
Come impiegano i propri risparmi gli italiani

Fondi obbligazionari e obbligazioni soprattutto, ma anche fondi pensione e polizze vita. Il risparmio nella nostra in Italia tiene, la situazione economica appare solida e tra gli italiani torna la voglia di investire. Anche in Borsa, che ora fa meno paura, nonostante l’inflazione non ancora domata e i conflitti armati.
Malgrado poi le tensioni geopolitiche peggiorino il contesto, emerge un piccolo ritorno di fiducia tra gli investitori, superiore rispetto ai primi mesi del 2023. Quasi un bancarizzato su quattro ritiene infatti che le condizioni del nostro paese siano decisamente migliorate negli ultimi dodici mesi. E con questa considerazione concorda più di un risparmiatore su tre.
I prodotti che “tirano”
Guardando al risparmio, gli effetti dell’inflazione, comunque, si fanno sentire. Cala infatti al 51 per cento il numero dei bancarizzati che accantonano con perseveranza parte del proprio reddito. Fra gli investitori, invece non si registrano variazioni rispetto a inizio anno: il 70 per cento circa riesce ancora a risparmiare.
I prodotti finanziari sono tra i preferiti sia tra i bancarizzati che tra gli investitori. Cresce anche la voglia di mattone e cala la liquidità; aumenta anche la percentuale di coloro che hanno sentito parlare di investimenti Esg (sostenibilità) e degli interessati a una consulenza sul tema. I motivi che spingerebbero a un investimento green sono la presunta minor rischiosità, l’allineamento ai propri valori etici e l’auspicio di rendimenti superiori. La quota di risparmiatori che investe parte dei propri risparmi è salita intorno al 43 per cento dal 41 circa di un anno fa.
Scarsa propensione al rischio
Nonostante ciò, resta ancora piuttosto elevata la percentuale di chi lascia i soldi sul conto corrente: una maggioranza dovuta anche alla non elevata alfabetizzazione finanziaria. Cresce l’avversione al rischio e la quota di chi vuole strumenti più sicuri. Nel decidere dove investire i propri risparmi gli italiani guardano in primo luogo alla rischiosità dell’investimento e alla solidità di chi lo propone.
Nello specifico, la scelta di prodotti come i titoli di Stato va a discapito della liquidità (dal 32 al 23 per cento) e di investimenti rischiosi (dal 23 al 20 per cento). Rimane tuttavia su livelli discreti la percentuale di chi punta ad investimenti a medio lungo termine, come i fondi bilanciati e azionari.
Chi può permettersi di “mettere da parte”
Il calo della disoccupazione favorisce la propensione ad accantonare: aumenta di 4 punti la percentuale (54 per cento) di chi mette via qualcosa ogni mese. D’altro canto quanto risparmiato durante il lockdown consente a parecchie persone di fronteggiare spese impreviste con una discreta tranquillità.
C’è un clima di cauto ottimismo ispirato dalla speranza di una discesa dell’inflazione e dal miglioramento del tenore di vita, tornato ai livelli pre-pandemia. Calano infatti i nuclei familiari in difficoltà economiche mentre crescono coloro che hanno registrato una migliore tenuta del tenore di vita.
L’educazione (finanziaria) che manca
Emerge inoltre che siano i più giovani, quelli appartenenti alla fascia d’età 18-34 anni, a guardare alla propria situazione personale con maggior ottimismo su un orizzonte di medio termine; e sono proprio i giovani ad alimentare le speranze di una proficua inclusione finanziaria.
Oltre la metà di loro infatti dedica del tempo all’informazione economico-finanziaria sin da giovanissimo e si dichiara favorevole all’introduzione dell’educazione finanziaria nelle scuole. A questo proposito, tra l’altro, la complessità dei mercati finanziari ha fatto lievitare in tutti i segmenti la percentuale di quanti valutano le proprie conoscenze non adeguate. Quasi il 48 per cento degli investitori, per esempio, non si reputa preparato, percentuale che sale tra gli studenti.
Cresce quindi la percentuale di chi desidera approfondire le proprie conoscenze finanziarie, dal 28 a quasi il 41 per cento. Si amplia così la platea di quanti utilizzano i social, sia come principale canale di informazione (dal 25 al 35 per cento) che come promozione di eventi digitali (+9 per cento), anche se parecchi investitori faticano a orientarsi nell’offerta web. In poche parole Internet è ritenuta una risorsa importante ma poco controllata, quindi potenzialmente fonte di sorprese poco piacevoli.
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