Associazione patriottica: «La Chiesa cinese resterà indipendente» da Roma

Di Leone Grotti
25 Settembre 2018
A poche ore dalla firma dell'accordo tra Cina e Vaticano, un comunicato dell'organismo fedele al partito comunista solleva qualche dubbio. I fedeli sono divisi: «Non accetto che la Chiesa si sottometta al regime»
Faithful from China during weekly general audience in St. Peter's Square at the Vatican, Wednesday, November 22, 2017. ANSA/Fabio Frustaci

La Chiesa cattolica cinese «continuerà a operare in maniera indipendente». A neanche 48 ore dalla firma dell’accordo tra Roma e Pechino sulla nomina dei vescovi, Associazione patriottica e Consiglio dei vescovi della Chiesa in Cina hanno voluto ribadire per iscritto che i fedeli cinesi continueranno a essere guidati da organismi legati al partito comunista e non dal Papa. Gli organismi non riconosciuti dalla Santa Sede hanno scritto, come riporta il Global Times, che «sosteniamo in modo incondizionato l’accordo e porteremo avanti il principio di indipendenza e auto-governo, il concetto di sinicizzazione della religione, rimanendo sul sentiero che porta alla società socialista».

COSA SAPPIAMO. Il comunicato solleva qualche dubbio sull’intesa annunciata sabato e i cui dettagli non verranno rivelati, come spiegato dalla Santa Sede. Di sicuro c’è che papa Francesco ha tolto la scomunica a sette vescovi illegittimi, ordinati senza mandato papale tra il 2000 e il 2012, e costituito per uno di loro (monsignor Guo Jincai) l’apposita diocesi di Chengde.

NOMINA DEI VESCOVI. Roma e Pechino dovrebbero inoltre collaborare alla nomina dei vescovi. I candidati dovrebbero essere proposti dalla Cina e approvati in ultima istanza dal Papa, che avrà il potere di veto. Non essendo disponibile però il testo dell’accordo, è difficile dire chi sarà a proporre i candidati, se le singole diocesi o un organismo guidato dal partito comunista, e quale potere di veto è stato accordato al Papa.

PROCESSO DI RIAVVICINAMENTO. L’obiettivo della Chiesa, come dichiarato dal segretario di Stato Pietro Parolin, è «pastorale», cioè «aiutare le chiese locali ad avere più libertà» e «iniziare un processo» di riavvicinamento per porre fine alla Chiesa “indipendente” rivendicata da Pechino. Anche se la nota dell’Associazione patriottica getta qualche ombra su quest’ultimo punto. Per quanto riguarda gli altri nodi problematici dell’accordo, ne avevamo già parlato qui.

«JOINT VENTURE CATTOLICA». I fedeli cattolici di Hong Kong e Taiwan hanno reagito in modo diverso all’annuncio dell’accordo, come riportato da Hongkongfp. Alcuni confidano nella «positività dei contatti», altri accusano Roma di «trattare con il diavolo». Sul South China Morning Post, uno dei migliori giornali di Hong Kong, il columnist Alex Lo ha commentato: «Anche quando il business riguarda le anime da salvare, si tratta sempre di business. Come molte aziende occidentali sono disposte a perdere autonomia entrando in joint venture con le aziende cinesi sotto il controllo di Pechino, pur di entrare nel mercato cinese, così il Vaticano, dopo aver resistito a lungo, ha accettato la selezione congiunta dei vescovi, che è la versione cattolica di una joint venture».

LETTURA DEI GIORNALI. Fatto questo primo passo, secondo Lo, la rottura dei rapporti diplomatici con Taiwan sarà «solo questione di tempo». La Santa Sede avrebbe accettato l’accordo con un occhio rivolto al «futuro», cioè alla possibilità di evangelizzare senza restrizioni la Cina, un «mercato» enorme, dove negli ultimi anni la fede cattolica si è molto indebolita rispetto all’exploit delle chiese protestanti. «Io, come ogni persona non più praticante, sono un grande fan di papa Francesco. Ma è davvero difficile credere che questo non sia il principale motivo» per cui ha accettato l’accordo, conclude Lo.

NESSUN ACCENNO ALLA PERSECUZIONE. Al di là della visione politico-religiosa dell’intesa offerta da Lo, Bernardo Cervellera scrive su AsiaNews che ci sono elementi positivi e negativi nell’accordo. Tra questi ultimi c’è la mancanza totale di «accenni alla persecuzione che i cattolici e tutti cristiani stanno sostenendo in questo tempi. Questo fa guardare all’accordo provvisorio come a un risultato strano, un po’ insperato, provvisorio, ma senza futuro, perché getta un’ombra di sospetto sull’interlocutore con cui la Santa Sede ha deciso di dialogare».

ASCOLTARE I CATTOLICI CINESI. L’accordo, come sottolineato dal Vaticano, è «provvisorio» e sarà sottoposto a «valutazioni periodiche». Mentre veniva annunciato, papa Francesco a Vilnius ricordava le vittime del comunismo, pregando di non diventare «sordi al grido di tutti quelli che oggi continuano ad alzare la voce al cielo». Questo, come nota AsiaNews, «è proprio quanto i cattolici cinesi domandano». La speranza è che l’accordo, proprio perché definito «non politico ma pastorale», favorisca l’ascolto di questi fedeli e una maggiore e rinnovata vicinanza della Santa Sede.
E se alcuni hanno concesso un’apertura di credito al Vaticano, altri hanno usato parole molto dure, come riportato da Ucanews: «Non posso accettare che la Chiesa si sottometta al regime. Quando la Chiesa viene assimilata dal diavolo, significa che è giunto il momento di agire in accordo con la propria coscienza. Io resterò in casa a pregare, non andrò a messa da vescovi che hanno figli e amanti. Una Chiesa simile è ancora la Chiesa di Gesù?».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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