Copti trucidati in Egitto. «Monito chiaro e minaccioso per tutto l’Occidente»

Di Francesca Parodi
10 Aprile 2017
Ogni giorno nel mondo muoiono 10 cristiani a causa della loro fede. Un libro del giornalista di Avvenire Nello Scavo, "Perseguitati", racconta le loro storie. Intervista all'autore

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Ogni giorno nel mondo muoiono 10 cristiani a causa della loro fede. Le persecuzioni non appartengono al passato, sono ancora un dramma attuale che prende forma in maniera diversa a seconda del paese. In Siria i cristiani si nascondono nelle catacombe, dormono in sarcofagi di pietra e vivono al buio, abitando delle vere e proprie città sotterranee. In Iraq gli uomini vengono sterminati e le donne rese schiave sessuali, come la ragazza trovata legata a un letto, con il corpo martoriato e una croce di legno piantata nella pancia. In Turchia bambini cristiani dagli 8 ai 12 anni vengono sfruttati in campi di lavoro, come nelle sartorie che producono, tra l’altro, le tute mimetiche poi vendute ai militari dell’Isis. Ma le persecuzioni non avvengono solo per mano di estremisti islamici: si consumano anche in moltissimi paesi asiatici, dell’America latina e dell’Africa, e alcune forme di violenza o discriminazione non vengono risparmiate nemmeno in Europa.

A raccontare queste storie è il giornalista Nello Scavo, cronista di Avvenire, nel suo ultimo libro edito da Piemme e intitolato, lapidariamente, Perseguitati. Il libro è nato a seguito dei suoi moltissimi viaggi e reportage in cui ha raccontato storie di martirio quotidiano, scoprendo che il 75 per cento delle violenze perpetrate contro una religione riguarda oggi i cristiani. «Il motivo religioso però non è quello principale» spiega l’autore a tempi.it. «Per la maggior parte, si tratta di lotte di potere. Nei paesi del medio oriente, per esempio, i cristiani vengono sacrificati per affermare la superiorità di forza dei gruppi islamici. Ad oggi, 12 paesi sono coinvolti direttamente nella guerra (più i loro alleati che intervengono in maniera indiretta) e ci sono ben 92 gruppi islamici spesso contrapposti in lotte intestine. I cristiani, che costituiscono la minoranza, finiscono in mezzo a questa violenza perché sono un bersaglio facile e perché, colpendo loro, i gruppi islamici danno un messaggio forte alle potenze occidentali che appoggiano i loro nemici».

In altri casi invece, il cristianesimo viene preso di mira in quanto portatore di discontinuità. «In paesi come la Cambogia, il Vietnam o la Birmania, i cristiani non si limitano alla preghiera, ma chiedono risposte ai problemi sociali. Non è un caso che lì la maggior parte dei sindacalisti siano di fede cristiana. Questa loro partecipazione attiva alla vita politica disturba la tradizione buddista locale che promuove un’esistenza passiva e rassegnata di fronte alle sofferenze per meritarsi una buona reincarnazione nella vita futura». Così come nell’America latina, dove i cristiani sono impegnati nella lotta al narcotraffico e per questo risultano vittime di rapimenti e omicidi.

O ancora, «in Africa, all’inizio di quest’anno, è stato ucciso un sacerdote che denunciava lo sfruttamento dei lavoratori nelle miniere di minerali utilizzati da famose multinazionali dell’automobile». Le motivazioni religiose, sostiene Scavo, sono ovviamente reali, ma sono strumentalizzate e fanno leva sull’ignoranza: «Ho parlato con diversi mujaheddin che non sapevano neppure che Gesù fosse citato più volte nel Corano». Quello che colpisce di più Scavo è la mancanza di attenzione del mondo occidentale a un problema così diffuso. «È paradossale, per esempio, che i profughi cristiani vedano l’Europa come una sorta di nuova Terra promessa, ma quando arrivano in Ungheria si scontrano con una realtà ben diversa. Spesso trovano maggior accoglienza nei centri islamici lungo i Balcani».

Se l’Europa non si mostra decisa a difendere le sue radici cristiane, l’Isis è invece intenzionato a minarle. Anche il doppio attentato in chiesa in Egitto, sostiene Scavo, ha precise ragioni politiche e strategiche: «Il paese è lacerato da scontri interni e i cristiani rappresentano le vittime perfette perché costituiscono la minoranza. Bisogna poi considerare il fatto che i copti sono radicati nel territorio (si stabilirono in Egitto nei primi secoli della cristianità) e che la modalità d’attacco, avvenuto contemporaneamente in due città con l’uso di esplosivo, dimostra un’ottima capacità militare, ben diversa dagli ultimi attentati con i camion. Se a questi elementi si sommano le tempistiche, proprio alla vigilia della Pasqua e della visita del Papa in Egitto, si capisce che gli attentati rappresentano un chiaro e minaccioso monito per tutto l’Occidente».

@fra_prd

Foto Ansa

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