
Cosa voleva dire Giorgetti?

Caro direttore, alcune settimane fa, ti segnalavo che l’Italia si sta trasformando, a poco a poco, in una Repubblica presidenziale, mentre l’attuale Costituzione configura, senza ombra di dubbio, una repubblica parlamentare. E aggiungevo che tutto ciò appare illegittimo, senza una profonda riforma della seconda parte della stessa Costituzione. In questi giorni, si è verificato un fatto molto singolare (che non ha precedenti), che conferma la tendenza in atto, ma con una aggravante che vorrei segnalare ai tuoi lettori.
Il ministro Giancarlo Giorgetti, solitamente molto “equilibrato” e pieno di buon senso, ha proposto, senza giri di parole (unico aspetto positivo dell’accaduto), che l’attuale premier Draghi, alla scadenza prevista nella prossima primavera, venga eletto presidente della Repubblica, perché dal Quirinale potrebbe comunque governare il convoglio chiamato (fino ad ora) Italia. Con tutta sincerità, devo dire che mi sembra una proposta assolutamente illogica e, comunque, anticostituzionale.
Se Giorgetti vuole cambiare il nostro sistema istituzionale in senso presidenzialista o semipresidenzialista, “prima” deve cambiare la Costituzione. Il giochino non può passare attraverso l’elezione al Quirinale di una persona certamente autorevole, ma non fino al punto di potere cambiare unilateralmente la Costituzione vigente, per modificare la quale la stessa legge fondamentale prevede procedure specifiche e certamente non brevi. Vorrei ricordare a Giorgetti che i poteri del presidente della Repubblica sono stabiliti dagli articoli 83-91 della Costituzione e che fra di essi non vi sono i poteri esecutivi, che spettano solo al Governo (mi scuso per dovere dire questa banalità), mentre al Parlamento spetta il potere legislativo ed alla magistratura quello di applicare (non fare) le leggi (anche se Palamara ci ha dimostrato che le mire sono state altre).
In particolare l’articolo 84 stabilisce che «l’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica»; l’articolo 87 prevede che «il presidente della repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale» (e non una “parte” come capita a chi governa in democrazia); mentre, proprio in vista della sua funzione, l’articolo 90 stabilisce che «il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni». Di fronte a tutto ciò non capisco come il ministro Giorgetti abbia potuto anche solo pensare alla proposta che ha reso pubblica.
Mi preoccupa molto questo problema istituzionale, anche perché mi pare di percepire, da parte di tutti i “grandi” (così detti senza più ironia, mi sembra), il desiderio che i poteri esecutivi vengano allargati il più possibile. Mi sembra che i governi democratici dell’Occidente abbiano, in fondo, una certa invidia della Cina, che riesce ad assumere in pochi giorni (se non ore) decisioni che, invece, impegnano le democrazie per mesi se non anni.
Certamente, occorre rendere sempre più efficienti le democrazie, ma ciò deve avvenire in modo, appunto, “democratico”, senza affidarsi a qualche uomo della provvidenza senza rispetto per le regole vigenti. La prima regola dovrebbe essere questa: se si sceglie un regime presidenziale, allora il presidente deve essere eletto dal popolo e non da altri. Vie surrettizie o scorciatoie sono sempre pericolose per la democrazia.
Peppino Zola
Caro Peppino, tu hai certamente ragione, ma a mio parere la preoccupazione di Giorgetti era un’altra. Mi spiego: quel che tu dici è inappuntabile e fa un po’ ridere (e un po’ piangere) che certi commentatori – vedi Carlo Verdelli -, fino a ieri “adoratori” della Carta (quando c’era da dare addosso a Berlusconi), ora dicano: “La Costituzione dice altro? Amen”.
Tanti buu ma Giorgetti dice il vero: guida #Draghi ovunque lo si metta, Quirinale compreso. La Costituzione dice altro? Amen, almeno finché l’Europa ci finanzierà la ripartenza e i partiti usciranno dal coma. Abbiamo il primo premier multilateral.
— Carlo Verdelli (@CarloVerdelli) November 3, 2021
Però, appunto, Giorgetti ha detto quelle cose per porre un problema tutto politico e, in particolare, tutto interno alla Lega (infatti, come hai visto dal dibattito sui quotidiani, di questo si è parlato nei giorni seguenti).
Per come la capiamo noi, però, è un tema che riguarda il Carroccio (lo spostamento al centro, l’adesione al Ppe, l’abbandono di certi toni sovranisti…), ma non solo: riguarda tutti i partiti. E li riguarda tutti perché essi contano sempre meno, scontando un declino che, da Mani Pulite a oggi, si fa ogni giorno e ad ogni tornata elettorale più evidente (e che l’aumento dell’astensione, ad ogni giro, è lì a ricordarci).
Draghi – come lo fu Monti – è un sintomo di questa situazione. Poiché ogni volta, o per i risultati del voto o per i litigi, i partiti non riescono a governare, deve arrivare il cavaliere bianco a risolvere la situazione. È la situazione ideale? Direi di no, ma se guardi la nostra storia recente, è successa già diverse volte.
Per questo, a me pare che il ragionamento di Giorgetti – oltre a tutta la parte sul discorso interno leghista su cui non mi dilungo – sia piuttosto “pragmatica”, come è nello stile del ministro. Volgarizzo tagliando le parole con l’accetta: “Ragazzi, i soldi che arrivano dall’Europa e la nostra credibilità come Paese dipendono dall’autorevolezza di Draghi. Se non c’è lui a garantire, non esistendo al momento alternative credibili, affondiamo. Troviamo un modo per continuare a coinvolgerlo”.
Il semi-presidenzialismo è una boutade per attirare l’attenzione o una vero progetto politico? Sinceramente sulla seconda ipotesi ho dei dubbi (di presidenzialismo e semipresidenzialismo se ne parla da decenni, quindi campa cavallo). Quel che so è che, al di là delle sciocchezze di Verdelli, il problema esiste. Ed è pure bello grande.
Foto Ansa
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!