Cina. «Nel mio campo di rieducazione sono morti 150 uiguri in sei mesi»

Per la prima volta un funzionario della polizia locale ammette che nei campi di lavoro per musulmani uiguri dello Xinjiang stanno morendo centinaia di persone

Almeno 150 musulmani di etnia uigura sono morti tra giugno e dicembre 2018 in un singolo campo di rieducazione attraverso il lavoro nella città di Aksu, contea di Kuchar, nella provincia cinese dello Xinjiang. Lo ha rivelato a Radio Free Asia un funzionario della polizia della contea di Kuchar, che ha lavorato sei mesi nel campo di lavoro in questione, il numero 1 del distretto di Yengisher. «Non si può dire che siano morte 200 persone», ha dichiarato smentendo le illazioni dei giornalisti. «Direi più 150 o qualcosa di simile», ha aggiunto specificando che le vittime fanno riferimento solo al periodo limitato di sei mesi nel quale ha lavorato all’interno della struttura. Nei quattro campi della contea di Kuchar dovrebbero essere internate circa 50 mila persone.

1,5 MILIONI DI MUSULMANI UIGURI INTERNATI

È la prima volta che un funzionario cinese conferma che nel Xinjiang il regime comunista sta attuando qualcosa di molto simile a una pulizia etnica. Il dato è particolarmente allarmante, se si considera che in tutta la provincia sono stati rinchiusi a partire dal 2017 almeno 1,5 milioni di musulmani uiguri, accusati di avere «idee politicamente scorrette» e «sentimenti religiosi forti». Se solo in un singolo campo, e in soli sei mesi, sono morte 150 persone, la cifra totale delle vittime potrebbe essere spaventosa.

A metà ottobre fonti della prefettura di Kuchar avevano svelato che il capo della polizia della città di Ucha (Aksu), Himit Qari, era stato incarcerato per «rivelazione di segreto di Stato», dopo essersi lamentato a casa di un amico che nei campi erano già morti «200 e più» suoi concittadini. Qari era stato responsabile dell’arresto e dell’internamento degli uiguri nella sua zona.

AMPLIARE I CREMATORI

Il funzionario della polizia di Kuchar ha aggiunto che le 150 vittime sono state sepolte «in normali cimiteri» e che le autorità comuniste locali si sono raccomandate con le famiglie di non dire niente. «Che io sappia, nessuna famiglia si è mostrata arrabbiata», ha aggiunto.

Altri funzionari locali non hanno voluto commentare la notizia, anche se in passato un impiegato nel crematorio di Kuchar aveva dichiarato a Rfa che i corpi dei defunti uiguri «provengono dai campi di lavoro» e che il Partito stava pensando di ampliare il centro per far fronte al crescente numero di defunti da cremare.

«DIVENTARE UNA FAMIGLIA»

Gli abusi (che comprendono indottrinamento, violenze fisiche e psicologiche, lavori forzati, aborti e sterilizzazioni forzati) però non riguardano solamente le persone incarcerate. Secondo Rfa, infatti, i familiari di chi viene internato sono costretti a «invitare» regolarmente a casa propria dei membri del Partito comunista di etnia Han, incaricati di sorvegliare sulle loro abitudini e idee politiche. Il programma “Facciamo coppia e diventiamo una famiglia” prevede addirittura che gli ispettori di etnia Han dormano nello stesso letto delle mogli degli uomini incarcerati. Secondo un funzionario incaricato di sorvegliare le famiglie uigure, nessuno cerca di approfittarsi delle donne e dormire insieme a loro è «normale» dal momento che devono essere considerati come «familiari».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Exit mobile version