di non sviluppare dal punto di vista economico e infrastrutturale l’area) e della debolezza dello Stato. Uno degli obiettivi di questi islamisti, secondo Crisis Group, sarebbe quello di estendere gli attacchi a tutto il paese per distrarre le forze antiterrorismo francesi presenti nel Sahel e mettere in difficoltà la forza militare congiunta G5 Sahel. A farne le spese sono ancora una volta i cristiani, che sempre più spesso vengono presi di mira da gruppi jihadisti per garantirsi maggiore eco in tutto il mondo.

«SERVONO PRETI CHE SOSTENGANO I FEDELI»

Secondo Aiuto alla Chiesa che soffre, la risposta più urgente al terrorismo e all’odio è «sostenere la presenza cristiana laddove i jihadisti provano a cancellarla». Conferma monsignor Malgo:

«Abbiamo più che mai bisogno di ministri di Dio che sostengano i nostri fedeli costretti ad affrontare queste difficili prove. Ma purtroppo non ve ne sono abbastanza. Nella mia diocesi siamo riusciti a costruire un presbiterio per aprire una nuova parrocchia. I cristiani attendono, ma purtroppo non ho sacerdoti da mandare».

Un appello a cui Acs risponde concretamente con una campagna per la formazione e il sostentamento dei 16 studenti del seminario di Fada’Ngourma. «Oggi è necessario il nostro aiuto in Burkina Faso», spiega il direttore di Acs Italia Monteduro: «Nuovi sacerdoti sono indispensabili alla Chiesa locale per dare forza e speranza alle coraggiose comunità di fedeli minacciate dall’avanzata dell’estremismo islamico».

Foto Acs

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