La preghiera del mattino

Conte vuole una donna al Quirinale. Ma perché non cominciare dal M5s?

Di Lodovico Festa
28 Dicembre 2021
Rassegna ragionata dal web su: l'appello del leader grillino per il Colle, l’utilità di un Mario Draghi a capo dello Stato, l’ipotesi Casini e molto altro ancora
Giuseppe Conte e Virginia Raggi
Giuseppe Conte con Virginia Raggi durante la campagna elettorale 2021 per il Comune di Roma (foto Ansa)

Su Formiche Corrado Ocone scrive: «Che fra Mario Draghi e Emmanuel Macron ci sia feeling, è indubbio. Nelle relazioni internazionali il fattore umano conta, altroché! Che esso si sia tradotto in atti politici, è ormai altrettanto evidente. La lettera congiunta da loro scritta e pubblicata prima sul Financial Times e poi su altri giornali non ha fatto altro che mettere nero su bianco i motivi che portano oggi i due paesi a fare fronte comune, ad avere una comune strategia prima di tutto per riscrivere le regole dell’Unione Europea e indirizzarne le politiche verso lidi a noi più favorevoli». Uno dei miei opinionisti preferiti illumina un aspetto rilevante del nuovo scenario dell’Unione Europea: la convergenza tra Italia e Francia per tentare di dare una strategia a Bruxelles e non solo la gestione burocratica che le consentiva Angela Merkel. Però, e Ocone lo nota, i due protagonisti della svolta hanno destini diversi. E forse bisognerebbe tenerne conto e descriverli con molta precisione: Macron pensa di poter emarginare il conflitto politico con un “centrino tecnocratico-illuminato” eterno, Draghi sa di essere un tecnico che deve guidare il ritorno (presto o tardi) della politica, cioè del conflitto – sia pur governato – di posizioni diverse (e magari garantito da Draghi al Quirinale).

Su Formiche Raffaele Bonanni scrive: «È surreale quello che succede in Italia: scoprire nel nostro territorio nazionale giacimenti di petrolio e gas non è una festa come avverrebbe in qualsiasi luogo del mondo, ma un lutto. Infatti tre anni fa il primo governo Conte con un decreto ha limitato pesantemente estrazioni e ricerche del petrolio e gas, condizionato dalla sindrome “nimby” e da pulsioni pseudo-ambientalistiche, ed il risultato di queste decisioni, ancora operanti, continua a mettere in difficoltà famiglie ed imprese a causa di esorbitanti rincari in atto di gas e petroli, a spingere in alto l’inflazione». La vena di follia scorre poderosa nel nostro paese, come racconta molto bene il saggio Raffaele: ma per fermarla c’è solo il ritorno a una politica decidente che oggi può essere basata solo su un elettore che scelga insieme partito e governo. I sogni proporzionalistici servono solo a preparare i prossimi incubi.

Su Huffington Post Italia Fabio Luppino scrive: «Grazie anche a maldestre posizioni filosofiche è diventato mainstream ragionare sul Covid in termini di libertà non libertà». L’idea che “credere, obbedire e combattere” sia una forma di filosofia ben destra non è nuovissima e non funziona perfettamente in una democrazia, ha bisogno di essere rafforzata abitualmente con manganelli e olio di ricino. Il fatto che filosofi di qualità come Massimo Cacciari e Giorgio Agamben ci indichino le contraddizioni tra le sacrosante esigenze della salute e quelle pur preziose della democrazia, va affrontato con argomentazioni sviluppate con tutta la complessità necessaria. Che poi i tutori dell’ordine pubblico facciano il loro dovere nell’affrontare il contrasto della pandemia usando i mezzi indispensabili per contenere chi si sottrae alle leggi, anche questa è un’esigenza civica oggi inevitabile, ma non va scambiata per una discussione filosofica.

Su Dagospia si riporta un articolo di Ilario Lombardo sulla Stampa che scrive: «L’inaffidabilità dei grillini è un problema per tutti e potrebbe essere risolto solo con un solido accordo sul governo che succederà a Draghi per portare a termine la legislatura». Comprendo la logica del ragionamento, però quello che veramente non capisco è perché i media mainstream trattino l’inaffidabilità grillina (e l’avidità dei parlamentari che considerano l’unico problema “nazionale” la loro esigenza di ricevere un’indennità fino al 2023) come un fenomeno naturale, un terremoto al quale non ci si può che arrendere. E non come una rilevante patologia politica che richiederebbe un rapido scioglimento delle Camere a “furor di popolo” (e di media responsabili).

