
Così san Escrivá ci ha insegnato che niente nella vita è estraneo a Lui

Articolo tratto dal numero di gennaio 2021 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
Per un napoletano, una persona che osserva una puntualità molto precisa ha qualche problema psichico; mentre dire “non mi far perdere tempo” è un’offesa. Ma, leggendo le omelie di san Josemaría, anche un napoletano si convince che la puntualità e il buon uso del tempo sono un modo di mettere in pratica la volontà di Dio. A parte il fatto che nella cultura napoletana, anche se la fretta non è apprezzata, è insita la capacità di raggiungere l’obiettivo in poco tempo e con poco sforzo…
Ma non divaghiamo, l’aspetto dell’insegnamento di san Josemaría che colpisce è l’idea di fondo dell’unità di vita: non c’è una dimensione dell’esistenza che non abbia relazione con Dio. Quel poco di formazione cristiana che avevo prima di conoscere l’Opus Dei era di tipo devozionale: dedicare a Dio alcuni momenti e poi pensare ai fatti miei, possibilmente onestamente. Invece san Josemaría mi ha fatto scoprire che la vita cristiana è un poema d’amore in cui tutto mi parla di Gesù: dall’impegno professionale all’innamoramento, dall’amicizia al divertimento. D’altra parte basta leggere il Nuovo Testamento per convincersi che così stanno le cose, semmai rabbrividendo quando nell’Apocalisse si parla della tiepidezza.
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