Lettere al direttore

Come sono tolleranti questi vandali anti-patriarcato

Di Emanuele Boffi
29 Novembre 2023
L'assalto alla sede di Pro vita durante il corteo delle femministe, gli scioperi del lunedì e i fan delle band da feste campestri. Lettere a Tempi
Protesta sotto la sede di Provita durante il corteo 'Non una di meno' manifestazione contro la violenza sulle donne, Roma, 25 novembre 2023 (Ansa)
Protesta sotto la sede di Provita durante il corteo 'Non una di meno' manifestazione contro la violenza sulle donne, Roma, 25 novembre 2023 (Ansa)

Caro direttore, in merito all’assalto di sabato alla sede di “Pro vita e famiglia” ti mando una foto (che in rete ovviamente non si trova più) di quel che probabilmente le stesse persone, un pochino più giovani, avevano fatto alla sede di Avvenire nel febbraio del 2009: c’era in ballo se tenere in vita Eluana o sopprimerla (e Napolitano decise per la seconda “opzione”).
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Riccardo Dietrich via email

Ciò che è stato fatto alla sede di Pro Vita è vergognoso. Ancora più vergognoso è l’atteggiamento di chi, dopo essersi riempito la bocca di parole come “libertà” e “democrazia”, usa o giustifica la violenza. È la famosa tolleranza dei vandali anti-patriarcato, quella secondo cui loro possono comportarsi come i black bloc, mentre noi dovremmo farci rieducare con qualche corso sull’affettività.
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Lorenzo Adami via email

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Caro direttore, scusa se abuso della tua pazienza, ma ritorno sull’argomento degli scioperi insistiti da parte dei sindacati di base del trasporto pubblico locale. «Persino i media hanno fatto il loro dirty job presentando gli scioperi della mobilità del venerdì quasi come una calamità naturale, qualcosa che non si può combattere e del quale, tutt’al più, si possono contenere gli effetti a spiovere. In questi venerdì del disagio gli utenti vengono trattati come pecore da macello, i sindacati non illustrano mai le ragioni della mobilitazione, non si vede manco a pagarlo un volantino diffuso alle fermate degli autobus o all’ingresso delle stazioni». Questo scrive Dario Di Vico, sul Foglio del 21 novembre scorso, giornalista di politica economica tra i più esperti, direttamente proveniente dal “sancta sanctorum” del Corriere della Sera. Un commento duro sui Cobas che si aggiunge a quelli già citati di Cazzola, Tito Boeri e Bentivogli, che si arricchisce nella critica esplicita alle TV e giornali del “tutto va bene madama la marchesa”. Un esempio: domenica 26 Novembre, Rai3 Tg regionale della Lombardia. Notizia: “Il Comune di Milano ha deciso di togliere le palme in Piazza Duomo”. Notizia “epocale” tanto che viene inviata una giornalista a fare interviste ai passanti chiedendo cosa ne pensano di questo atto amministrativo che si immagina cambierà la storia del capoluogo lombardo. Non finisce qui: “In giornata si è svolta con successo in città la Mezza maratona”. Anche qui, con sprezzo del pericolo, viene confezionato un servizio con commenti entusiasti dei partecipanti (arrivati anche dall’estero, non avendo nulla da fare nei loro patrii territori ) e degli umarèll ai lati delle strade. Il servizio si conclude con una piccola nota di cronaca: “Ci sono stati un po’ di disagi della cittadinanza per strade bloccate al traffico, stazioni chiuse della metrò e deviazione dei mezzi di superficie”. Ma cosa volete che sia? Era una giornata di festa e domani, lunedì, tutto tornerà alla normalità con i servizi pubblici pronti a fare il loro compito quotidiano. Si torna in studio, però, e il conduttore di turno, un po’ sommessamente, ricorda che “domani ci saranno delle ore di sciopero indetto dai Cobas dei trasporti dalle ore 18 e un altro sciopero il 15 dicembre indetto da altri sindacati autonomi che non hanno potuto indirlo durante lo sciopero generale” (il virgolettato è a memoria, ma il concetto è questo). Uno si aspetterebbe, magari, un bel servizio esterno per capire l’umore degli utenti alla notizia, invece tutto passa liscio limitandosi ad una asettica informazione da studio. Ecco perché Di Vico nel suo articolo ha ragione da vendere sull’atteggiamento dei media, ed ecco perché sarebbe ora che qualcuno, anche lì, in Rai, si svegliasse dal quel torpore che non fa bene alla categoria del giornalismo d’informazione. Chiedo troppo?

Carlo Candiani Milano

Chiedi il minimo.

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Buongiorno caro direttore. Oggi non vorrei parlarti di musicisti, ma di altri personaggi altrettanto importanti nel mondo della musica, ovvero i fans. Se non ci fossero gli appassionati, chi seguirebbe le band o le star in giro per il mondo? Chi suona può diventare idolo per chi li segue, a volte esagerando. Potrei raccontarti della ragazza che si intrufolò dalla finestra di un bagno per incontrare Paul McCartney negli anni ’60, raccontata da lui nella celebre canzone “She Came In Through the Bathroom Window”. Eppure non basta la fama per avere dei seguaci. Anche noi musicisti da feste campestri o pub abbiamo degli accalorati personaggi pronti a seguirci nelle nostre piccole tournée. Posso raccontarti di due miei supporter particolari. Il primo è un simpatico signore, oramai oltre la settantina, che ogni volta che suono è sempre presente, solo che non si piazza davanti alla band come tutto il pubblico presente. Lui si posiziona sempre dietro la batteria, con le mani dietro la schiena, ed osserva tutti i movimenti dei quattro arti. Probabilmente prima d’ora non aveva mai seguito attentamente questo affascinante strumento musicale, ed ora trova stimolante osservarne da vicino tutte le sue dinamiche. Ti confesso che oramai mi sono affezionato a questa presenza, e durante il concerto mi capita di scambiare due chiacchiere con lui. Il secondo personaggio è invece riuscito a coronare un suo sogno. Una sera il nostro chitarrista ci comunica che ha incontrato un amico del nostro cantante ed ha espresso il desiderio di assistere non al concerto, ma ad una sessione delle nostre prove. Ed infatti dopo una settimana lo vediamo arrivare e notiamo che ha con sé una chitarra e un amplificatore. Si aggrega così a noi, e lo fa anche le settimane seguenti. Diventa così membro attivo della band, crea il logo, trova le date e suona allegramente nei nostri live e ancora adesso il chitarrista e il cantante si chiedono entrambi il perché l’altro lo abbia introdotto nel gruppo senza chiedere niente agli altri membri. La verità, caro direttore, è che la musica rende protagonista non solo chi la suona, ma anche chi la ascolta e la segue da vicino… da molto vicino.

Antonio Azzarito Luino

Meglio i musicisti da feste campestri di tante celebrate star senza un briciolo di quell’umanità e ironia che ben descrivi.

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