Che cosa vuol dire «testimoniare» la fede in politica secondo papa Francesco

Di Roberto Colombo
26 Agosto 2018
Bisogna battersi in Parlamento per fare approvare «leggi coerenti con la visione cristiana dell’uomo». Ecco un invito di Bergoglio che nessun giornale rilancerà

Il 22 agosto, papa Francesco, ricevendo in udienza un gruppo di legislatori cattolici che partecipano al meeting promosso a Roma dall’International Catholic Legislators Network – una collaborazione di parlamentari di tutto il mondo, fondata nel 2010 come iniziativa internazionale indipendente e apartitica –, ha rivolto loro un discorso che ha toccato diverse questioni cruciali per il tempo presente in diversi paesi del mondo, tra le quali quella della libertà religiosa è in primo piano perché – ha ricordato il Papa – «si è tragicamente aggravata la situazione dei cristiani e di altre minoranze religiose in regioni attraversate dal fondamentalismo». Si tratta di «discriminazioni, vessazioni e vere e proprie persecuzioni che non sempre vengono adeguatamente perseguite dall’autorità costituita» e sono fomentate da «posizioni intolleranti, aggressive e violente», diffuse e crescenti. Ha offerto anche alcune preziose indicazioni di pensiero e di azione, ispirate al Vangelo e alla dottrina sociale della Chiesa, tra cui quella di allontanare «il pericolo reale di combattere l’estremismo e l’intolleranza con altrettanto estremismo e intolleranza, anche negli atteggiamenti e nelle parole».

Ma nelle parole del Santo Padre troviamo anche un invito, deciso e accorato, affinché i cattolici impegnati attivamente in politica assumano una posizione – coerente, trasparente ed evidente a tutti – con le fede che professano. Ognuno di loro, nel partito in cui milita e nella istituzione nazionale o internazionale di cui è membro, deve «cercare con umiltà e coraggio di essere un testimone» credibile di ciò in cui crede, in particolare e concretamente, proponendo e sostenendo «con competenza progetti di legge coerenti con la visione cristiana dell’uomo e della società».

Il valore fondamentale e irrinunciabile dell’impegno politico dei cristiani era già stato più volte sottolineato da papa Francesco: «Coinvolgersi nella politica è un obbligo per un cristiano. Noi cristiani non possiamo giocare da Pilato, lavarci le mani» (Discorso in occasione dell’Udienza agli studenti delle scuole gestite dai Gesuiti in Italia e Albania, 7 giugno 2013). E tre mesi dopo rilanciava: se «tante volte abbiamo sentito dire: “Un buon cattolico non si immischia in politica”, questo non è vero, quella non è una buona strada. Un buon cattolico si immischia in politica, offrendo il meglio di sé» (Omelia durante la Messa nella cappella di Santa Marta, 15 settembre 2013). Ma nel recente intervento, lo stesso Francesco ha precisato ed esemplificato in cosa consista questo impegno per un legislatore credente, indicando una condotta specifica per chi siede nei luoghi della politica deputati a legiferare: «Essere un testimone» della fede implica elaborare, presentare e approvare «progetti di legge coerenti con la visione cristiana dell’uomo e della società».

Un insegnamento, questo, che è in continuità e piena sintonia con quanto la dottrina politica della Chiesa ha indicato come linea di condotta per i cattolici, richiamata più volte nel corso dei pontificati del beato Paolo VI, di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Un documento che riassume limpidamente questo costante insegnamento è la Nota circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica emanata il 24 novembre 2002 dalla Congregazione per la Dottrina della fede, firmata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger ed approvata da san Giovanni Paolo II. Riprendendo un passo dell’esortazione apostolica Christifideles laici (n. 59), la Nota richiama i cattolici: «Nella loro esistenza non possono esserci due vite parallele: da una parte, la vita cosiddetta “spirituale”, con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall’altra, la vita cosiddetta “secolare”, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell’impegno politico e della cultura. Il tralcio, radicato nella vite che è Cristo, porta i suoi frutti in ogni settore dell’attività e dell’esistenza. Infatti, tutti i vari campi della vita laicale rientrano nel disegno di Dio, che li vuole come “luogo storico” del rivelarsi e del realizzarsi dell’amore di Gesù Cristo a gloria del Padre e a servizio dei fratelli». Pur difendendo una sana «laicità intesa come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica», la Nota ricorda che «quando l’azione politica viene a confrontarsi con principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno, allora l’impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità. Dinanzi a queste esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili, infatti, i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona. È questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia […]. Analogamente, devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale».

