
Creso e i suoi fratelli
Gli OGM, queste strane entità rappresentate come mostri tipo Frankenstein, che avranno mai di diverso rispetto ai loro genitori naturali? E’ una domanda cruciale, perchè, anche se vi siete convinti che l’equivalenza “naturale=buono di per sè” è sbagliata (vedi il n.16 di “Tempi” o anche https://www.tempi.it/), questa convinzione non è ancora sufficiente per arrivare a una scelta vera e propria. Senza capire infatti che cosa sono gli OGM e se fanno male o no, il vostro giudizio non sarebbe ancora ragionevole.
Bene. Che cosa è un OGM? La definizione corrente ci dice che un OGM è un organismo in cui vengono introdotti artificialmente dei geni dall’esterno tramite le tecniche dell’ingegneria genetica (DNA ricombinante e trasformazione). Per ragionare sulla questione lasciatemi introdurre un paio di concetti utili.
Quel libro da sempre letto (e copiato) della natura Ogni cellula di un organismo contiene (o ha contenuto durante il suo sviluppo) più copie di un libro (il DNA) dove sono archiviate tutte le informazioni necessarie per crescere, svilupparsi e svolgere la sua funzione. La natura, oppure noi, come ricercatori, possiamo modificare il contenuto di questo libro. Anzi è impossibile che il contenuto di questo libro non sia soggetto a cambiamenti, perchè deve essere costantemente ricopiato di cellula madre in cellula figlia e ogni processo di ricopiatura comporta inesorabilmente degli errori, come sanno bene coloro che studiano i codici trascritti dagli amanuensi medievali. Ne consegue che le modificazioni del DNA sono inevitabili. Non solo; esse sono anche la sorgente della diversità su cui opera la selezione naturale. Senza diversità non può esistere selezione e quindi evoluzione e adattamento. Le modificazioni che il ricercatore può apportare sui “libri” di DNA sono 1) o di tipo casuale (l’unico disponibile fino a poco tempo fa) o 2) di tipo mirato, ma quest’ultimo si è reso possibile solo di recente tramite l’ingegneria genetica. Un organismo le cui cellule presentano tutte una modificazione mirata, è detto, come abbiamo già visto, OGM. Ormai questa definizione è stata imposta a tutti, anche agli scienziati, come l’unica vera. Il problema è che oggi questa definizione è associata all’idea che gli OGM siano mostri totalmente innaturali, quasi che l’ingegneria genetica introduca nella materia (nella carne) un veleno particolare così da contaminare irreversibilmente la materia stessa.
Il primo biotecnologo: il contadino In verità la formula “Geneticamente Modificato”, dal punto di vista del significato delle parole, vuole solamente dire che un organismo è diverso dal punto divista genetico (del DNA), ma non implica che la diversità sia dovuta necessariamente ad un intervento di ingegneria genetica.
Il punto però che gli ambientalisti non sanno (o fingono di non sapere), è che praticamente non esiste specie vegetale (o animale) coltivata (o allevata) a scopo alimentare, che non sia, già da decine quando non da migliaia di anni, geneticamente modificata rispetto alla specie selvatica. Spesso la specie selvatica non esiste più, come per la soia, oppure non è mai esistita (es. Triticale?). (Andate a vedere il Box 3, per favore!).
Farò un solo esempio, per motivi di spazio, ma gli esempi potrebbero essere migliaia.
“Creso” è una varietà di grano duro, cioè quello usato per fare la pasta.
Questa varietà è stata sviluppata nel 1974 da un gruppo di ricercatori del centro ENEA di Roma. Beh? cosa c’è di strano? Il punto è che questa pianta è il risultato di un incrocio tra una varietà americana e una italiana, la quale è stata però esposta a raggi X con il preciso scopo di indurre modificazioni nel suo DNA. Modificazioni che sono avvenute eccome, visto che questa varietà italiana è “nana” e mostra differenze anche in altri caratteri come la produttività, la qualità, la precocità…
Quante modificazioni ha subito questa varietà e quante sono state trasmesse alla varietà figlia “Creso”? Nessuno saprà mai dirlo neanche con approssimazione. Quante lettere (o parole o paragrafi o capitoli?) sono stati alterati o addirittura eliminati? Nessuno potrà mai dirlo. Noi vediamo alcuni di questi cambiamenti nell’aspetto della pianta, ma altre modificazioni sono più sottili e forse più perniciose (pensate se aumentasse la produzione di sostanze tossiche?). Altre ancora si vedono magari a livello della singola pianta solo dopo 10 o 20 generazioni (cioè 10 o 20 anni), perchè sono nascoste dalle copie ancora intatte del gene (vedi box1).
