
Cnel. Siccome non sono riusciti a cancellarlo, lo hanno occupato con i loro amici

Prima di essere confusa a Venezia per una star del cinema Maria Elena Boschi, sottosegretaria di Stato, chiudeva la pratica del Cnel nominando il nuovo consiglio dell’ente. Curiosa nemesi: la Marianna dell’assalto referendario alla Bastiglia di palazzo Lubin – «l’ente più inutile e costoso della storia» secondo la parola d’ordine renziana – è la stessa persona chiamata a firmare il decreto di rinnovo per il quinquennio 2107-2022, decreto con cui si ufficializza il rientro nel Cnel – ma è più esatto dire la rioccupazione – da parte delle vecchie sigle datoriali e sindacali. In gran parte si tratta degli stessi volonterosi fedayn della crociata referendaria per l’abrogazione del Cnel: da Confindustria – che conferma i suoi sei membri, non uno di meno – a Coldiretti, da Confcommercio a Lega coop, da Confartigianato a Copagri, da Cia alla Cisl passando per Confooperative.
La morale è che ciò che i renziani non sono riusciti a cancellare lo hanno occupato con i loro amici. Per la verità uno spiraglio di allargare un poco le maglie della rappresentanza si era aperto. L’idea del governo, onde attutire le polemiche che stanno uscendo in queste ore, era ridurre la rappresentanza delle sigle storiche e far spazio a nuove realtà – 4 rappresentanti a Confindustria invece di 6; 5 alla Cgil invece di 7; 4 alla Cisl invece di 6 – ma poi a fine agosto si è fatta macchina indietro e si è preferita la fotocopia del precedente consiglio. Meglio non urtare certe suscettibilità e poi fra qualche mese si vota…
Cose che capitano naturalmente in fase di rottamazione mutilata. Ma non è questo il punto. Il punto è che nessuno ci ha ancora spiegato quale dovrebbe essere da oggi il destino operativo del Cnel, che cosa cioè saranno chiamati a fare i 48 nuovi consiglieri nominati nel parlamentino di palazzo Lubin. Se la funzione dei loro predecessori infatti, secondo la vulgata renziana, era quella di scaldare le sedie dell’ente quale sarà adesso la loro attività? La stessa? La risposta che viene dall’interno del Cnel – in forma rigorosamente anonima – è spiazzante: il rischio non è l’inattività ma proprio la diserzione. Il parlamentino del Cnel in altri termini potrebbe trasformarsi in un’assemblea di fantasmi dal giorno successivo all’inaugurazione del nuovo consiglio. Al Cnel infatti non andrà probabilmente nessuno dei consiglieri ora nominati. Dopo che ai consiglieri sono stati tolti gettoni di presenza e rimborsi spese infatti perché qualcuno dei rappresentanti delle sigle chiamate a far parte del Cnel – che hanno già ottenuto la patente di rappresentanza – dovrebbe disturbarsi a presentarsi a palazzo Lubin? Tanto più che la maggior parte di loro vengono da fuori Roma.
Insomma la sensazione è che Maria Elena Boschi potrebbe avere firmato con il rinnovo del consiglio del Cnel il testamento biologico dell’ente e il governo, con la nomina di Tiziano Treu, avviato il procedimento della sua eutanasia. Scenario più che verisimile complice anche il felpato attendismo di Gentiloni che ritiene il Cnel partita secondaria e che certo non sacrificherebbe la tregua armata con i renziani per la difesa dell’onore di un ente controverso. Da qui anche lo studiato immobilismo di Tiziano Treu – quieta non movere et mota quietare – attivo finora solo nel sopire e troncare. Una vendetta postuma e silenziosa quella dei renziani contro il Cnel: il loro intento sarebbe quello di accompagnare il Cnel dal coma indotto alla morte per cessata attività intanto lasciando acquartierare nel limbo gli amici di Confindustria – ricordate lo studio sull’apocalisse economica in caso di vittoria del No al referendum? – e delle altre sigle del Sì al referendum. Da qui anche la cessazione del rumore prodotto dai renziani sul Cnel rispetto a solo un paio di mesi fa, quando ancora in parlamento girava una proposta di legge per la sua abolizione, a referendum già perso, a firma del deputato Pd Giuseppe Guerini.
Un silenzio che presto verrà rotto tuttavia dalle associazioni sindacali e datoriali rimaste fuori dal Cnel – erano 350 i candidati a far parte del consiglio di palazzo Lubin – che si preparano a un’ondata di ricorsi, curiose di conoscere quali sono stati i criteri di selezione per l’ingresso o l’esclusione al Cnel. Il decreto di rinnovo dell’ente firmato da Maria Elena Boschi parla di «una complessa ed articolata valutazione per la scelta dell’elenco dei rappresentanti delle categorie produttive e dei servizi nei settori pubblico e privato». E sicuramente nelle risposte alle centinaia di ricorrenti verrà spiegata nel merito la differenza tra questo criterio e la cooptazione.
Intanto resta, come si diceva, l’enigma del Cnel. Stefano Ruvolo, presidente di Confimprenditori, l’unica associazione datoriale che si era schierata per il No al referendum e all’abrogazione del Cnel, ricorda che la sua associazione mesi fa, ha presentato una proposta per una riforma organica dell’ente. «Riforma – spiega Ruvolo a Tempi – che prevede la riorganizzazione e l’autofinanziamento del Cnel così da poter riattivare le potenzialità del Cnel che sono enormi, anche perché all’interno dell’ente ci sono professionalità che non ci stanno ad essere mortificate. La proposta è a disposizione di chiunque voglia discuterne. A cominciare dagli stessi che in nome della disintermediazione volevano abrogare l’ente perché inutile e costoso e che oggi sono nell’imbarazzante condizione di mantenerne lo spettro. L’impressione – continua il presidente di Confimprenditori – è che il tentativo in atto sia quello di salvare da un lato i doveri procedurali di rinnovo del consiglio dall’altro la faccia di quei politici che hanno scatenato contro il Cnel l’offensiva referendaria malamente perduta. Ma è un equivoco che non fa onore a nessuno, che toglie dignità all’ente e alle istituzioni e che soprattutto non potrà durare a lungo».
Foto Ansa
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