
Chi comanda in Italia, la politica o la burocrazia e i magistrati?

Interessante editoriale pubblicato oggi sul Corriere a firma di Angelo Panebianco intitolato (“La politica senza potere”). Si domanda il politologo: «Perché nessuno fra gli impegnati nella campagna elettorale parla del fatto che la politica rappresentativa pesa oggi molto meno, esercita molto meno potere, delle burocrazie amministrative e giudiziarie?».
La risposta è duplice:
1) «Non puoi chiedere il voto dell’elettore dopo avergli detto che conti poco. Devi invece convincerlo che, se verrai eletto, sarai potente e in grado di fare tutte le cose che hai promesso».
2) «Se i politici dicessero la verità, ossia che amministrativi e magistrati (di ogni tipo) hanno più potere di loro, non verrebbero creduti dai più. Direbbero gli elettori: non siete voi politici quelli sempre in vetrina e che chiedono il voto?».
Eppure, scrive Panebianco, questa è la situazione attuale: l’Italia è in mano ad alcuni di cui non conosciamo il volto. il professore poi spiega le ragioni storiche di questa situazione, che affondano nei tempi di Mani pulite quando si diffusa «la madre di tutte le fake news, la falsa idea secondo cui questo sarebbe il Paese più corrotto del mondo o giù di lì. Per responsabilità dei politici, ovviamente. Un’idea che nessuno ha più tolto dalla testa di gran parte degli italiani. Si capisce perché. Alle suddette burocrazie fa comodo che i nostri concittadini lo pensino per tenere sulla graticola la politica rappresentativa, per mantenere deboli, ricattabili e al guinzaglio i politici».
Da allora la politica non si è più ripresa, fallendo tutti i tentativi per riformare
«l’amministrazione o le magistrature. Basta che qualcuno ci provi e gli interessi minacciati sono in grado di mobilitargli contro un’opinione pubblica disinformata e pregiudizialmente ostile alla politica. Inoltre, quegli interessi dispongono (tra Corte costituzionale e tribunali amministrativi) di mezzi di difesa potenti. Non c’è possibile riforma del settore della quale non si possa dire che lederebbe qualche “diritto acquisito”».
«Il problema – prosegue l’editorialista del Corriere – è che quando la politica cede il bastone del comando alle burocrazie amministrative e giudiziarie, un Paese rischia grosso perché esse sanno autotutelarsi ma non sanno governarlo. Lo provano i colpi di maglio giudiziari contro insediamenti industriali o contro l’export (affari di miliardi in fumo per procedimenti giudiziari su presunte tangenti finiti con assoluzioni) o contro lo sfruttamento del patrimonio energetico, che hanno vanificato tante occasioni di sviluppo. Per non parlare della capacità che ha l’amministrazione di rendere difficilissima la vita delle aziende». La conclusione è amara: «Le burocrazie, amministrative e giudiziarie, spadroneggiano. I politici o sono al loro servizio o sono troppo deboli per tenerle a bada. Lasciate a se stesse quelle burocrazie ci preparano un futuro di autarchia e di declino economico e culturale. Chi fosse interessato a far restare il Paese nel mondo moderno dovrebbe porsi il problema di come tagliare loro le unghie».
Foto Ansa
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