
Il sugo della storia
«Dimmi papà, dobbiamo farla sempre la carità?»
Appena usciti dal supermercato, mentre davamo un soldo ad una persona bisognosa, la più piccola delle mie figlie, di soli sei anni, mi ha chiesto: «Dimmi papà, dobbiamo farla sempre la carità?». La domanda, espressa con la semplicità del bambino, mi ha portato a molte riflessioni, la prima delle quali era che la prima carità era nel sorriso e nello sguardo con cui guardavo quella persona, scaturiva dal cuore e non dalle tasche, e cambiava il modo mio di stare di fronte alla realtà e agli altri. Quel gesto nasceva dal riconoscimento che il bisogno che accomunava l’altro che incontravo era il mio stesso bisogno di essere riconosciuto, amato, accolto. Per questo un gesto di carità è educativo, perché mi porta a scoprire la natura più vera del mio essere.
Sabato 28 novembre 2015 si terrà la Giornata nazionale della Colletta alimentare. L’Associazione Onlus Banco Alimentare da anni raccoglie le eccedenze alimentari e le ridistribuisce ad enti ed iniziative che, in Italia, si occupano di assistenza e di aiuto ai poveri e agli emarginati. La raccolta cerca di rispondere concretamente alla emergenza povertà in Italia, assistendo oltre un milione di persone. Ma questo non basta: il bisogno è ben più grande. Per questo, da diciannove anni, l’ultimo sabato di novembre si tiene la Giornata Nazionale della Colletta alimentare in migliaia di supermercati. Nel 2014 135 mila volontari all’opera, 9201 tonnellate di cibo raccolte in un solo giorno, cinque milioni e mezzo di italiani che hanno acquistato il cibo per i più poveri sono numeri incredibili che hanno fatto della Colletta il gesto di un intero popolo, il più grande gesto di carità nel nostro Paese.
Scriveva Papa Benedetto XVI: «La carità è il bene fondamentale che nessuno può mancare di mettere a frutto e senza il quale ogni altro dono è vano».
All’Udienza del 3 ottobre 2015 con il Banco Alimentare in aula Paolo VI papa Francesco ha detto: «La fame oggi ha assunto le dimensioni di un vero “scandalo” che minaccia la vita e la dignità di tante persone. Ogni giorno dobbiamo confrontarci con questa ingiustizia, mi permetto di più, con questo peccato […]. Non possiamo compiere un miracolo come l’ha fatto Gesù; tuttavia possiamo fare qualcosa, di fronte all’emergenza della fame, qualcosa di umile, e che ha anche la forza di un miracolo. Prima di tutto possiamo educarci all’umanità, a riconoscere l’umanità presente in ogni persona, bisognosa di tutto. Continuate con fiducia questa opera, attuando la cultura dell’incontro e della condivisione. […] Condividere ciò che abbiamo con coloro che non hanno i mezzi per soddisfare un bisogno così primario, ci educa a quella carità che è un dono traboccante di passione per la vita dei poveri».
La carità non è appannaggio di qualcuno. La proposta di fare la spesa a favore dei poveri ha in sé un contenuto profondamente educativo. Noi tutti siamo chiamati a sperimentare che la carità è della stessa natura dell’uomo. Nessuno, però, fa esperienza soltanto quando prova o sperimenta qualcosa. Un uomo può aver avuto tante donne, ma può non aver mai fatto esperienza dell’amore. Miguel Mañara, la figura storica nascosta sotto il leggendario Don Giovanni, ha conquistato tante donne, ma non conosce davvero la natura dell’amore fin quando non incontra Girolama, che lo abbraccia nonostante il suo limite, che lo ama per quello che è, che gli mostra una letizia che le altre donne non possedevano. Miguel Mañara incontra una umanità diversa, più corrispondente alla sua attesa, al suo umano desiderio di essere amato.
