
Tentar (un giudizio) non nuoce
Chi raccoglierà l’eredità politica di Berlusconi?

L’immensa folla di popolo che mercoledì ha accompagnato Silvio Berlusconi in Piazza Duomo per l’ultimo saluto forse da sola è capace di suggerire e di porre in luce quanto decine di editoriali non saranno capaci di fare. Per quelle persone, Berlusconi era Silvio, un nome proprio che attiene all’intimità dei più cari, di quelle persone che a diverso titolo nel corso della storia si sono immedesimati, ne hanno accompagnato l’ascesa e le più pericolose cadute. In ogni caso era sempre Silvio. Antichi i tempi in cui i politici si chiamavano per cognome, anche tra di loro, perché andava ben distinto il pubblico con il privato. Berlusconi ha frantumato la barriera, forse è andato oltre, ma si è fatto popolo, è stato il primo populista e forse anche colui che ne ha chiuso il ciclo appoggiando il governo Draghi.
Tentare oggi un giudizio sull’eredità politica del presidente Silvio Berlusconi è un’impresa ardua, perché l’uomo è stato, allo stesso tempo, tante cose diverse. Eppure, l’operazione si rende necessaria. Dopo i giorni del cordoglio, dell’emozione, del giusto tributo assegnatogli da quasi tutti i leader politici, alleati e avversari, la domanda si fa pressante. Cosa rimarrà dell’esperienza politica del Cavaliere? Si può rispondere superficialmente, senza andare al fondo delle cose, e reagire dicendo: Forza Italia. Oppure il centrodestra unito. La complessità che egli stesso ha testimoniato ci chiede però di andare oltre.
Le novità introdotte da Berlusconi
Silvio Berlusconi ha introdotto elementi di novità nel nostro sistema Paese che sono oramai consolidati e divenuti prassi comune. Non ha prodotto riforme istituzionali, ma, di fatto, le ha inserite nell’ordinamento attraverso una prassi che poi tutti hanno condiviso, anche chi gli è stato da sempre avversario. Berlusconi ha introdotto, senza modificare la Costituzione, il bipolarismo nel nostro Paese, è stato colui che ha personalizzato, prima di ogni altro, la figura del premier, del presidente del Consiglio “eletto dal popolo” inventandolo di sana pianta. Un ossimoro costituzionale, che ha introdotto la Costituzione materiale non solo nei discorsi accademici, ma nel sentimento popolare. Con Berlusconi il leaderismo è stato sdoganato sino a sintetizzarlo in un presidenzialismo di fatto.
Prima di lui, nessuno si era mai azzardato a porre il proprio nome sulla scheda elettorale. Facendolo ha contagiato anche gli avversari, determinandone, che piaccia o meno, anche il loro aspetto politico-culturale.
Cambiare lo stato delle cose
La sua figura, così imponente, fuori dalle righe, singolare e al tempo stesso empatica, ha costretto gli avversari a coalizzarsi contro di lui. Con la sua sola presenza ha sostanzialmente cambiato “lo stato di cose presenti” (così come forse il suo amico Lucio Coletti, esperto di marxismo, alla nascita di Forza Italia gli aveva spiegato).
L’eredità di Berlusconi è tutta dentro lo spazio dell’umano e nel rapporto con gli altri, che ovviamente ha prodotto governi, scelte di campo e decisioni. Egli è stato però l’uomo che a cavallo dei due secoli ha preservato una tradizione di un pensiero politico a cui più volte si è appellato: quello della storia liberale cristiana del popolarismo europeo con l’ancoraggio al Ppe e alla cultura moderata e democratica del centrodestra.
Oltre a tutto questo è necessario sottolineare, come hanno fatto in molti in questi giorni, la sua straordinaria capacità di empatia umana con l’altro, uomo del popolo o leader che fosse. La sua eredità politica non potrà ignorare questa sua dimensione personale, questa sua capacità relazionale di interesse verso gli altri. Codesta caratteristica per lui naturale denotava l’attenzione alla singola persona e non ad una indistinta moltitudine, rappresenta una caratteristica dominante della sua eredità politica.
Sicuramente su molti aspetti ha avuto comportamenti contradditori, su alcuni punti il suo non è stato un atteggiamento commendevole, ma tutte queste caratteristiche si sono impastate, condensandosi tra loro e producendo quell’empatia e quella sensibilità popolare in cui l’uomo qualunque ha potuto riconoscersi, senza dover fare i conti con la distanza del potere.
Quale eredità
Dunque, chi raccoglierà l’eredità politica di Berlusconi? Chi saprà mettere insieme il suo radicamento nei valori liberal-democratici e cristiani tipici del popolarismo europeo, la sua attenzione al singolo uomo concreto, non astratto, praticata con uno stile di vita che tutti gli hanno riconosciuto e la sua capacità di trovare forme nuove per esprimere contenuti antichi.
Questa è la sfida. La vera eredità politica di Berlusconi la raccoglierà chi saprà innovare, proponendo valori e culture politiche antiche e buone con forme nuove e più corrispondenti alle attese del tempo in cui viviamo, non chi vorrà conservare le ceneri di ciò che lui ha saputo costruire.
Sapranno i popolari, i liberali e i conservatori italiani fare insieme questo percorso o si attarderanno nella difesa di forme superate? Includere, inglobare, farsi capire da tutti e dare a tutti la possibilità di comprendere. Questa è stata una componente della sua vita politica. Raccogliere la sfida significa reiterarne il ricordo, anche dopo i giorni della dovuta commozione, provando a fare ancora quello che a lui è riuscito.
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