Così l’isteria sul clima ha distratto il mondo dalle catastrofi reali

Di Bjørn Lomborg
07 Aprile 2022
A pochi giorni dall’invasione dell’Ucraina, i leader del pianeta al World Economic Forum si ripetevano ancora che il problema più grave era il riscaldamento globale
Bombardamento russo a Kharkiv, Ucraina
Un edificio in fiamme a Kharkiv, Ucraina, in seguito a un bombardamento russo, 28 marzo 2022 (foto Ansa)

Nel corso dell’ultimo decennio, l’ossessione dell’élite globale per il cambiamento climatico ha distolto l’attenzione dai molti altri problemi gravi che affliggono il pianeta, resi evidenti nel modo più drammatico dall’invasione dell’Ucraina. I leader dell’Europa occidentale avrebbero dovuto passare l’ultimo decennio a diversificare le fonti di energia e ad ampliare il ricorso al gas di scisto, anziché a smantellare centrali nucleari e a diventare pericolosamente dipendenti dalla Russia. Ma l’incombere della guerra non è affatto l’unica cosa che sono riusciti a ignorare.

Il compito più grande che l’umanità deve affrontare oggi resta quello di strappare la maggioranza del mondo alla povertà assoluta. E questo può avvenire soltanto offrendo ai paesi poveri fonti energetiche esaurienti e affidabili. È così che il mondo ricco è divenuto prospero, ed è così che la Cina ha tirato fuori dalla povertà quasi un miliardo di persone. Eppure, sebbene i paesi del mondo ricco siano alimentati prevalentemente con energia da combustibili fossili, l’élite ha fatto di tutto per rendere tali fonti energetiche sia più costose che meno accessibili ai più poveri del mondo.

In questo momento ci stiamo ancora riprendendo dalla peggiore pandemia da un secolo a questa parte. Sull’economia globale incombono inflazione, difficoltà di approvvigionamento e forse perfino una recessione. Le autocrazie si stanno riaffermando, mentre i più vulnerabili già tornano a sperimentare crisi alimentari. Tubercolosi, malaria e malnutrizione – tutte piaghe gestite efficacemente nel mondo ricco – ancora mietono milioni di vittime ogni anno nei paesi poveri.

Tuttavia i maggiori donatori e le organizzazioni per lo sviluppo sono sempre più concentrati sulla ricerca di soluzioni ai problemi climatici. L’Ucraina era già stata invasa da un mese quando il capo delle Nazioni Unite – un organismo dedito a garantire la pace nel mondo – si è messo a lanciare l’allarme per la «catastrofe climatica» e la «sicura distruzione reciproca» causate dalla «dipendenza» dai combustibili fossili.

Dire che mentre montavano concrete minacce il mondo ricco era intento ad armeggiare con i pannelli solari e a mettere al bando le cannucce di plastica, sarebbe un’esagerazione. Ma nemmeno troppo.

Ebbene, come sono riuscite le élite a far precipitare le cose a tal punto? Una ragione è che per anni i media hanno descritto l’impatto del cambiamento climatico come qualcosa di tremendo. Quasi qualunque disastro naturale oggi viene abitualmente addebitato alla crisi climatica, ogni nuovo uragano viene sventolato come ennesima dimostrazione della follia umana. Eppure nel passato gli uragani uccidevano molte più persone. Un importante articolo scientifico del mese scorso attesta «andamenti decrescenti» per frequenza e intensità degli uragani a livello globale. I dati mostrano che l’anno scorso il mondo ha avuto il minor numero di uragani mai registrato nell’era dei satelliti, e la loro intensità complessiva è stata tra le più basse.

L’impatto reale del cambiamento climatico è molto più sfumato. Il panel degli scienziati del clima dell’Onu ritiene che un mondo più caldo significherà un minor numero (bene) di uragani, ma dotati di più forza (male). Questo nel complesso aumenterà i danni (male), ma poiché il mondo diventerà anche più ricco e più resiliente, in termini relativi i danni continueranno a diminuire, solo un poco più lentamente. È un problema che non dobbiamo ignorare. Ma è ben lontano dall’essere una catastrofe. I danni globali causati dal clima continuano a calare in percentuale sul Pil, e le morti per disastri climatici sono crollate del 99 per cento in un secolo.

Per avere la percezione più esatta di cosa dobbiamo aspettarci davvero da un pianeta in via di riscaldamento, dovremmo rivolgerci alle stime dei danni ricavate con i modelli utilizzati dall’amministrazione Biden, e da quella di Obama prima di lui, per impostare le politiche climatiche. Queste stime rivelano che l’intero costo globale del cambiamento climatico – non limitatamente all’economia, ma in tutti gli ambiti – da qui alla fine del secolo sarà inferiore a un impatto di 4 punti di Pil.

E ricordate: secondo le stime della stessa Onu nel 2100 l’individuo medio sarà più ricco del 450 per cento rispetto a oggi. A causa del riscaldamento globale, cioè, si arricchirà “solo” del 434 per cento. È un problema ma – contrariamente a come viene rappresentato – non esattamente catastrofico.

Per i paesi ricchi, il restringimento dell’attenzione agli obiettivi climatici mina la prosperità futura. Il mondo spende già ogni anno oltre 500 miliardi di dollari per le politiche climatiche, mentre nel corso degli ultimi decenni la spesa dei governi del mondo ricco per l’innovazione in ambiti come la sanità, lo spazio, la difesa, l’agricoltura e la scienza è andata diminuendo in percentuale rispetto al Pil. Ma si tratta degli investimenti che sostengono la nostra crescita futura. Il reddito del mondo ricco è rimasto quasi fermo in questo secolo, al pari di un rendimento stagnante o in declino in ambito educativo. Tutto ciò a fronte della Cina, dove invece la spesa per innovazione aumenta del 50 per cento, l’educazione migliora rapidamente e il reddito medio è quintuplicato dal 2000.

E cosa ancor più allarmante, malgrado l’impegno straordinario, stiamo fallendo anche l’obiettivo di risolvere il cambiamento climatico. L’anno scorso si sono registrate le emissioni di Co2 più alte di sempre.

Nei primi mesi di quest’anno, l’élite del mondo si è radunata per il World Economic Forum e si è sentita chiedere di indicare «il rischio più grave su scala globale dei prossimi 10 anni». L’assurda risposta è stata «il fallimento degli interventi per il clima» – questo poco prima che la Russia iniziasse a bombardare Chernobyl e Kiev.

Il mondo ha davanti numerose sfide, non soltanto quelle che ottengono maggiore attenzione mediatica. Il clima deve essere affrontato con maggiore efficacia finanziando ricerca e sviluppo nel campo delle fonti di energia pulita affinché queste battano la concorrenza dei combustibili fossili. Bisogna fronteggiare l’espansionismo autoritario in Ucraina e altrove. E per garantirsi prosperità nel lungo periodo, il mondo necessita di più energia e a costi inferiori, di un’educazione migliore e di più innovazione. Dobbiamo riprenderci la nostra prospettiva per superare gli eccessi elitisti sul cambiamento climatico.

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