La ragione – prosegue la Nota – è che «la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti. Poiché la fede costituisce come un’unità inscindibile, non è logico l’isolamento di uno solo dei suoi contenuti a scapito della totalità della dottrina cattolica. L’impegno politico per un aspetto isolato della dottrina sociale della Chiesa non è sufficiente ad esaurire la responsabilità per il bene comune. Né il cattolico può pensare di delegare ad altri l’impegno che gli proviene dal vangelo di Gesù Cristo perché la verità sull’uomo e sul mondo possa essere annunciata e raggiunta». E, citando l’enciclica Evangelium vitae quando tratta della difesa dei valori legati alla vita umana (n. 73), ribadisce che, «per ogni cattolico, vige l’impossibilità di partecipare a campagne di opinione in favore di simili leggi né ad alcuno è consentito dare ad esse il suo appoggio con il proprio voto», ma « potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica».

È lo stesso papa Francesco che – attraverso la sua persona, i suoi gesti ed il suo magistero – testimonia che «la fede costituisce come un’unità inscindibile», e non è possibile «l’isolamento di uno solo dei suoi contenuti a scapito della totalità della dottrina cattolica». Al suo instancabile impegno in parole e opere per la giustizia sociale, la pace, l’accoglienza dei poveri e dei migranti, la protezione dei deboli e degli “scartati” dalla società, e la tutela ecologica, il Santo Padre unisce – con forte determinazione ed ugual coraggio – una ferma opposizione all’aborto procurato (da lui definito «un crimine», che, «come ogni uccisione», deve essere «condannato»; Conferenza stampa sul volo di ritorno dal Messico, 17 febbraio 2016), a quello «sbaglio della mente umana che è la teoria del gender» e alle «colonizzazioni ideologiche sulle famiglie» che passano attraverso programmi sistematici nella istruzione pubblica di ragazzi e giovani (Dialogo con i giovani, Napoli, 21 marzo 2015), e ai nuovi ordinamenti civili che attentano alla «famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, unitivo e procreativo, [che] appartiene al “sogno” di Dio e della sua Chiesa per la salvezza dell’umanità» intera, e non solo dei cristiani, essendo l’istituzione sociale laica per eccellenza (Discorso al tribunale della Rota romana, 22 gennaio 2016).

Il Santo Padre Francesco ha ricordato inoltre ai politici cattolici che «è in Parlamento che bisogna discutere, argomentare, spiegare, ragionare» che le unioni civili tra persone dello stesso sesso non sono accettabili, perché solo «così cresce una società» e «questa è una vera laicità. Non si possono spazzar via gli argomenti dei cattolici dicendo loro: “Parlate come un prete”. No, essi si fondano sul pensiero cristiano» (Intervista a La Croix, Casa Santa Marta, 9 maggio 2016). E recentemente ha aggiunto: «Oggi – fa male dirlo – si parla di famiglie “diversificate”: diversi tipi di famiglia. Sì, è vero che la parola “famiglia” è una parola analogica, perché si parla della “famiglia” delle stelle, delle “famiglie” degli alberi, delle “famiglie” degli animali… è una parola analogica. Ma la famiglia umana come immagine di Dio, uomo e donna, è una sola. È una sola. Può darsi che un uomo e una donna non siano credenti», ma questo vale anche per loro, vale per tutta la società (Discorso ad una Delegazione del Forum delle associazioni familiari, 16 giugno 2018).

Se, da una parte, sono da registrare degli esempi positivi di un lodevole impegno di politici e legislatori cattolici che si sono mossi nella direzione sopra indicata per quanto concerne le proposte di introduzione o di modifica restrittiva di leggi sull’aborto (tra gli altri, in Argentina e negli Stati Uniti), sullo stesso fronte della tutela del concepito le cose sono andate diversamente in diversi paesi del vecchio e di altri continenti, dove la concorde testimonianza pubblica dei cattolici nei Parlamenti nazionali è venuta meno. Ma è soprattutto in merito alle leggi sul “fine vita” e sulla “normalizzazione” giuridica di forme di convivenze more uxorio tra persone dello stesso sesso, le cosiddette “unioni civili”, che in Europa si è registrata una carenza di coerente testimonianza pubblica di giudizio negativo e di doverosa opposizione parlamentare da parte di non pochi cattolici impegnati politicamente nella vita civile del loro paese. Il recente richiamo di papa Francesco «a cercare con umiltà e coraggio di essere un testimone» affidabile nella vita politica della Verità intera sull’uomo, la famiglia e la società, che ci è stata rivelata da Dio in Cristo e attraverso la storia bimillenaria della Sua Chiesa, suona come un monito attualissimo e convincente.

Foto Ansa

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