L’era dei diritti gratuiti e della libertà a pagamento

Di Carlo B. Scott-Visconti
23 Luglio 2021
Se ti ricoveri paghi: nessuno applicherebbe il ragionamento invocato per i no vax all'aborto, ma la libertà di scelta (vedi scuole non statali), se non è nel "perimetro del sistema", è già stata ridotta a licenza
L'Open Night per le vaccinazioni anti covid dei ragazzi dai 18 ai 28 anni a Torino
L'Open Night per le vaccinazioni dei ragazzi dai 18 ai 28 anni a Torino (foto Ansa)

«In cambio della libertà di scegliere se vaccinarsi o no, si potrebbe chiedere un piccolo contributo rispetto al costo totale del ricovero in terapia intensiva. Si tratterebbe soltanto di 1.000-2.000 euro al giorno. Sì, al giorno. Il resto, ovvero i costi di infermieri, medici, medicine ed altro necessario alla cura, sarebbero esclusi dal computo perché quelli ce li passa lo Stato. Per ora, e fintanto che il sistema non finisca dissanguato». Ilaria Capua, sul Corriere di mercoledì 21 luglio 2021. A chiosa dell’art.32 Cost.?

Lo stesso ragionamento sarebbe improponibile, alle stesse circostanze di copertura e attenzione mediatica, se fatto ad esempio a proposito dell’aborto. La constatazione di questa impossibilità ci permette in realtà di cogliere una dimensione prospettica in grado di farci intravedere con chiarezza un elemento interessante. Un importante slittamento concettuale e prima ancora pratico nella struttura effettiva della cittadinanza: il discrimine, profondo e reale, tra diritto (gratuito, universale, obbligatorio per il servizio che lo deve erogare – no obiezione di coscienza -, determinato nel suo contenuto e nelle condizioni di accesso dal regolatore/admin di sistema) e libertà (personale in quanto a decisione, contenuto e condizione di esercizio, tollerata, a pagamento).

La riduzione della libertà a licenza

Naturalmente perché si provochi questa distinzione occorre che avvenga (e avviene da decenni) una torsione per cui:

  1. ad esempio un comportamento depenalizzato viene prima percepito e solo poi definito come diritto, se e in forza del fatto che la sua depenalizzazione si ha a condizione che il comportamento stesso sia agito alle condizioni date dal servizio pubblico.
  2. d’altro canto la libertà di scelta non è più una opzione che ha a che fare con la costruzione della dimensione pubblica, ma si configura come licenza (concessa a pagamento) di non compiere una azione, sentita prima che sancita come necessaria quando e in quanto posta in essere alle condizioni date dal sistema.

In sostanza: se stai nel sistema alle sue condizioni hai una serie (ampia e in aumento) di diritti universali e gratuiti, se esci dal perimetro non di ciò che è legale, ma di quanto previsto dal sistema, dalla sua offerta e dalle sue condizioni, ti paghi la licenza per usare la tua libertà.

Per intenderci: la scuola non statale è già, fin dagli albori della Repubblica e nonostante il riconoscimento formale della sua natura “pubblica”, una licenza e non un diritto.

Come ai tempi del Kombinat

Il sistema del Kombinat non era essenzialmente diverso. A ognuno veniva dato, semplicemente per effetto della sua appartenenza al complesso industriale, il livello di servizi (sanità, istruzione, abitazione, dotazione di beni, vacanze) corrispondente alla funzione svolta. «A ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue capacità»: bisogni e capacità determinati dal sistema.

Cosa può centrare un rottame della storia come l’economia sovietica con la nostra attuale situazione? Penso che difficilmente sia rintracciabile un esempio più iconico (per quanto non andato a buon fine) di contesto di vita associata in cui un “sistema” garantiva esplicitamente dei “diritti” (in quel caso pochi e ridotti, ma in ogni caso il massimo che quel sistema riusciva a produrre) per effetto esclusivo e diretto dell’inserimento della persona al suo interno.

Non a caso il Kombinat costituiva l’elemento base del progetto di una economia non monetaria. Cosi avrebbe dovuto diventare l’economia sovietica: il rublo era e doveva essere sempre più carta straccia. E così sarebbe avvenuto se non ci fosse stata la necessità vitale del mercato nero, in un sistema incapace di produrre e distribuire in tempi, quantità e qualità adeguata ciò che era necessario.

Diritti gratuiti, libertà a pagamento

Ma se invece, come forse sta cominciando ad avvenire sotto i nostri occhi, il “sistema” (non solo Stato, ma anche Impresa, e servizi pubblici) fosse capace di progettare, realizzare e incrementare una ampia gamma di beni e diritti, sempre più garantiti e tendenzialmente gratuiti? La logica (e quindi la struttura della partecipazione dell’individuo alla vita sociale, cioè la dimensione della “cittadinanza”) rimarrebbe la stessa (l’abolizione del denaro non tracciabile va in quella direzione?): tutto ciò che verrebbe chiesto è rimanere funzionalmente nel perimetro di quanto il sistema prevede, offre e realizza, alle sue condizioni.

Questa l’unica condizione per avere “diritti”: nel perimetro del sistema, alle condizioni di cui il sistema è l’unico detentore. Così la libertà di scelta al di fuori da questo perimetro diventa una licenza, di cui si può chiedere il pagamento («non ti sei vaccinato – perimetro/condizione – e sei finito in terapia intensiva? Paghi il prezzo della tua libertà da “mercato nero” dell’extra sistema»). Licenza, e non più un diritto costitutivo, cioè che costituisce/costruisce la “Res Publica”.

Post scriptum. Tutto questo non ha nulla a che vedere con gli obblighi che la legge può dettare in merito ad alcuni comportamenti: l’ambito e il contesto in cui va inteso quanto scritto è costituito da ciò che è lecito fare. In quest’ambito si coglie la profonda faglia che va formandosi tra “diritto” e “libertà”.

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