Non c’è umana esperienza senza questa verifica di corrispondenza al cuore. Nell’esperienza dell’amore la persona coglie la propria dimensione strutturale di essere dipendenza da un altro e percepisce un compimento, una soddisfazione, una letizia maggiori rispetto ad una posizione narcisistica di auto soddisfazione. L’apertura all’altro è una dimensione naturale per l’essere umano che spesso, crescendo, finisce per dimenticarselo fino a quando non fa nuovamente esperienza di essere amato. Quando accade questo? Solo quando qualcuno gli fa percepire che tiene proprio a lui, che gli vuole bene così come è, incondizionatamente, senza preclusioni.
Un fatto, tra i tanti sorprendenti che mi sono capitati in questi anni durante la colletta alimentare, testimonia in maniera emblematica che questa giornata è, in primo luogo, un’occasione di incontro e di condivisione del significato del gesto. Qualche anno fa, io e un mio collega di scuola abbiamo invitato gli studenti a partecipare alla Colletta, dopo averli accompagnati a visitare la sede del Banco in Lombardia. «Condividere un bisogno per condividere il senso della vita» era il motto. Il giorno della Colletta, nel pomeriggio, entra nel supermercato una signora anziana. Avrà forse ottant’anni. Mentre procede con passo lento e stanco, alcuni miei studenti la fermano per invitarla a fare la spesa, ma lei non vuole sentire ragioni. In maniera un po’ incauta e repentina la incalzo: «Signora, le devo dire una cosa importante!». Allora, arrabbiata e con sguardo di rimprovero, la signora inizia a farmi una predica sui giovani di oggi e sulla loro presunzione, mi racconta la sua storia, del trasferimento nei campi di concentramento in gioventù, della fortuna di essere un’esperta in un settore che poteva servire ai nazisti, della povertà sperimentata nel Secondo dopoguerra. Mentre racconta, la ascolto attentamente e le faccio delle domande. Nel contempo, ogni tanto, quando passano dei clienti del supermercato, le chiedo scusa e interrompo momentaneamente l’ascolto per invitare al gesto della colletta. Col passare dei minuti il suo sguardo si intenerisce e si fa meno duro. Dopo un po’, mi chiede di poter far la conoscenza anche degli altri volontari e inizia a fermare i clienti del supermercato. A coloro che non si fermano non risparmia le critiche: «Vergognatevi!». Dopo due ore, la signora fa la spesa per la colletta. E poi, visto che ha la febbre, la invitiamo ad andare a casa a riposarsi. Questa volta, che fatica a convincerla ad andare via!
Che sorpresa è rendersi conto che un gesto così dignitoso, un gesto di carità è per noi, perché possiamo essere più lieti! Che sorpresa è assistere ad un giorno ordinario che diventa straordinario per la presenza di Cristo, che è amore che unisce, che fa condividere, che riempie di senso e della sua presenza il vuoto della giornata!
Si può sempre scommettere sulla nostra umanità e sulla quella altrui, perché, come dice un personaggio del romanzo Diario di un curato di campagna di Bernanos, «ogni uomo conserva sempre la possibilità di amare. L’Inferno è non amare più». Per questo l’invito rivolto a tutti è di partecipare alla Colletta, sia come volontari che facendo la spesa.
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3 commenti
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la carità verso tutti purchè non siano di sinistra, sarebbe come ospitare una vipera nel proprio letto
Ubi Veritas, ibi Charitas.
Ubi Charitas, ibi Pax.
Non c’è pace senza ordine.
Non fatevi tentare da una carità anarchica, religiosamente indifferentista, in ultima analisi materialista.
Lo dico avendo a lungo lavorato col Banco alimentare.
CERCATE PRIMA DI TUTTO IL REGNO DI DIO E LA SUA GIUSTIZIA
nel regno di Dio, che i cristiani devono cercare di realizzare su questa terra, c’è certamente posto per la carità che è innanzitutto un atteggiamento del cuore, ma non per la beneficenza. la beneficenza è li dove c’è ingiustizia, dove pochi. hanno molto ( e lasciamo perdere come accumulato) e molti hanno poco o niente (lo dice anche Francesco). il regno di Dio, che è un regno di giustizia non può tollerare ciò