Un problema di mezzo. L’ingegneria genetica e l’affettatrice Ma se di tutte queste altre possibili ed innumerevoli mutazioni non si può prevedere l’effetto, allora l’obbiezione che le associazioni ambientaliste muovono contro gli organismi modificati per ingegneria genetica (vedi ad esempio sito internet: http://www.greenpeace.it/archivio/soia/soia.htm) deve essere applicata PER FORZA anche a questi altri organismi modificati con metodi “classici”. Se volete un paragone che a mio modesto parere vi illustri la differenza tra una mutagenesi mirata e quella classica, pensate ad un fucile ad aria compressa e ad una lupara a canne mozze (o un Kalashnikov, se preferite; vedi box 1, mutagenesi). Per le persone che non se ne intendono di armi, propongo il paragone tra un coltello da tavola senza filo e un’affettatrice da macellaio.
Quindi se nessuno ha mai mosso obbiezioni a Creso & company (cioè varietà derivate da Creso) che occupano ancora oggi il 10-15% del mercato delle sementi certificate di grano duro in Italia e che hanno nel passato (es. 1983) rappresentato oltre il 25% della superficie coltivata a grano duro (vedi box 2), allora vuole dire che non esiste un’obbiezione contro questo tipo di manipolazioni genetiche classiche sugli organismi e sull’eventuale loro pericolosità. Vi faccio notare che in media circa uno spaghetto su 4 che avete mangiato in quegli anni è stato fatto con Creso. Si accetta quindi il fatto che i ricercatori migliorino la pianta senza aspettare il solo intervento della natura e si accetta anche per questo fine che si usino mezzi da mafiosi (lupara) o da terroristi (Kalashnikov). Quindi, riassumendo, se il fine è buono (migliorare la pianta) e il mezzo “classico” è buono (l’introdurre modificazioni casuali), quello che non si accetta negli OGM da ingegneria genetica è il mezzo (cioè una modificazione molto più precisa e circoscritta e, vale a dire l’ingegneria genetica stessa). Si attribuisce quindi a questo mezzo, che, ripeto, è a mio avviso meno dirompente, un potenziale negativo. L’ingegneria genetica sembra implicare, secondo una tale interpretazione, una minore predicibilità degli effetti, una forza quasi estranea al mezzo in cui prende carne. Viene cioè rappresentata come uno spirito demoniaco che abita nell’OGM. Questo è forse in parte dovuto alle implicazioni etiche della clonazione umana che io non tratto e non intendo trattare in questa sede. Ricordo solo che la clonazione umana e l’ingegneria genetica c’entrano come i proverbiali cavoli a merenda. “Forse dietro di me e con miglior voci si pregherà perchè Cirra risponda…”, Dante, Paradiso. Io in questa sede mi riferisco a OGM di tipo vegetale o animale, coltivati o allevati a scopo alimentare.
