
Contardo Ferrini: pensieri e preghiere

«Ai molti cattolici che oggi hanno smarrito la nostalgia celeste della santa Eucaristia e la pretendono senza esservi preparati o la ricevono con la noncuranza riservata a un simbolo vecchio e vuoto»: con queste mirate parole l’avvocato Ilaria Pisa si rivolge ai destinatari del volume di Contardo Ferrini, di cui ha curato la Prefazione, invitandoli alla lettura ed alla scoperta di questa grande figura di giurista e di cattolico.
Contardo Ferrini: beatificato da Pio XII, è, come si evince già dalla biografia in Prefazione al presente volume, un autore polivalente, cattolico nel senso etimologico del termine, le cui note risuonano di amore per la Passione del Cristo, di fedeltà alla Chiesa ed alla sua tradizione dottrinale e pastorale, di ammirazione verso il luminoso splendore della natura, di fermezza dello spirito saldo nella fede, fortis in fide, nelle turbinose pagine dell’esistenza.
PASSIONE CRISTIANA. Nel volume Contardo Ferrini: pensieri e preghiere edito nella primavera del 2014 per i tipi della neo-nata casa Edizioni Radio Spada, si gustano i sapori di un uomo di fede, di quella fede cattolica che sfida, comprende e riprende la ragione quando il tempo per farlo è opportuno. Negli scritti di Ferrini si riassume quella passione tutta cristiana di far della fede lo strumento con cui raddoppiare la buona sorte assistita dal Creatore e dimezzare il carico della sventura con la consapevole attesa dell’intervento della divina Provvidenza.
Su tre linee si può riassumere il pensiero di Ferrini cristallizzato in questi scritti fortunatamente pubblicati: il rapporto con Dio, il rapporto con gli altri, il rapporto con la natura.
Sul primo punto scrive Ferrini che «fra tutte le filosofie e tutte le religioni, solo il cristianesimo, mentre ha rivelato il vero, ha anche mostrato l’universale capacità del vero, e l’universale capacità di elevarsi all’infinito» (pag. 9), ma, come si evince, questo elevarsi non ha portato con sé tutto il carico della tracotante onnipotenza della mentalità contemporanea, poiché, sempre con le parole di Ferrini, solo il cristianesimo insegna ad abbandonare la via dell’arroganza perché «la strada all’infinito è l’umiltà» (pag. 20).
E proprio la virtù dell’umiltà, smarrita dall’uomo odierno, è il cardine delle riflessioni più squisitamente teologiche di Ferrini che non si vergogna, anzi tutt’altro, di proporsi, suo malgrado, ma con tutta l’abilità e la perizia di un giurista cattolico, quale defensor Ecclasiae atque fidei, come nel caso in cui adopera parole appuntite e vere quanto basta contro l’eresia cancerosa del protestantesimo, definito per l’appunto quale «bacio di Giuda» (pag. 30).
LA VERA GIOIA. Sul secondo punto si possono ricordare i toccanti ad acuti capitoli dedicati alla gioia, al dolore e all’amicizia spirituale in cui Ferrini precisa che il cristianesimo soltanto insegna la vera gioia, che non consiste nel godimento delle cose materiali di questa vita, e che occorre sopportare con fede sempre nuova le continue prove e tribolazioni poiché «non per quelli che ridono sono i salutari misteri della nostra fede, e non è con il riso che si conquista il cielo» (pag. 79).
Ciò non vuol dire, tuttavia, che la fede cristiana sia spietata e triste, ma solo che il cristiano deve essere composto e ritto sulla propria fede, quasi a cristianizzare, ieraticamente e spiritualmente, riforgiandolo mercé le riflessioni di Ferrini, il vecchio brocardo romano: risus abundat in ore paganorum.
ECOLOGIA CRISTIANA. E si giunge così al terzo punto: quella serietà e quella serenità che dalla fede si ricavano ed alla fede all’un tempo riconducono, sono manifeste più che mai, non solo nel rapporto con Dio e con gli altri, ma per Ferrini anche nel rapporto con il creato, con la natura che tanta parte delle sue riflessioni giustamente occupa, quasi a delineare lo statuto ontologico di una ecologia prettamente cristiana. Come scrive sul punto Ilaria Pisa, dalle parole di Ferrini sulla natura, si percepisce che «la creazione invita l’intelletto a studiarla e ad aderirvi con rigore tomistico e ardore di carità, poiché vi riconosce l’impronta del suo Creatore: e questo salva l’intelletto dagli opposti (e più che mai attuali) errori del riduzionismo e dell’idealismo».
Ferrini, allora, non solo giurista, ma anche co-fondatore di una autentica ecologia cristiana, non ideologica, dunque, in cui si esprime la consapevolezza che l’ambiente è stato fatto (e deve perciò essere conservato) per l’uomo, e non (come oggi si pensa) l’uomo per l’ambiente.
Scrive del resto Ferrini che «in quei contatti colla natura sentiamo la vicinanza di Dio e contempliamo le meraviglie di Lui; la nostra mente si fa meglio capace del bello e del buono, attinge fortezza e dignità, prevede i suoi alti destini» (pag. 93).
L’INTELLIGENZA DEL CATTOLICESIMO. Ferrini, insomma, assurge a figura preminente della cultura italiana tra ottocento e novecento e il suddetto volume costituisce una preziosa ed imperdibile guida al suo pensiero, e all’un tempo all’investigazione della più pura tradizione cattolica cristallizzata dalla verve benignamente polemica e succulenta di un cotanto giurista cattolico beatificato.
L’intelligenza, nel senso etimologico, di Ferrini può costituire un’occasione, quindi, per l’intelligenza (sempre in senso etimologico) del cattolicesimo stesso, soprattutto per una cultura come quella odierna in cui, sempre con le parole di Ferrini, predominano «tanta cecità in materia di religione, tanta indifferenza e tanto scetticismo» (pag. 23).
Ferrini e l’opera editoriale di cui sopra dimostrano, in fondo, quanto avesse ragione Francois Renè de Chateaubriand, che, nel suo Il genio del cristianesimo, ebbe laconicamente e magistralmente a precisare una incontestabile verità: Senza religione si può avere intelligenza, ma è difficile avere genialità».
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