La preghiera del mattino

Con gli appelli alla Berlinguer non usciremo mai dalla questione morale

Sigilli sulle porte degli uffici del Parlamento europeo per le indagini sul Qatargate
Sigilli sulle porte degli uffici dei funzionari del Parlamento europeo coinvolti nelle indagini sul Qatargate (foto Ansa)

Su Strisciarossa Simone Siliani scrive: «Intanto, quando Berlinguer illustra la sua posizione sulla questione morale nella famosa intervista del 1981 a Eugenio Scalfari, aveva da tempo elaborato ed espresso le sue convinzioni sul tema. Fin dal 1974 quando, a seguito dello scandalo “petroli” (sempre intorno a quello girano i soldi!) quando in Parlamento viene approvata la cd. legge “Piccoli” (n. 195 del 2 maggio 1974) sul finanziamento pubblico dei partiti. L’inchiesta, che toccò i segretari amministrativi di Dc, Psi, Psdi, Pri, venne insabbiata. Ma per Berlinguer la questione non riguardava solo il singolo caso, bensì il fatto che i partiti, venendo meno al loro mandato costituzionale, avevano occupato potere e istituzioni pubbliche, piegando beni, regole e spazio pubblici (cioè di tutti) agli interessi di parte».

In un interessante articolo su Strisciarossa Siliani ricorda come l’iniziativa di Enrico Berlinguer per superare il sistema illegale di finanziamento dei partiti che ha accompagnato la vita della Prima Repubblica sia stata articolata e di lungo periodo. È una lezione – commenta Siliani – da tener presente anche per affrontare la corruzione che è emersa nel Parlamento europeo. L’invito a non banalizzare lo sforzo del segretario del Pci negli anni Settanta e Ottanta è senza dubbio corretto e convincente. Ma proprio il fallimento della linea berlingueriana, nonostante che a un certo punto sia stata sposata da una trainante magistratura “militante” e dalla maggioranza dei media, dimostra come non sono gli appelli alla moralità, ma solo la consapevolezza storica e la proposta politico-istituzionale che possono rimuovere le cause di una corruzione sistemica. Di questa consapevolezza e proposta avrebbe avuto bisogno Roma, e ora è indispensabile a Bruxelles.

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Sulla Nuova Bussola quotidiana Luca Volonté scrive: «Il Ppe, lo scorso 15 dicembre, con una serie di dichiarazioni ufficiali su Twitter, ha aperto la guerra al sistema dei socialisti europei che vede anche nelle Ong una rete di potere reale nelle istituzioni europee. Il partito europeo di maggioranza relativa denuncia l’“ipocrisia” dei socialisti che sono epicentro dello scandalo e le cui “lezioni sullo Stato di diritto si sono rivelate ipocrite”. Uno scandalo che per il Ppe ha un fulcro preciso: “Il gruppo S&D”. Uno scandalo che, sempre per il Ppe, ha “riguardato decisioni e legislazioni reali”, uno scandalo sistemico che svuota di ogni significato le prese di posizione dei socialisti che sembrano “poter avere un prezzo”. Successivamente, il 16 dicembre, è stato il segretario generale dei popolari, Thanasis Bakolas, a rincarare la dose, denunciando le connivenze dei socialisti con le Ong, l’uso strumentale dei diritti umani, a partire dal rifiuto del gruppo socialista di sospendere la presidenza nella commissione Droi (sottocommissione dei Diritti umani presieduta dall’indagata deputata socialista belga Maria Arena e dove sedeva anche l’on. Andrea Cozzolino) e di congelarne i lavori fino alla conclusione dell’indagine. Per il segretario generale del Ppe, i socialisti, dopo aver “rifiutato nuove regole sulle Ong… devono essere chiamati a rispondere delle loro azioni”».

In generale flirtare con l’illegalità di organizzazioni che si propongono di superare gli ostacoli che gli Stati europei pongono all’immigrazione clandestina e lo fanno avendo forme d’intesa abbastanza sistematiche con pirati schiavisti, non può non produrre effetti degenerativi, come si è visto anche con lo scandalo Qatargate. Questo effetto degenerativo si sposa poi con la scarsa trasparenza della governance di un’Unione priva di una costituzione e con un consociativismo alimentato soprattutto da una sinistra che ha difficoltà a definire un proprio profilo di governo e approfitta dell’opportunismo di personalità politiche “moderate” tipo Angela Merkel ed Emmanuel Macron, che così evitano di fare i conti con la propria fragilità programmatica. Forse questo corso politico imboccato nella governance dell’Unione sta arrivando a un termine con la direzione che Manfred Weber sta imprimendo al Partito popolare europeo.

