Contro il climate change il paese di Greta tifa nucleare (ditelo ai ragazzi in piazza)

Di Caterina Giojelli
01 Dicembre 2019
In Svezia crescono a dismisura i supporter dell'energia atomica "carbon free". Merito delle battaglie per salvare il pianeta. E degli scienziati osannati da Thunberg e Fridays for Future

[afto]

Chissà se lo sanno, i ragazzi in piazza per i Fridays for Future: nel paese di Greta si tifa nucleare. E non poco. Secondo un sondaggio Novus, condotto a ottobre per un gruppo di analisi finanziato dall’industria energetica, il 78 per cento degli svedesi (l’anno scorso erano il 71) considera il nucleare l’alternativa più efficiente e sicura ai combustibili fossili, si dice favorevole alla costruzione di nuove centrali (43 per cento) o all’utilizzo a vita dei reattori già presenti del paese (35 per cento): otto nelle tre centrali operative e che da soli producono circa il 40 per cento dell’elettricità del paese. Scende all’11 per cento la quota di chi vuole invece smantellare gli impianti e chiudere i conti con l’atomo.

LE VIRTÙ DEL NUCLEARE “NO CARBON”

La Svezia rappresenta il caso della più rapida installazione di potenza “carbon-free” pro-capite finora verificatosi nella storia dell’energia. Tra il 1970 e il 1990, facendo ricorso al nucleare ha dimezzato le sue emissioni totali di carbonio e ha ridotto di oltre il 60 per cento le emissioni per abitante. Nonostante il paese conti ora di ricavare tutta la sua energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2040, grazie soprattutto all’espansione dell’eolico a rimpiazzo delle impegnative centrali nucleari, nel paese di Greta Thunberg il dibattito sui benefici rispetto a costi e pericoli del nucleare sta ritrovando terreno: soddisfa la domanda di energia, genera ed esporta elettricità priva di fossili costantemente e indipendentemente dalle condizioni meterologiche.

Secondo gli esperti il consenso è salito proprio grazie alle battaglie per il cambiamento climatico, che hanno coinvolto un ampio fronte di persone rendendole più consapevoli del basso impatto dell’energia nucleare sul clima. Persone che nonostante gli incidenti di Three Mile Island del 1979 in Pennsylvania, il disastro di Chernobyl del 1986 e quello di Fukushima del 2011, in seguito ai quale l’opinione pubblica era compatta nel volere il decommissioning degli impianti per liberarsi da ogni rischio di panne o incidente, stanno iniziando a ripensare all’energia atomica come parte fondamentale nella strategia di contrasto al climate change.

SULL’ATOMO GRETA NICCHIA

Un fronte che sta raccogliendo tantissime adesioni tra i giovani e le donne, che a dispetto del successo di serie tv come Chernobyl (furono proprio i ricercatori svedesi della centrale nucleare di Forsmark a rilevare, il 27 aprile 1986, un’impennata dei livelli di radioattività e chiedere lumi a Mosca, che negò tutto) si dicono assolutamente sicuro del funzionamento delle centrali svedesi. «Per far fronte al riscaldamento globale, dobbiamo smettere definitivamente con l’energia nucleare o dobbiamo scommettere sulle energie non inquinanti? A questa domanda Greta Thunberg non risponde», ha fatto notare Alain Finkielkraut parlando del movimento scatenato dalla giovane attivista. Che sull’uso della risorsa più impopolare tra gli ambientalisti un po’ nicchia, un po’ no:

«Personalmente sono contraria all’energia nucleare, ma secondo l’Ipcc può essere la piccola parte di una grande soluzione per avere energia non carbon, soprattutto nei paesi e nelle zone che non hanno la possibilità di avere un rifornimento di energia rinnovabile su larga scala – anche se è estremamente pericolosa, costosa e che richiede tempo. Ma lasciamo il dibattito fino a quando non inizieremo a guardare al quadro complessivo».

L’OSANNATO IPCC INVECE È CHIARISSIMO

Peccato che l’Ipcc, gruppo intergovernativo dell’Onu sul cambiamento climatico che nel 2007 con Al Gore fu insignito del Nobel per la Pace, stracitato da Greta, affidi al nucleare tutt’altro che una “piccola parte” nel ridurre le emissioni di gas effetto serra: in un rapporto speciale pubblicato lo scorso anno sugli impatti dei cambiamenti climatici e su cosa dovrebbe essere fatto per limitare gli aumenti di temperatura a 1,5 °C viene riconosciuta la necessità del nucleare, capace di forniture di elettricità sicure, affidabili e scalabili («la valutazione comparativa del rischio mostra che i rischi per la salute sono bassi per unità di produzione di elettricità», il fabbisogno di terreni è «inferiore a quello di altre fonti di energia»), parte importante di un’efficace risposta globale.

Il tema non è affatto nuovo: da tempo gli scienziati dicono che per prendere seriamente la minaccia del global warming è necessario abbracciare e diffondere l’energia nucleare. Ma tra i ragazzi in piazza riuniti dagli slogan “tutto rinnovabili” e “science not silence” neanche un cartello “forza atomo”.

Foto Ansa

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