Perché il fantasma Frankenstein non deve far paura Sulla diabolicità del mezzo avrei molto da obbiettare e cioè:
1) i metodi da ingegneria genetica sono di fatto meno dirompenti, almeno in termini quantitativi (come numero di mutazioni) e come tipo di mutazioni (raggi gamma e neutroni provocano per esempio rottura, perdite o anche duplicazioni di cromosomi, cioè di interi capitoli del libro; vedi box 1). Saranno anche più malvagi, ma mi si spieghi allora in che cosa! Anzi, a volte, nei casi dove la tecnologia è più avanzata, si riesce a introdurre una e una sola mutazione e a farla avvenire solo al capitolo terzo, paragrafo quinto, dodicesima riga, quarta parola, terza lettera. Provate un po’ a farlo con la lupara! 2) I metodi più in uso per fare piante transgeniche sono metodi che noi abbiamo imparato dalla natura stessa. Metodi che la natura ha usato da milioni di anni e i cui effetti sono ritrovati al giorno d’oggi quasi come si riscopre una tomba di un faraone con tanto di papiri che spiegano la sua vita. Le orme molecolari di questi eventi sono scritte nel DNA e possiamo stimare quando essi siano avvenuti. Mi riferisco al metodo che utilizza Agrobacterium (vedi glossario). Considerate che il metodo che noi utilizziamo è stato modificato in modo da comportare meno cambiamenti imprevedibili alla pianta. Questo metodo fa uso di un batterio “naturale” il quale è stato però “disarmato” così che in pratica viene solo introdotto un nuovo pezzo di DNA (alcune parole) che istruisca la pianta a fare qualcosa di molto specifico (es. fare più acido oleico nel seme di colza o fare più vitamina A nel chicco di riso). Se voi fate una trasformazione “naturale” i risultati sono molto drastici: piante con ridotta fertilità, foglie accartocciate, oppure tumori… etc).
3) La testimonianza della precisione chirurgica dei nuovi metodi è data dal fatto che una volta, nei processi a lupara, il numero dei mutanti utili (per lo studio o la coltivazione) era meno di 1 su 1000, mentre adesso si arriva alla metà di piante geneticamente modificate che possiedono il carattere ricercato (cioè utili).
4) Qualcuno più ferrato in genetica mi dirà che le mutazioni classiche sono in genere silenti, il chè è vero, e che quelle da ingegneria genetica sono spesso dominanti, il che significa che si vedono subito nelle generazioni successive, e anche qui posso essere d’accordo. Ma, mi dispiace per chi ha fatto l’obbiezione, questa si ritorce contro di lui. Se è vero che sono dominanti, allora l’effetto appare subito e non mi sembra il caso di preoccuparsi per ipotetici effetti nascosti. Al contrario sono le mutagenesi classiche a rimpinzare il genoma di mutazioni recessive che sono silenti fino a quando non vengano esposte dalla riproduzione (tecnicamente si dice che vanno in omozigosi). Inoltre molti genomi vegetali (l’insieme dei geni, cioè) sono composte non da due copie molto simili del libro (individui diploidi) ma da tre, quattro o più copie così da rendere la genetica, e quindi la ricomparsa dei caratteri, estremamente difficile da prevedere e studiare.
5) Se non siete ancora convinti, potreste obiettare che, se anche si può ammettere che il metodo in uso per mettere i geni nelle piante è simile a quello naturale, in compenso i geni che trasferisco sono tutto meno che naturali. L’obbiezione sembra avere fondamento, perchè credo che nessuno abbia mai visto un gene della fragola nel salmone e viceversa, oppure un gene umano nella colza. Considerate però che il trasferimento orizzontale di geni, non quello solito che avviene tra genitore e figlio, ma quel trasferimento che avviene tra individui che hanno altre relazioni di parentela o che addirittura non ne hanno (come un batterio microscopico e una pianta o un animale) è una cosa comunissima. Studi di pochi anni fa dimostrano che quando un topo mangia del cibo, il DNA che è presente nel cibo può inserirsi, con una certa frequenza, nelle cellule del topo e addirittura, se la topina è incinta, nelle cellule del feto. Questi topi, in termine tecnico, sono delle chimere, cioè sono in parte, magari piccola, OGM e in parte “naturali”. Hanno trovato per esempio un pezzo di gene di un batterio (naturale DOC) o un frammento di batteriofago (virus dei batteri, naturale anche questo) inserito tra geni di topo (certamente naturali). Considerando quanto DNA viene mangiato ogni giorno sul nostro pianeta anche solo dagli uomini, potrebbe essere possibile che un gene di una fragola o di un maiale venga inserito tra i nostri geni in maniera altrettanto efficace come se l’inserzione fosse fatta dagli ingegneri genetici. Insomma, per dirla con una battuta suggerita da un genetista, in fondo siamo tutti parenti tra esseri viventi e qualche volta ci facciamo anche visita. Non per questo diventiamo fragole (o maiali, come suggerisce un premio Nobel).
Il resto alla prossima puntata.
*Ricercatore, docente del corso di Biotecnologie, Università di Milano con la collaborazione di Laura…..
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