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Chiunque sarà il ministro della Giustizia, le priorità sono le stesse da 25 anni

Di Alfredo Mantovano
19 Ottobre 2022
Se la nuova legislatura intende veramente fare riforme tanto condivise quanto ineludibili, dovrà innanzitutto riequilibrare i poteri dello Stato all’interno di questo dicastero fondamentale
Statua della dea bendata della giustizia
Foto di Tingey Injury Law Firm per Unsplash

È uno dei non pochi settori per il quale le riforme sono indilazionabili: sia di quadro, fino a toccare taluni articoli della Costituzione, sia di dettaglio, per porre rimedio a disposizioni improvvide introdotte dagli ultimi due ministri. Lasciando da parte le questioni di dettaglio, il quadro generale è che, nonostante le divergenze esistenti fra lo schieramento politico che ha vinto le elezioni e quelli risultati perdenti, su come affrontarle in teoria dovrebbe esservi un consenso ben più ampio di quello conseguito dalla nuova maggioranza.
È da almeno un quarto di secolo, cioè dalla Commissione bicamerale presieduta da D’Alema, che quasi tutte le forze politiche convergono su:
1) una vera e formale separazione delle carriere, a 33 anni dall’entrata in vigore di un codice di procedura penale che ha trasformato il pubblico ministero in una parte, se pure pubblica, certamente non assimilabile al giudice. La riforma Cartabia ha compiuto un passo ulteriore rispetto alla riforma...

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