Su Affari italiani Alberto Maggi scrive: «Al momento l’ipotesi che sta prendendo corpo è quella dell’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Piace molto a Renzi, è stato in passato parte integrante del Centrodestra con l’Udc e nel 2018 è stato eletto con il maggioritario a Bologna nelle liste del centrosinistra. Non solo, Casini ha sempre votato la fiducia al Conte II e quindi dovrebbe avere anche i voti del M5s». La limpida coerenza di Casini ben descritta da Maggi senza dubbio è garanzia che al Quirinale vi sarà una persona aliena da qualsiasi propensione all’intrigo. A chi, poi, ha scritto sul Quirinale di “Draghi o il caos” toccherà aggiornare la previsione: “Draghi o casini”.

Su Byoblu Miriam Gualandi si lancia contro Mario Draghi perché esagera nel dire che tra i morti da Covid prevalgono i non vaccinati, fa una grande confusione tra chi ha ricevuto una, due, tre dosi e chi non si è mai vaccinato e poi conclude: «Siamo a 1.033 morti vaccinati contro i 722 non vaccinati. Dunque in proporzione sono deceduti il 59 per cento dei vaccinati contro il 41 per cento dei non vaccinati. Non è vero, quindi, come ha sostenuto Draghi, che dei decessi tre quarti sono non vaccinati». Forse qualcuno dovrebbe spiegare alla Gualandi che i vaccinati almeno con una dose corrispondono a oltre l’85 per cento della popolazione.

Su Dagospia si scrive: «Se Draghi trasloca al Quirinale e al suo posto va un Daniele “Alexa” Franco, che fa tutto quello che dice Mariopio, i poteri sono diversi. Davanti allo sbando politico italiano, i mercati stanno mostrando a colpi di spread la nostra debolezza mentre a Bruxelles si paventa anche di chiudere il rubinetto del Pnrr nel caso che Draghi lasci il timone del governo». Argomentazioni di questo tipo devono spingere quel che resta di una politica capace di responsabilità nazionale a votare per Draghi al Quirinale. Basta un rapido esame di quel che ci è avvenuto tenendo Sub Mario Monti per un anno e mezzo a Palazzo Chigi per comprendere che solo un Super Mario Draghi (perfettamente in grado di difenderci con i poteri che acquisirà sul Colle) potrà proteggere la nostra autonomia e dignità.

Su Dagospia si riporta, da un articolo di Matteo Pucciarelli su repubblica.it, questa frase: «Una donna al Quirinale. Un “profilo alto” – come si suol dire in questi casi – ma soprattutto nella convinzione che i tempi siano maturi affinché il prossimo capo dello Stato, per la prima volta nella storia, non sia un uomo. Passate le festività, il presidente del M5s Giuseppe Conte rivolgerà questo appello ai leader degli altri partiti». Buona idea, perché intanto non inizia lui a farsi sostituire alla testa dei 5 stelle da una donna? A occhio persino Virginia Raggi potrebbe far meglio dell’allievo di Rocco Casalino.

Su Affari italiani Lorenzo Zucchetti scrive: «Il messaggio è chiarissimo: quand’anche Draghi dovesse arrivare al Colle, per il quale rimane il favorito, lo farebbe grazie al voto di un Parlamento che, soprattutto con l’avvicinarsi delle elezioni, non gradisce più quella sorta di ruolo marginale al quale è stato relegato dalla difficile fase storica che il paese sta attraversando». Su media e social si alternano due messaggi: il Parlamento rivendica la sua dignità, i parlamentari sono concentrati nel salvare la propria indennità per un anno. Trattasi di un anomalo caso di moglie piena e botte ubriaca?

Sul Post si scrive che «è diventata d’attualità la domanda se le regole sulle quarantene per i contatti stretti debbano, o perlomeno possano, essere rese meno rigide». Sono molto convinto che solo i vaccini costituiscano un efficace strumento per proteggere la salute delle persone e nel medio periodo per assorbire la pandemia, ma sono ugualmente consapevole che esistono rilevanti problemi che riguardano sia democrazia e libertà, sia la protezione dello sviluppo economico. Le scelte possono dover essere molto semplificate per questioni di urgenza, ma la riflessione e la discussione pubblica non possono non essere complesse.

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