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Cina. Il grande bluff in avanti

Di Alan Patarga
16 Gennaio 2022
L’ingresso vent’anni fa nel Wto è stato per Pechino l’inizio di un’espansione globale altrimenti impossibile. Ma la mega abbuffata di merci cinesi a cui l’Occidente ha partecipato festoso non era affatto low cost. E l’ora dei conti è arrivata
Operai cinesi al lavoro in una fabbrica di abbigliamento a Guangzhou
Operai al lavoro in una fabbrica di abbigliamento destinato al mercato online a Guangzhou nel Guangdong, Cina, 20 maggio 2020 (foto Ansa)

La grancassa della propaganda ha cominciato a battere presto, la mattina dell’11 dicembre. L’anniversario, d’altro canto, era di quelli importanti e meritava di essere adeguatamente celebrato. Così, l’agenzia di Stato Xinhua – con un lungo lancio poi ripreso da giornali ed emittenti radio e tv – ha ricordato come «24 anni fa, quando aprì un ufficetto a Shanghai per tastare il terreno in Cina, il colosso francese della cosmetica L’Oréal vi destinò pochi impiegati. Oggi quel pied-à-terre è diventato il quartier generale in Asia settentrionale della più grande multinazionale della bellezza a livello globale, che solo in Cina dà lavoro a 10 mila persone e può vantare un portafoglio di ben 25 marchi».
Prodigi dell’apertura al mercato, fortemente perseguita dall’allora presidente Jiang Zemin, che portò Pechino ad aderire all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) l’11 dicembre 2001, esattamente tre mesi dopo l’attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York. Novanta giorni...

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