Come l’Italia si è organizzata per “esportare” i suoi figli

Di Marinella Colombo
22 Ottobre 2015
«Lo Jugendamt è un altro di quegli enti la cui finalità sarebbe la tutela del minore. Ma di quale tutela si tratta?». Lettera della madre cui sono stati sottratti i due figli

bambina-tristeGentile direttore, anni fa i media si erano occupati della mia vicenda, chi cercando di raccontare i fatti, chi cercando di accontentare il pm che diligentemente forniva ai giornalisti le informazioni da pubblicare. Ovviamente si trattava solo del punto di vista dell’accusa, poiché a me, durante quel processo e per quasi un anno, era stato imposto il divieto di comunicazione. Una volta ottenuta la mia condanna con metodi che, rispetto al comune senso di giustizia, poco hanno a che fare con la legalità, gettato fango su tutta la mia famiglia, privata come me di ogni risparmio, è calato il silenzio.

Non vedere i propri figli per cinque anni in effetti non fa notizia. Sapere che quei giudici, pagati dal contribuente italiano per tutelare i bambini, li hanno invece deportati in violazione di leggi e convenzioni non fa notizia. Nel 2012 Rizzoli ha pubblicato il mio libro Non vi lascerò soli, ma non potevo rilasciare interviste e dunque non ha fatto notizia.

Da allora ho convissuto con una indicibile e inumana sofferenza. Lo ho fatto studiando e spendendomi per gli altri numerosissimi genitori nella mia stessa identica situazione. Così ho salvato altri bambini, facendoli rientrare in Italia o impedendo che venissero, come i miei figli, mandati nella società malata che si trova al di là delle Alpi.

Quest’anno è uscito il mio secondo libro che come il primo appartiene alla mia storia, anche se non è più un’autobiografia, ma il frutto degli studi e la prova agghiacciante di come il nostro paese si sia giuridicamente organizzato per “esportare” i suoi figli, persino per non farli rientrare nelle statistiche dei bambini sottratti che sono molti di più rispetto a quelli registrati dalla Farnesina. Uso volutamente questa espressione commerciale, “esportare”, perché in tutto questo i bambini sono soltanto oggetti.

La “mercificazione” del bambino inizia in Germania con molto anticipo rispetto all’Italia e con la sola differenza che quel paese i bambini li “importa” soltanto.

Il libro La tutela oltre la frontiera. Bambini bilingue senza voce. Bambini binazionali senza diritti”, pubblicato da Ed. Bonfirraro, sarà presentato a Perugia il 27 ottobre, con il Movimento per Perugia e rappresentanti della Manif pour tous Italia e del Forum delle Associazioni familiari.

Il collegamento tra la “tutela oltre la frontiera” e i temi affrontati dalla Manif pour tous potrà forse non emergere a prima vista, ma è strettissimo e verrà analizzato nel dettaglio in occasione della presentazione a Perugia (Hotel Giò, 27 ottobre, ore 18.30).

È certo che la definizione di famiglia della società tedesca (“una relazione dinamica e in continuo cambiamento tra almeno un adulto e un bambino, figlio naturale o affidato”) è premessa e complemento alla mercificazione dei bambini, elementi indispensabili in una società vecchia, molto preoccupata per il pagamento delle future pensioni.

Ricordo per inciso che già nel 2006 l’80% delle cattedre di psicologia delle Università tedesche erano occupate da sostenitori del gender mainstreaming. Ricordo la campagna dei Verdi tedeschi per la legalizzazione della pedofilia, campagna dimenticata, ma mai veramente disconosciuta. Ricordo la diffusione a cura del ministero tedesco per la famiglia dell’opuscolo “Corpo, amore e gioco del dottore”, ritirato per via delle numerose proteste, ma poi nuovamente diffuso, mascherato da direttiva dell’OMS e in questo modo imposto a tutta l’Unione Europea; in realtà si tratta di un prodotto made in Germany. La versione per i bambini residenti in Germania si chiama ora “Naso, pancia e sedere”. Specifico “residenti in Germania” perché il fatto di trovarsi sotto giurisdizione tedesca fa sì che i tribunali tedeschi possano togliere l’affido (e lo fanno con estrema facilità) a tutti quei genitori che hanno un’altra visione dell’educazione dei figli. È questo il motivo per cui il genitore non-tedesco è per definizione un genitore “sospetto”.

Familienpass-MünchenQueste lezioni di sesso vengono imposte a scuola, dove è possibile farsi esonerare dalla lezione di religione, ma non da quelle di sesso. La scuola ha infatti non tanto la funzione di istruire, quanto quella di “educare” e controllare che i bambini crescano convinti di determinate teorie. Chi si oppone, è ormai noto, perde l’affido dei figli e può essere incarcerato (vedi il caso della coppia tedesca che praticava con successo la scuola parentale e che ha richiesto asilo politico agli Stati Uniti per non perdere i figli, o dei movimenti cattolici tedeschi i cui rappresentanti sono stati incarcerati per via delle assenze dei figli a scuola durante le lezioni di sesso). Il concetto di famiglia che si vuole imporre è quello propagandato dallo Jugendamt, elemento determinante nel sistema familiare tedesco, insieme a tribunali e psicologi, lo stesso Jugendamt che sottrae i figli ai genitori non-tedeschi. Per quale famiglia lavori lo Jugendamt è evidente guardando l’opuscolo diffuso nel 2014 dallo Jugendamt bavarese, sulla cui copertina campeggiano due famiglie omosessuali (vedi immagine in pagina). Lo Jugendamt è un ente (plenipotenziario), è un altro di quegli enti la cui finalità sarebbe la tutela del minore. Ma di quale tutela si tratta? E l’Italia, che per una malamente addotta tutela dei miei figli li ha resi orfani, come si giustifica? Tace e ancora cerca di impedirmi di parlare.

Molto cordialmente,

Marinella Colombo

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