Chi l’ha detto che a Pasqua non succedono miracoli?

Di Stefano Lorenzetto
19 Aprile 2017
Storia della signora Armanda, 81 anni, che ha bisogno di tutti e non serve a nessuno. E di una provvidenza che non sta a guardare

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Articolo tratto dall’Osservatore romano – Mentre Gesù moriva, per risorgere a Pasqua, deve aver fatto in modo che la Passione di Armanda M. durasse un solo giorno. Non saprei spiegarmi altrimenti la sequela di fatti, ma forse sarebbe più corretto dire miracoli, accaduti all’inizio della settimana santa, dopo che 24 ore prima avevo raccontato su due giornali, «La Verità» e «L’Arena», la penosa odissea di un’anziana veronese.

La signora Armanda ha 81 anni. Ha bisogno di tutti e non serve a nessuno. È invalida al cento per cento. Non è autosufficiente. È incontinente totale. Non sa lavarsi da sola. Va cambiata più volte al giorno. Non cammina. Non riesce ad alzarsi dal letto per mettersi in carrozzella e non riesce a sollevarsi dalla carrozzella per distendersi nel letto, serve ogni volta qualcuno che la tiri su di peso.

Che ne sarà di lei fra qualche anno? Le faranno una puntura di pentobarbital sodico con la scusa che è per il suo bene, che così non soffrirà più?

Armanda M. è stata per molti anni operaia in una conceria. Poi s’è adattata ai lavori più umili: sguattera, donna delle pulizie nei condomini, colf, badante. Ha vissuto in un alloggio popolare assegnatole dal comune di Verona in quanto priva di reddito.

Sette anni fa, avendo bisogno di accudimento continuo, è stata accolta nella casa famiglia Il Fiordaliso fondata da don Renzo Zocca, 73 anni, prete da cinquanta, che ha la stessa passione per i poveri di Papa Francesco, al quale ha regalato la propria Renault 4 bianca, vecchia di trent’anni e con trecentomila chilometri sul tachimetro.

Prima che avvenisse la consegna della Renoleta, la stessa auto che padre Bergoglio guidava in Argentina, qualcuno aveva spiegato al Pontefice che questo parroco ha consumato un quarto di secolo della sua vita in uno dei quartieri più disagiati della città, il Saval, una specie di quartiere dove la disoccupazione squassa le famiglie, dove lo stipendio — per chi un lavoro ancora ce l’ha — è sempre troppo corto e il mese sempre troppo lungo, dove i giovani s’iniettano e fumano e inalano di tutto, dove non c’è casermone immune dalla piaga dei vecchi soli e malati. Armanda M. era una parrocchiana di don Zocca. Il sacerdote non poteva abbandonarla. Quando lo hanno trasferito, doveva offrirle un’altra possibilità.

Questo accadeva nel 2010. Quattro anni dopo l’anziana donna è diventata incapace di provvedere a sé stessa. Ma la casa famiglia Il Fiordaliso non è attrezzata per assistere le persone in sedia a rotelle nelle sue condizioni. Qualche settimana fa è cominciata così l’odissea di Letizia, 51 anni, nubile, unica figlia dell’invalida totale, per cercare un posto alla mamma. Non può prenderla con sé: abita in un bilocale di 55 metri quadrati, cucina e camera, in cui un secondo letto nemmeno ci starebbe. Inoltre non potrebbe assisterla, perché dalle 18 fino alle 2 di notte fa la lavapiatti in un albergo.

L’inferma è stata ricoverata presso la casa di riposo di Cologna Veneta: è quella che pratica la tariffa più bassa, 54,30 euro al giorno. Rimane una differenza di 548 euro al mese, che Armanda M. non è in grado, con la propria pensione, di coprire. La sua permanenza in quel ricovero è garantita solo fino al 28 aprile. Poi dovrà andarsene. Ma dove?

A questo punto è intervenuta la Provvidenza, addirittura per posta certificata. A meno di 24 ore dall’uscita dell’articolo, mi è giunto infatti da F. C., 71 anni, sposato da 45, tre figlie, dottore commercialista e revisore legale, ufficiale degli alpini in congedo, il seguente messaggio: «Voglio prontamente mettermi a disposizione di Armanda M. per un supporto almeno di carattere economico, alla sola condizione del mio assoluto anonimato nei confronti di chiunque. Tenuto conto dell’urgenza e delle esigenze prioritarie, propongo di disporre subito la somma di euro 10 mila, alla quale seguirà, con decorrenza dal 1° luglio prossimo, a scadenza trimestrale ed erogazione anticipata entro la prima decade di ogni trimestre, la somma di euro 5 mila, vita natural durante della nominata signora. Sono fortunatamente in condizione di poter assicurare il pieno adempimento di tale impegno e di confermarlo, dopo averne informato le mie eredi, anche con apposita espressione di ultime volontà, cui sarà mia cura provvedere per l’eventualità di morte prematura».

Ancora stordito da tanto altruismo, stavo riflettendo sulla residua utilità della carta stampata quand’ecco che è squillato il telefono. «Sono don Renzo Zocca. Il tuo articolo ci ha parecchio scossi» è andato dritto al sodo. «Ho radunato la mia gente e abbiamo concluso che non poteva rimanere senza risposta. Per cui abbiamo deciso di riprendere Armanda con noi. Non so come faremo, ma lo faremo. Compreremo il paranco per sollevarla quando c’è da metterla a letto o da farle il bagno, assumeremo una badante, butteremo giù i muri di una stanza, tutto quello che serve. Ma tornerà con noi».

Senza dire nulla di F. C. al prete, due giorni dopo sono andato a visitare la casa famiglia Il Fiordaliso. Ciò che ho visto e ho udito merita un racconto a parte, che prima o poi scriverò, perché per una volta dà torto a Enzo Biagi, il quale mi diceva che «nel bene non c’è romanzo». Oh, se c’è!

Basta leggere quello che viene scritto ogni giorno con gli anziani da Giulia, Silvia e Stefania, 21, 23 e 27 anni, tre ragazze molto carine alla loro prima esperienza di lavoro come assistenti. Ne sono state assunte cinque in questa comunità, tutte diplomate o laureate.

Subito dopo ho telefonato al benefattore F. C. per chiedergli se fosse disposto ad andare incontro alle difficoltà di don Zocca nel mantenere il gravoso impegno di riprendere Armanda M. con sé. La sua risposta, immediata, è stata questa: «Ma senz’altro! Io provvederò subito a coprire le spese urgenti e poi ci accorderemo per il vitalizio successivo». Sono rimasto senza parole. Da quel momento mi ha pregato di dargli del tu.

Ho quindi rintracciato la figlia della signora, per informarla che il calvario della mamma era finito. Quando le ho spiegato in che modo, è scoppiata a piangere.

Sul caso di Armanda M. mi aspettavo una risposta anche da qualche politico. So per certo che la storia è stata letta da chi avrebbe (ha) l’autorità per intervenire. Avevo implorato per l’invalida una sorpresa di Pasqua: un letto e un piatto di minestra vicino a casa. Ma neppure un fiato è giunto dai palazzi del potere. Non lo considero uno scandalo, al massimo una conferma, l’ennesima. A portare la croce, come duemila anni fa, F. C., don Zocca e pochi altri cirenei. Sì, nella settimana di Passione è rimasto solo il Nazareno a occuparsi dei poveri cristi per farli risorgere con lui.

Foto da Shutterstock

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