Covid 19 e cure domiciliari. La sentenza del Consiglio di Stato lascia perplessi

Di Claudio Borgoni
05 Maggio 2021
Annullata la decisione del Tar del Lazio e ripristinata la nota Aifa, che prevede quale protocollo di cura domiciliare la sola somministrazione di paracetamolo e la «vigile attesa»
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Tratto dal Centro studi Livatino – Il Consiglio di Stato, con provvedimento in data 23/4/2021, ha riformato l’ordinanza cautelare 4/3/2021 del Tar Lazio, e ha ripristinato la nota Aifa del 9/12/2020, che prevede quale protocollo di cura domiciliare la sola somministrazione di paracetamolo e la «vigile attesa»: il che vuol dire riduzione della libertà di cura in scienza e coscienza.

Il Consiglio di Stato, con ordinanza n.2221/2021 del 23 aprile 2021, ha accolto l’appello proposto dal ministero della Salute e da Aifa-Agenzia italiana del farmaco contro l’ordinanza cautelare n. 1412/2021 del 4 marzo 2021 del Tar del Lazio: con esso tale Collegio aveva disposto la sospensione della nota Aifa del 9 dicembre 2020, che dettava le linee guida per curare a domicilio le persone colpite da Covid-19, prevedendo unicamente somministrazione di paracetamolo e “vigile attesa”.

La nota Aifa sulle cure domiciliari

La nota Aifa era stata impugnata dal “Comitato cura domiciliare Covid 19” e il Tar Lazio aveva accolto la richiesta di sospensiva, riconoscendo il diritto/dovere dei medici «di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza (…) che non può essere compresso nell’ottica di una attesa, potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi».

Il Consiglio di Stato, accogliendo l’appello del ministero della Salute e di Aifa, ha affermato che «la natura dell’atto impugnato porta ad escludere l’esistenza di profili di pregiudizio dotati dell’attributo dell’irreparabilità, dal momento che la nota Aifa non pregiudica l’autonomia dei medici nella prescrizione, in scienza e coscienza, della terapia ritenuta più opportuna», e che sospendere la nota Aifa fino alla definizione del giudizio di merito determina «il venir meno di linee guida, fondate su evidenze scientifiche documentate in giudizio».

La decisione del Consiglio di Stato

Sulla prima affermazione, se è vero che la nota Aifa non preclude al medico di operare secondo scienza e coscienza, adottando le terapie ritenute più idonee, è però evidente come il discostarsi dal rispetto delle linee guida comporti per il professionista una significativa assunzione di responsabilità dalle quali andrebbe altrimenti esente. Ciò si traduce nel mantenimento di un ostacolo che rende più difficoltoso l’esercizio della professione medica.

Anche la seconda affermazione del Consiglio di Stato non è condivisibile.  L’ordinanza cautelare impugnata rimuoveva linee guida che prescrivevano un’attesa definita dallo stesso Tar Lazio «potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi», e ciò ha avuto come conseguenza un elevatissimo numero di ricoveri in ospedale, specialmente nelle terapie intensive. La rimozione della nota Aifa avrebbe favorito la possibilità di un intervento tempestivo da parte dei medici e il ricorso alle cure domiciliari.

La mossa del Senato

Il 9 aprile il Senato ha approvato con 212 voti favorevoli, 2 contrari e 2 astensioni l’ordine del giorno firmato da tutti i gruppi parlamentari affinché il governo si attivi per l’istituzione di un protocollo unico nazionale per la gestione domiciliare dei malati Covid, confermando così la necessità di eliminare le linee guida Aifa, ora ripristinate dal Consiglio di Stato.

L’appello proposto dal ministero della Salute ha ottenuto quindi di ripristinare un protocollo, che di fatto si traduce in una dichiarazione di impossibilità di cura integrante la fattispecie declinata dall’art. 4 co. 1 lett. c) del Regolamento CE n. 507/2006 in tema di autorizzazione all’utilizzo di farmaci sperimentali: tale disposizione afferma che l’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco può essere rilasciata anche quando non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia del medicinale, purché tra le altre condizioni il medicinale risponda ad «esigenze mediche insoddisfatte». 

Scelte adeguate sul Covid 19

Il comma 2 del medesimo articolo specifica che con la locuzione «esigenze mediche insoddisfatte» si intende «una patologia per la quale non esiste un metodo soddisfacente di diagnosi, prevenzione o trattamento autorizzato nella Comunità o, anche qualora tale metodo esista, in relazione alla quale il medicinale in questione apporterà un sostanziale vantaggio terapeutico a quanti ne sono affetti».

L’auspicio è che la sollecitazione quasi unanime proveniente dal Senato induca il ministero della salute e Aifa a scelte differenti e meno conflittuali.

Foto Ansa

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