
Come avremmo catalogato i prodotti senza l’invenzione di Woodland? La storia del codice a barre
Più invenzioni geniali sono diventate di uso comune, più smettiamo di chiederci che storia ci sia dietro, e quale sia il nome dell’inventore che ha avuto il lampo di genio. E se non ci fosse stato Norman Joseph Woodland, morto domenica scorsa e malato di Alzheimer da tempo, non ci sarebbe stato il codice a barre, sistema che permette di catalogare rapidamente i prodotti presenti nei negozi. Norman era laureato in ingegneria meccanica, e il modo in cui è arrivato a progettare questo sistema di etichettatura è stato pensando… al codice morse. Puntini e linee al posto di lettere: da lì è venuta l’idea per tracciare righe spesse o sottili come modo di comunicazione.
BREVETTO. Il brevetto è stato rilasciato nel 1952, come nell’attuale versione rettangolare, anche se ne era stata progettata anche una versione con cerchi concentrici di spessori diversi. Ogni giorno gli scanner dei negozi e dei supermercati scansionano circa 5 miliardi di codici, eppure Norman da quel brevetto guadagnò solo 15 mila dollari. Pur avendolo brevettato nel 1952, passarono oltre vent’anni perché la Ibm, che comprò l’invenzione, riuscisse a creare un sistema di lettura ottica veloce e funzionale, e si dice che il primo oggetto passato al lettore ottico sia stato nel 1974 un pacchetto di chewingum.
ECCESSI. Diventato simbolo del consumismo e della società moderna, il codice a barre è poi diventato addirittura soggetto da tatuaggi. I numeri sotto le barrette a formare date di nascite, messaggi criptati eccetera. Forse Norman di questo non sarebbe contento.
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