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Su Fanpage Tommaso Coluzzi scrive: «Il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha scritto una lettera ai genitori degli studenti che si troveranno nelle prossime settimane a scegliere la scuola secondaria superiore a cui iscriversi. “È stata diffusa in questi giorni la circolare per le iscrizioni dell’anno scolastico 2023-2024. Le domande potranno essere presentate dal 9 al 30 gennaio 2023. Desidero perciò condividere con Voi alcune riflessioni per accompagnare la prossima scelta degli studi, da parte delle Vostre figlie e dei Vostri figli, dopo la scuola secondaria di primo grado”, scrive Valditara nella lettera. “Sono infatti convinto che sia fondamentale, tutti insieme, sostenere le nostre ragazze e i nostri ragazzi in questa decisione, consapevoli dell’impatto del percorso scolastico e formativo sul loro progetto di vita personale e professionale. In tal senso, occorre prima di tutto riconoscere e valorizzare le loro passioni, le loro predisposizioni e i loro desideri, sicuri che ogni giovane porti in sé abilità e attitudini”».

Ogni tanto Valditara dovrebbe frenare il proprio impeto e misurare le parole: quando si è al governo contano più i fatti che le provocazioni. Però la sua campagna sulla formazione tecnica e professionale è sacrosanta. In certi ambienti di sinistra gli si muove l’accusa che così vuole perpetuare un sistema castale per cui le professioni di prestigio (avvocati, ingegneri e così via) sarebbero appannaggio solo di chi proviene da classi abbienti. Ma questa accusa non c’entra con la questione che pone il ministro. A fianco di un sistema che premia il merito a prescindere dall’origine di classe (e vedremo se il governo saprà fare proposte in questo senso), Valditara ritiene che prepararsi a lavori anche manuali possa preparare un destino di dignità e felicità, con anche possibilità di successi imprenditoriali come dimostrano i non pochi operai diventati artigiani e anche piccoli industriali. È incredibile invece che da sinistra si collabori a preparare una generazione che si divide tra studenti Erasmus e giovani “Neet”, questi ultimi magari iscritti per qualche periodo a “licei” ma destinati a non lavorare, a non studiare, a non prepararsi tecnicamente a una professione: una generazione di zombie mantenuti con il reddito di cittadinanza, utili solo ad accodarsi e integrarsi a una sinistra Ztl.

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Su Affaritaliani Alberto Maggi scrive: «La prossima settimana si replica in Senato, ovviamente con la fiducia, per poi correre a festeggiare la notte di San Silvestro. La legge di bilancio per il 2023, la prima del governo guidato da Giorgia Meloni, è stata un mezzo pasticcio. La scusante, importante, è quella dello scarso tempo a disposizione. Normalmente l’esecutivo inizia a scriverla a settembre (e spesso finisce comunque con la fiducia in extremis) mentre quest’anno i lavori sono iniziati solo ai primi di novembre. Ma il Parlamento ha avuto ben venti giorni per discutere il testo licenziato dal Consiglio dei ministri e la maggioranza di centrodestra si è incartata. Giancarlo Giorgetti, uomo mite e riflessivo, è incline al dialogo e ha di volta in volta aperto a richieste di modifiche che arrivavano, restando nell’alveo della maggioranza, in particolare dal suo partito, la Lega, e da Forza Italia».

Non ci sono solo i tempi strettissimi di un governo che si è formato in ottobre a spiegare gli indubbi pasticci compiuti dall’esecutivo in carica. L’Italia esce da undici anni di esecutivi pilotati dall’alto, largamente subalterni all’Unione Europea, con apparati tecnici sempre più centrali rispetto a un potere politico sbandato e con partiti disgregati, a destra, al centro e a sinistra: disgregazione che spinge singole personalità ad affermare il proprio ego e a perseguire i propri sottosistemi di potere in qualsiasi modo. Il governo Meloni è il primo governo veramente politico e veramente espressione della volontà degli elettori che si afferma dopo un lungo periodo di stordimento della politica italiana. Che questo governo facesse qualche pasticcio era nei fatti inevitabile, il vero miracolo è che sia riuscito tutto sommato a tenere la barra dritta.

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