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Che fine hanno fatto le «orribili fosse comuni» delle scuole cristiane canadesi?

Di Annalisa Teggi
03 Settembre 2023
A due anni dai primi titoloni, i presunti cadaveri dei bambini indigeni seppelliti in massa nelle famigerate “residential school” del paese continuano a non saltare fuori. Resta però l’accusa di «negazionismo» per chi osa mettere in dubbio il «genocidio»
Il primo ministro canadese Justin Trudeau con un orsacchiotto di peluche sul luogo della presunta fossa comune di bambini indigeni individuata nei pressi di una scuola residenziale nella riserva di Cowessess, 6 luglio 2021
Il primo ministro canadese Justin Trudeau con un orsacchiotto di peluche sul luogo della presunta fossa comune di bambini indigeni individuata nei pressi di una scuola residenziale nella riserva di Cowessess, 6 luglio 2021 (foto Ansa)

“‘Una storia orribile’. Segnalata in Canada una fossa comune di bambini indigeni”. Con questo titolo potente nel maggio del 2021 il New York Times innescava un’estate tremenda per il paese di Justin Trudeau: «Una comunità indigena sostiene di avere trovato le prove del fatto che 215 bambini furono sepolti nel terreno di una scuola della British Columbia, una delle tante create in Canada per assimilarli con la forza». Dal sito di Kamloops esplodeva così il caso delle “scuole residenziali”. Istituite alla fine del XIX secolo per educare i bambini Inuit e First Nation al fine di integrarli nella società canadese, e amministrate per lo più dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa anglicana e dalla Chiesa unita del Canada, erano già finite sotto accusa per abusi e maltrattamenti subiti dai bambini nativi, ma prima non erano mai state denunciate uccisioni di massa.
Nell’estate e autunno 2021 si passa dalla narrazione di un «genocidio culturale» a quella di un «genocidio infantile».
Esattamente ...

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